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“Lavandare” (1891) di Giovanni Pascoli, notevole poesia sulla solitudine e l’attesa in amore

Scopri come ci si sente quando si attende il ritorno di chi si ama grazie a "Lavandare", breve ma intensa poesia di Giovanni Pascoli sulla mancanza.

Lavandare di Giovanni Pascoli è una poesia sulla solitudine e la separazione rappresentata attraverso le immagini di un paesaggio agreste e la figura di un a lavandaia che è in attesa dell’amato che non torna a darle compagnia, calore, protezione.

Una poesia che senza mai evidenziarlo presenta il tema dell’amore filtrato attraverso il dolore dell’assenza, l’attesa e il rimpianto. Un amore malinconico, legato a un ricordo e a una mancanza che permeano la quotidianità e il paesaggio.

Lavandare fa parte della sezione L’ultima passeggiata di Myricae di Giovanni Pascoli, pubblicata per la prima volta nel 1891,

Leggiamo la breve ma splendida poesia di Giovanni Pascoli per viverne le emozioni e comprenderne il contenuto.

Lavandare di Giovanni Pascoli

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.

Lavandare una fiaba sensa tempo sulla solitudine e la mancanza

Lavandare è una poesia di Giovanni Pascoli che mette in scena la solitudine, l’attesa e l’amore. I versi evocano un’immagine semplice e rurale della vita contadina, ponendo particolare attenzione al suono, ai colori e alle sensazioni, che ci trasmettono profonda malinconia.

La poesia si concentra sul senso di attesa e abbandono, reso attraverso l’immagine dell’aratro lasciato nei campi e il lavoro monotono delle lavandaie. Il tema della solitudine è centrale, sia in senso personale sia come riflessione universale.
L’amore in Lavandare è quello doloroso, che tocca l’anima e la mente, emerge l’assenza, l’attesa e il rimpianto. Un amore malinconico legato a un ricordo, rende evidente il senso di mancanza.

Giovanni Pascoli si fa osservatore attento della realtà che lo circonda. La scena che descrive è quella che vede, un campo ingrigito dalla stagione in mezzo al quale campeggia un aratro abbandonato.

Ad incorniciare il panorama c’è un lontano suono di panni immersi e sbattuti da donne, le lavandare appunto, che accompagnano il ritmico lavoro intonano cantilene in prossimità di un canale.

Il verso “e tu non torni ancora al tuo paese!” esprime il cuore del sentimento amoroso nella poesia. Si tratta di un richiamo all’amato assente, che genera un senso di vuoto e incompiutezza.
L’attesa dell’amato diventa una condizione esistenziale, il soggetto lirico è profondamente segnato dalla lontananza, che si riflette nella staticità dell’aratro abbandonato nel campo e nella monotonia del lavoro delle lavandaie.

come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.

Nel finale Pascoli evidenzia chiaramente l’abbandono, che traspare come una condizione di solitudine e di vulnerabilità. L’amore è visto come qualcosa di necessario ma non più raggiungibile, un’assenza che paralizza.

La poetica di Pascoli è spesso intrisa di un amore che si mescola con la sofferenza e la perdita, e in Lavandare questa fusione è particolarmente evidente. Il dolore per la separazione non viene mai dichiarato in modo diretto, ma è presente nel tono malinconico e nei simboli usati, ovvero “il vento freddo”, “il campo spoglio”, “l’aratro inutilizzato”.

Pascoli utilizza immagini naturali per rendere tangibili i sentimenti umani. “L’aratro abbandonato nella maggese” diventa la metafora dell’amore interrotto o sospeso, come se l’energia vitale fosse stata arrestata. Il vento e il paesaggio autunnale evocano un’atmosfera di desolazione che riflette l’interiorità della voce poetica.

L’amore che Giovanni Pascoli ci rappresenta in questa poesia non è presentato come un sentimento romantico idealizzato, ma come una realtà concreta e spesso dolorosa, radicata nell’esperienza della perdita. Il ricordo di chi è partito e la consapevolezza dell’assenza diventano il filo conduttore di questa poesia, in cui l’amore si mescola con il senso di precarietà della vita e con il bisogno di un ritorno che forse non avverrà mai.

L’amore in Lavandare è vissuto attraverso l’assenza e la nostalgia, con un’intensità che si intreccia al paesaggio rurale e alle sensazioni malinconiche evocate dal lavoro quotidiano.

Che significato ha Lavandare nella nostra epoca

Lavandare all’interno di una realtà attuale può essere interpretata come un ponte tra passato e presente, un’opera che, pur descrivendo una scena specifica della vita contadina, riesce a parlare alle sensibilità contemporanee, offrendo spunti di riflessione sull’amore e i legami. La poesia conserva un valore simbolico che va oltre il contesto storico e sociale in cui fu composta.

La poesia di Giovanni Pascoli fa emergere la condizione universale dell’attesa e dell’incompiutezza. L’immagine dell’aratro abbandonato e il tema dell’assenza risuonano anche nel presente. L’attesa, la solitudine e il desiderio di un ritorno sono emozioni universali che trascendono il tempo e il contesto, diventando metafore di esperienze umane moderne come l’incertezza, il distacco emotivo e l’alienazione.

L’amore come assenza, in un mondo globalizzato, in cui molte relazioni sono a distanza o frammentate, il senso di lontananza e desiderio espresso dalla poesia resta fortemente attuale.

La condizione di molte anime innamorate vivono purtroppo nell’attesa di potersi incontrare. Il mondo attuale è sempre più mediato dalla tecnologia e da forme di socializzazione “virtuali” che nel momento in cui sono utilizzate richiamano “lo sciabordare delle lavandare con tonfi spessi e lunghe cantilene”, ovvero la sensazione di essere immersi in un mondo di compagnia.

Ma, sistematicamente nel momento in cui non si guarda lo schermo dello smatphone o del pc, ci si scopre “come l’aratro in mezzo alla maggese”, soli e abbandonati in attesa di poter ritrovare gioia e vita.

Il contemporaneo vive nella perenne attesa dell’incontro con chi non c’è e ciò finisce inevitabilmente per provocare un continuo stato di malinconico malessere.

Ricordiamo poi quanti nell’attuale società globalizzata hanno dovuto lasciare le proprie origini alla ricerca di opportunità lavorative, professionali o perché nel loro Paese è impossibile vivere. Per ognuno di essi è probabile che ci sia una “lavandara” o un “lavandaro” rimasti soli in quel campo in attesa che l’altro o l’altra torni ancora al suo paese!

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