Il più bello dei mari (1942) di Nâzım Hikmet, la poesia che ricorda che il meglio deve ancora venire

9 Agosto 2025

Scopri "Il più bello dei mari" la poesia di Nâzım Hikmet che insegna a non smettere mai di sperare e a guardare al futuro con fiducia.

Il più bello dei mari (1942) di Nâzım Hikmet, la poesia che ricorda che il meglio deve ancora venire

Il più bello dei mari di Nazim Hikmet è un inno alla bellezza, all’amore, alla vita e alla speranza. Esprime il desiderio di vivere pienamente con le persone amate, senza limiti, malgrado i problemi e le costrizioni che la vita può imporre.

Il poeta turco offre parole capaci di aprire il cuore, ricordando che il futuro, se si rimane uniti e c’è amore, può sempre donare ciò che di più prezioso esiste. Colpisce il fatto che questi versi siano stati scritti in carcere e rivolti alla futura moglie Münevver Andaç.

La poesia, composta nel 1942, si trova nella sezione Lettere dal carcere a Münevver della raccolta Poesie d’amore, pubblicata per la prima volta in Italia da Arnoldo Mondadori Editore nel 1963, con la traduzione di Joyce Lussu.

Leggiamo questa stupenda poesia di Nazim Hikmet per coglierne il profondo ed ottimistico significato.

Il più bello dei mari di Nazim Hikmet

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

 

En Güzel Deniz, Nazim Hikmet

En güzel deniz:
henüz gidilmemiş olanıdır,
En güzel çocuk:
henüz büyümedi.
En güzel günlerimiz:
henüz yaşamadiklarımız,
Ve sana söylemek istedigim en güzel söz:
henüz söylememiş olduğum sözdu

L’infinita speranza di chi crede all’amore per la vita

Il più bello dei mari è una poesia di Nazim Hikmet è una poesia che tutti dovremmo fare nostra. Il poema comunica con una semplicità disarmante, procedendo per negazione, lo scopo che gli umani dovrebbero prefiggersi, ossia la ricerca senza sosta della felicità e la dura volontà di perseguire il bello, il buono, il meglio.

Ci sono momenti in cui la vita crea delle difficoltà anche gravi, ma l’animo umano non deve farsi cogliere impreparato e farsi sopraffare dalla negatività e dall’abbandono. L’esistenza è fatta di tappe e con costanza e forza di volontà bisogna saper credere che il divenire possa riservare qualcosa di estremamente bello e positivo.

Il contesto in cui fu scritta la poesia 

Nâzım Hikmet venne rinchiuso nel carcere di Bursa nel 1938, dopo una condanna a 28 anni e 4 mesi di reclusione emessa dal tribunale militare per aver “incitato alla ribellione” gli studenti delle scuole militari.

Gli anni di prigionia furono duri: isolamento, censura e limitazioni alla corrispondenza. Hikmet però continuò a scrivere poesie, tradurre opere, scolpire, dipingere e comporre drammi teatrali per i compagni di cella. La scrittura divenne la sua forma di resistenza spirituale, il modo per reagire all’ingiustizia.

Nel 1941, durante la detenzione, conobbe Münevver Andaç, che sarebbe diventata sua moglie. La loro relazione nacque attraverso un’intensa corrispondenza: le Lettere a Münevver raccolgono poesie, riflessioni, ricordi e sogni per il futuro. In esse, l’assenza si trasforma in intensità emotiva: l’amore diventa il sostegno per affrontare la prigionia.

Nei testi a lei dedicati ricorre lo stesso sentimento che anima Il più bello dei mari: la convinzione che il meglio debba ancora arrivare e che l’amore si alimenti di desiderio e attesa.

La mobilitazione internazionale per la sua liberazione

Negli anni ’40 e ’50, la detenzione di Hikmet divenne un caso simbolo della repressione politica. Intellettuali, scrittori e artisti di tutto il mondo — tra cui Pablo Neruda, Louis Aragon, Paul Éluard, Jean-Paul Sartre, Picasso e Pablo Casals — si mobilitarono per la sua liberazione.

Il Congresso Mondiale dei Partigiani della Pace esercitò pressioni sul governo turco, denunciando la condanna come persecuzione politica. Nel 1950, dopo 12 anni, Hikmet fu liberato grazie a un’amnistia generale. Ma in Turchia continuò a subire minacce, e pochi mesi dopo fuggì clandestinamente verso l’Unione Sovietica.

Münevver, sua prima cugina e anima gemella negli anni di prigionia, lo sposò nel 1950. Dalla loro unione nacque il figlio Mehmet.

Il più bello deve ancora venire. La speranza non deve mai finire

Hikmet, con i versi de Il più bello dei mari, ci insegna che il vero antidoto alle prove dell’esistenza non è la rassegnazione, ma la capacità di guardare a ciò che deve ancora venire. Anche quando il presente è difficile, coltivare la speranza diventa un atto di forza interiore.

Il mare è la metafora della vita

Il mare è simbolo di vita, avventura e ignoto. Hikmet esalta la bellezza di ciò che non è ancora stato vissuto: un luogo inesplorato che pulsa di possibilità. L’attesa del nuovo diventa più intensa del ricordo di ciò che è già avvenuto.

Il figlio non cresciuto rappresenta il potenziale, i progetti futuri e le relazioni ancora in divenire. È la speranza in forma concreta, pronta a trasformarsi nel tempo.

I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.

Qui Hikmet ricorda che il meglio deve ancora arrivare. È un invito a non fermarsi, a dare valore a ogni giorno proiettandosi verso il domani e a reagire con forza alle difficoltà del cammino.

Un finale che è un inno alla speranza e alla felicità

E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

In questi tre versi conclusivi si condensa l’intero senso della poesia: la vita non è mai esaurita, l’amore non è mai del tutto detto, la bellezza non è mai completamente rivelata. Il valore sta nella tensione verso il “non ancora” e nella capacità di custodire un dono prezioso per offrirlo al momento giusto.

La poesia diventa così promessa, un abbraccio proiettato nel futuro, oltre le difficoltà e il tempo. Nel punto più basso della sua vita, Nazim Hikmet regala un messaggio universale di positività e fiducia: ci sarà sempre qualcosa di nuovo capace di alimentare l’amore, i sentimenti e le emozioni.

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