Il Piacere di Khalil Gibran è una poesia che possiamo considerare un inno all’armonia dello stare insieme all’insegna della felicità, un canto di libertà, ovvero il poter godere della vita in quanto il dono più grande che si è ricevuto.
In occasione del Capodanno vogliamo condividere una riflessione sul vero piacere, convinti che, per assaporare la gioia del vivere, stare bene da soli e con gli altri, sentirsi veramente felici, non bisogna rinunciare a ciò che può apparire come leggero, futile, inappropriato, non in linea con i principi imposti dalle culture.
Dobbiamo considerare che il piacere è una parte essenziale della vita, rinunciarci può avere delle conseguenze sul nostro benesssere, l’importante è che ci sia sempre un equilibrio tra i sensi e la responsabilità sociale.
Il Piacere fa parte della raccolta di poesie in prosa Il Profeta (The Prophet) di Khalil Gibran, pubblicata a New York, dall’editore Knopf per la prima volta nel 1923. Il Profeta fino ad oggi è stata tradotta in oltre 100 lingue e non è mai andata fuori catalogo.
Leggiamo questa meravigliosa poesia di Khalil Gibran per cogliere il profondo significato per poter finalmente affrontare la vita con il giusto entusiasmo.
Il Piacere di Khalil Gibran
Allora un eremita, che visitava la città una volta all’anno, si fece avanti e domandò: Parlaci del Piacere.
Ed egli rispose, dicendo:
Il piacere è una canzone di libertà,
Ma non è la libertà.
È la fioritura dei vostri desideri,
Ma non è il loro frutto.
È una profondità che spinge verso l’alto,
Ma non è la valle né la cima.
È l’uccello in gabbia che prende il volo,
Ma non è lo spazio imprigionato.
Ahimè, il piacere, invero, è una canzone di libertà.
E io vorrei che la intonaste a cuore pieno, ma temo che a cantarla perdereste il cuore.Alcuni giovani, tra voi, cercano il piacere come se fosse tutto, e sono giudicati e biasimati.
Non biasimateli, ma lasciateli cercare.
Poi che essi troveranno il piacere, ma non solo quello;
Il piacere ha sette fratelli, e il minore è il più bello.
Non avete udito di quell’uomo che, scavando la terra in cerca di radici, scoprì il tesoro?E tra voi alcuni anziani, nel ricordo, si rammaricano dei piaceri come di errori compiuti nell’ebbrezza.
Ma il rammarico è la nebbia della mente, e non il suo castigo.
Dovrebbero rammentarsi dei loro piaceri, riconoscenti come al raccolto di un’estate.
Ma se il rammarico li conforta, si confortino pure.E tra voi vi sono quelli che non sono né giovani per cercare, né vecchi per ricordare;
Così, temendo di cercare e ricordare, essi fuggono i piaceri, per non dimenticare e offendere lo spirito.
Tale rinuncia è il loro piacere.
E così anch’essi scoprono tesori, sebbene scavino radici con mani tremanti.
Ma ditemi, chi mai può offendere lo spirito?
L’usignolo offenderà il silenzio della notte, o la lucciola le stelle?
La vostra fiamma e il vostro fumo impediranno il vento?
Pensate forse di poter turbare lo spirito con un bastone, come uno stagno tranquillo?Spesso, negandovi al piacere, non fate altro che riporne il desiderio nei recessi della vita.
Chissà che non vi attenda domani ciò che oggi avete tralasciato?
Il vostro corpo conosce il suo retaggio e il giusto suo bisogno, e non subisce inganno.
Il vostro corpo è l’arpa della vostra anima,
E tocca a voi di trarne dolci armonie o confusi suoni.Ora domandatevi in cuore, «Come potremo distinguere il buono e il cattivo nel piacere?».
Andate nei campi e nei vostri giardini, e vedrete che il piacere dell’ape è raccogliere miele dal fiore,
E il piacere del fiore è concedere all’ape il suo miele.
Poi che un fiore per l’ape è una fontana di vita,
E un’ape per il fiore è una messaggera d’amore,
E darsi e ricevere piacere è insieme l’utilità e l’estasi per l’ape e per il fiore.Popolo d’Orfalese, nei piaceri siate come le api e come i fiori.
