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John Keats, le poesie più belle

In occasione dell’anniversario della nascita di uno dei poeti inglesi più amati, abbiamo selezionato alcune delle sue poesie più belle

John Keats (31 ottobre 1795 – 23 febbraio 1821) è oggi universalmente riconosciuto come il più grande poeta del romanticismo inglese. Nonostante il mancato successo presso i suoi contemporanei, la sua poetica ha influenzato molti scrittori e artisti, tra cui anche Jorge Louis Borges. Oggi, in occasione dell’anniversario della sua nascita, abbiamo selezionato 5 delle sue poesie più belle.

"Ode alla Fantasia" di John Keats, la poesia sul potere dell'immaginazione

“Ode alla Fantasia” di John Keats, la poesia sul potere dell’immaginazione

Il potere dell’immaginazione contro la realtà apatica e ostile. Il 31 ottobre 1795 nasceva John Keats, lo celebriamo con i versi di “Ode alla Fantasia”

Senza di te

Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l’anima con un potere
cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta
mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.

Fantasia

Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.

Le stagioni umane

Quattro stagioni fanno intero l’anno,
quattro stagioni ha l’animo dell’uomo.
Egli ha la sua robusta Primavera
quando coglie l’ingenua fantasia
ad aprire di mano ogni bellezza;
ha la sua Estate quando ruminare
il boccone di miel primaverile
del giovine pensiero ama perduto
di voluttà, e così fantasticando,
quanto gli è dato approssimarsi al cielo;
e calmi ormeggi in rada ha nel suo Autunno
quando ripiega strettamente le ali
pago di star così a contemplare
oziando le nebbie, di lasciare
le cose belle inavvertite lungi
passare come sulla siglia un rivo.
Anche ha il suo Inverno di sfiguramento
pallido, sennò forza gli sarebbe
rinunciare alla sua mortal natura.

Lasciando alcuni amici di prima mattina

D’oro una penna datemi, e lasciate
che in limpide e lontane regioni
sopra mucchi di fiori io mi distenda;
portatemi più bianca di una stella
o di una mano d’angelo inneggiante
quando fra corde argentee la vedi
di arpe celesti, un’asse per scrittoio;
e lasciate lì accanto correr molti
carri color di perla, vesti rosa,
e chiome a onda, e vasi di diamante,
e ali intraviste, e sguardi penetranti.
Lasciate intanto che la musica erri
ai miei orecchi d’intorno; e come quella
ogni cadenza deliziosa tocca,
lasciate che io scriva un verso pieno
di molte meraviglie delle sfere,
splendido al suono: con che altezze in gara
il mio spirito venne! Nè contento
è di restare così presto solo.

Che mi ami tu lo dici, ma con una voce
Che mi ami tu lo dici, ma con una voce
Più casta di quella d’una suora
Che per sé sola i dolci vespri canta,
Quando la campana risuona –
Su, amami davvero!

Che mi ami tu lo dici, ma con un sorriso
Freddo come un’alba di penitenza,
Suora crudele di San Cupido
Devota ai giorni d’astinenza –
Su, amami davvero!

Che mi ami tu lo dici, ma le tue labbra
Tinte di corallo insegnano meno gioia
Dei coralli del mare –
Mai che s’imbroncino di baci –
Su, amami davvero!

Che mi ami tu lo dici, ma la tua mano
Non stringe chi teneramente la stringe;
È morta come quella d’una statua
Mentre la mia brucia di passione –
Su, amami davvero!

Su, incendiamoci di parole
E bruciandomi sorridimi – stringimi
Come devono gli amanti – su, baciami,
E l’urna, poi, delle mie ceneri seppelliscila nel tuo cuore –
Su, amami davvero!

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