L’amore passa (1981) di Stefano Benni, geniale poesia che ribalta i codici dell’amare

9 Settembre 2025

Scopri come “L’amore passa” di Stefano Benni ha rivoluzionato la poesia italiana, trasformando l’amarezza in forza e liberazione.

L'amore passa (1981) di Stefano Benni, geniale poesia che ribalta i codici dell'amare

L’amore passa. Con questa provocazione, nel 1981 Stefano Benni scuoteva la poesia italiana con un verso breve e folgorante, capace di smontare i codici romantici e di trasformare la fine di un amore in un atto di rivincita. Di certo, l’amarezza della relazione d’amore finita è tangibile, diventa protagonista di versi rivoluzionari che sono diventati il manifesto di un’epoca, quegli anni ’80 in cui trasgressione, ironia, comicità diventarono l’emblema di una generazione.

La liberazione dal dolore è già contenuta nel titolo L’amore passa, che a oltre quarant’anni di distanza continua a rappresentare un cambiamento radicale. È una poesia che ha segnato non solo la letteratura, ma anche i linguaggi della cultura, della televisione, del cinema e della comunicazione.

La relazione d’amore, un tempo sacra e inviolabile, riceve con Stefano Benni il suo attacco più potente: l’amore non è eterno, non è intoccabile, può svanire e lasciare spazio al nuovo.

L’amore passa resta uno dei testi più emblematici della trasgressiva raccolta di poesie Prima o poi l’amore arriva di Stefano Benni, pubblicata per la prima volta da Feltrinelli, nel 1981. La raccolta si può considerare forse l’opera più trasgressiva dell’autore bolognese.

Leggiamo questa brevissima poesia di Stefano Benni per ricordare e celebrare uno scrittore, poeta, giornalista e drammaturgo, che ha saputo raccontare come pochi l’Italia con leggerezza e profondità, unendo satira sociale, fantasia sfrenata e un’ironia capace di svelare le contraddizioni della vita.

L’amore passa di Stefano Benni

Scusami,
ho usato
la nostra canzone
per una nuova
relazione

L’amarezza si trasforma in rivincita. L’amore non deve essere dolore

L’amore passa è una poesia di Stefano Benni che evidenzia la sua capacità di fondere ironia e malinconia in un lampo brevissimo, quasi un haiku contemporaneo. La poesia racchiude in poche parole il senso di tradimento lieve ma pungente, la leggerezza disarmante con cui i sentimenti passati possono essere riciclati in nuove storie, e allo stesso tempo la fragilità di ogni simbolo d’amore.

L’amarezza della fine si trasforma in rivincita. La “nostra canzone”, simbolo intoccabile, diventa colonna sonora di una nuova storia. Ciò che era dolore si trasforma in liberazione: non c’è possesso né prigionia, ma distacco e un pizzico di ripicca.

Per Benni, scusarsi non è solo battuta, ma un modo per desacralizzare l’amore e riportarlo sul piano del quotidiano. La trasgressione non passa dallo scandalo, ma dalla ridicolizzazione dei simboli.

Una rivoluzione culturale in pochi versi

Stefano Benni possiamo dire è uno dei grandi rivoluzionari della letteratura italiana, è riuscito a diventare l’ambasciatore culturale di un’epoca che trasformò in modo definitivo la società italiana. Negli anni’80 l’Italia visse una transizione culturale, in sintonia con ciò che accadde al livello planetario.

Non dimentichiamo poi che ci fu l’arrivo prima elle radio libere e poi della Tv privata, che iniziò negli anni successivi ad entrare nelle case, facendo (per fortuna) a pezzi un modo di agire e di pensare che si fondava ancora sui modelli della famiglia tradizionale e patriarcale.

Benni intercetta questo spirito e lo traduce in letteratura, lo rende poesia. Niente più dichiarazioni solenni e metafore classiche, ma lampi brevissimi che parlano il linguaggio del presente, con quel pizzico di “menefreghismo” necessario per reagire alla “prigione” dei codici linguistici, culturali, sociali.