Il significato del vero piacere
Il Piacere è una poesia di Khalil Gibran che ci offre l’essenza che la vita va considerata un dono e che bisogna saper godere e vivere l’armonia di tutto ciò che incontriamo lungo il nostro cammino. Il piacere è essere dipendenti l’uno dell’altro, in un unione universale che ci fa capire come tutti siamo funzionali al bene reciproco. Un ennesimo atto di amore quello del Profet che tutti dovremmo fare nostro.
Il protagonista è il profeta Almustafa chiamato a dare una risposta alla domanda ad un eremita su che cos’è il piacere. E il profeta fornisce un pensiero profondo sull’autentico senso di questa emozione.
“Il Profeta” offre come prima risposta all’eremita che il piacere è “una canzone di libertà”, nel senso che tutto ciò che si può immaginare di poter vivere, ma non è ciò che viviamo realmente. Il poeta utilizza metafore che lasciano intendere che ciò che definiamo come piacere che poi di fatto non coincide con il risultato concreto di ciò che si produce attraverso le concrete azioni.
“È la fioritura dei vostri desideri, Ma non è il loro frutto”, “È una profondità che spinge verso l’alto, Ma non è la valle né la cima”, “È l’uccello in gabbia che prende il volo, Ma non è lo spazio imprigionato”, sono versi che ci fanno capire che il piacere coincide con qualcosa che ci stimola l’anima alla gioia dell’attimo, quindi non è collegabile a nessuna manifestazione definitiva.
il piacere è un canto di libertà, un sottoprodotto della libertà spirituale. Nella libertà, una persona dice “sì” alla vita e non si sottrae ai suoi desideri e ai suoi piaceri. La vita così liberamente abbracciata dà origine a un canto di piacere, il canto di libertà dell’anima. Almustafa amplia questa idea con metafore che paragonano il piacere allo “sbocciare dei tuoi desideri” e la libertà al “frutto” che nutre l’anima.
Il piacere non è il fine ultimo dei nostri desideri, ma una parte della nostra vita, come tale quindi è mutevole e plasmabile nel tempo e nello spazio. Pur essendo fonte di gioia non coincide con la realizzazione di ogni nostra felicità, perché dice il “Profeta” a cantare questa canzone di libertà che va colta con una dose di leggerezza.
Nella seconda strofa l’attenzione di Khalil Gibran è rivolta ai giovani. Non bisogna biasimare le nuove generazioni riguardo alla continua ricerca del piacere. Questa non porta al solo piacere, ma ai suoi sette “fratelli”. Qui Kahlil Gibran, attraverso il profeta, allude al sistema religioso pan-indiano noto come “tantra”.
Il tantra lavora con i chakra, che sono i sette centri energetici di crescita spirituale situati lungo la colonna vertebrale, dalla base alla corona del capo. Il secondo chakra, situato nella zona pelvica, è la sede del piacere. Le qualità di ogni chakra aumentano in trascendenza man mano che si avvicinano alla corona della testa, che è il settimo chakra, dove si trova la connessione con l’Assoluto.
Gibran è cresciuto come cristiano, ma ha compreso e apprezzato la bellezza delle altre religioni, anch’esse alla ricerca della verità universale. In questo riferimento al tantra, sostiene l’idea che la ricerca del piacere non deve essere evitata. Se ricercato con attenzione, può portare alla scoperta delle qualità più divine di una persona.
Nella terza strofa Gibran parla agli anziani, ormai maturi e poco inclini a lasciarsi andare, nella convinzione di violare le regole del “buongusto”. Il Profeta dice loro che il piacere non è in nessun modo vergogna, anzi va accolto come “il raccolto di un’estate”.
Poi continua con le generazioni di mezzo i quali “fuggono i piaceri” per non andare contro in dettami sociali o religiosi. Rinunciare per questa generazione di mezzo è il loro piacere e attraverso questo percorso inevitabilmente finiscono per scoprire altre forme di gioia. Ma, Gibran invita loro a riflettere che qualsiasi spinta verso il piacere non offenderà mai lo spirito, riconfermando che la vita è gioia e come tale va vissuta.
Khalil Gibran conclude la poesia consigliando come essere consapevoli e distinguere tra piacere buono e cattivo. Il suo consiglio condividere tutto ed entrare in armonia con gli altri, e per renderlo comprensibile utilizza metafore come l’ape e il fiore condividono un’esperienza che è ugualmente benefica e una gioia per entrambi. In altre parole, quando ci sono equilibrio e armonia, il dare e il ricevere piacere sono buoni.