La canzone è il simbolo di massa, un oggetto emotivo condiviso da tutti, capace di incarnare i legami affettivi più profondi. È il feticcio degli innamorati, il segno della loro unicità. Ma proprio questo contenitore simbolico, caricato di pathos, viene smontato da Stefano Benni con un’ironia affilata. Non c’è nulla di eterno, persino la canzone dell’amore può essere “riciclata”.

Il contesto degli anni’80

Gli anni ’80 non sono solo l’epoca della televisione commerciale, dei consumi e della moda eccessiva. Sono anche un periodo in cui si afferma una nuova idea di libertà, quella dei corpi, dei legami, dei sentimenti. La trasgressione diventa cifra estetica e culturale.

In amore, questo si traduce nel superamento del mito della coppia indissolubile. L’“eterno” viene sostituito dal “provvisorio”, l’esclusività lascia spazio alla leggerezza, alla sperimentazione, alla possibilità di ricominciare senza drammi. È lo stesso spirito che pervade il cinema, la musica pop e la letteratura di quegli anni: giocare con i sentimenti, sfidare i tabù, smontare il romanticismo tradizionale.

La poesia di Benni è figlia di questo clima. La “nostra canzone”, simbolo sacro dell’amore, viene profanata. Non è più reliquia, ma oggetto riutilizzabile. È un gesto trasgressivo che smonta l’illusione di unicità e rivendica la libertà di riassegnare significati. È lo stesso atteggiamento che gli anni ’80 hanno avuto verso molte convenzioni sociali.

Andare oltre si può, anzi si deve

Il testo si apre con un “Scusami” che sembra un gesto di tenerezza, ma che subito scivola nella rivelazione ironica. La “nostra canzone” è stata usata per qualcun altro. Non c’è rabbia, non c’è pathos tragico. La voce poetica si limita a constatare, con leggerezza quasi crudele, che ciò che sembrava unico è diventato riutilizzabile.

Per Stefano Benni, scusarsi non è solo una battuta. È un modo per desacralizzare l’amore e metterlo sul piano del quotidiano. La trasgressione qui non passa attraverso lo scandalo, ma attraverso la ridicolizzazione del simbolo. Il superamento della relazione precedente è affrontata un modo nuovo, diverso. L’amarezza, il dolore, la sofferenza diventano rivincita, superamento, liberazione.

Quella canzone che poteva essere unica, in realtà diventa la colonna sonora delle relazioni amorose dell’autore. Non c’è possesso, prigionia, ma distacco e un po’ di ripicca.

È in questa ironia che risiede la forza del testo. Benni mostra come l’amore sia fragile non attraverso il dramma, ma attraverso il quotidiano, il banale. Una canzone basta a dire tutto. Smonta in pochi versi  l’illusione del per sempre, la sua caduta, la necessità di ripartire.

Bisogna ribadirlo Stefano Benni appartiene a quella generazione di scrittori che hanno portato dentro la letteratura italiana la contaminazione con la cultura pop. L’amore non è raccontato attraverso i modelli lirici tradizionali, ma attraverso simboli della vita di tutti i giorni: un juke-box, una canzone, un gesto quasi ridicolo.

Questa brevità, che ricorda per certi aspetti gli haiku, si inserisce in un orizzonte postmoderno dove non esiste più un linguaggio unico per la poesia, ma mille codici, tutti legittimi, capaci di parlare a un pubblico vasto. Ecco perché questi versi hanno ancora una forza intatta. Parlano a chiunque abbia avuto una “canzone del cuore”, a chiunque abbia dovuto affrontare la sostituibilità di un simbolo intimo.

La separazione come rinascita

Oggi, L’amore passa risuona con la stessa forza. In un’epoca di relazioni liquide e di identità in trasformazione, questi versi anticipano la fragilità contemporanea. Ma non la subiscono: la trasformano in un atto di rivincita.

Stefano Benni ricorda che ogni fine non è solo perdita, ma anche liberazione: una possibilità di ricominciare. La sua rivoluzione è tutta lì. Si esplicita in un sorriso amaro che trasforma la separazione in rivincita, la fragilità in forza, la poesia in esperienza condivisa.

Arrivederci Stefano Benni, ovunque tu sia diretto.

© Riproduzione Riservata