Il contatto con la natura ci aiuta a rilassarci, a gestire meglio le nostre emozioni, a sentire con più potenza ciò che accade dentro e fuori di noi. Ci sono, poi, elementi naturali che più di altri sono in grado di sprigionare la nostra forza interiore. Il mare è, senza ombra di dubbio, uno di questi.
Nella sua poesia “Il mare è tutto azzurro“, Sandro Penna crea un potente affresco in versi che celebra la bellezza della distesa marina. Il componimento, che si snocciola in quattro brevi, intensi, versi, è tratto dalla raccolta Poesie (1927-1938), pubblicata nel 1939.
“Il mare è tutto azzurro” di Sandro Penna
Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.
Il potere del mare
Questa poesia ha un colore, un odore e un suono inconfondibili: è cristallina, di un azzurro tenue che brilla alla luce del sole. Profuma di salsedine, protezione solare e libertà. Ha il suono melodioso dell’acqua che si adagia sulla spiaggia con movimenti fluidi e regolari.
Con “Il mare è tutto azzurro”, Sandro Penna dà vita a un affresco che celebra il potere terapeutico del mare e che racconta, in modo sottile e non urlato, la bellezza della solitudine: quanto è diversa l’esperienza al mare se vissuta in solitaria? Dalla contemplazione che ne deriva nascono riflessioni ed emozioni che in compagnia non sarebbero capaci di fiorire nel cuore. Così, Sandro Penna crea una poesia che celebra unitamente il mare e la solitudine.
Alla calma piatta della distesa marina e del paesaggio circostante, ma anche dell’occhio rilassato dell’osservatore, si oppone quell’urlo che sconvolge il cuore. È uno sconvolgimento di gioia, un momento in cui, sebbene fuori tutto taccia, dentro si fa strada impetuosa un’esplosione di contentezza, che subito viene riassorbita dalla tranquillità, descritta all’interno dell’ultimo verso.
Il movimento della poesia ricorda quello oscillatorio di un’onda, che si solleva improvvisamente generando un picco per poi dissolversi di nuovo nella distesa d’acqua.
Così, questo breve componimento, racchiude in una manciata di versi un’infinità di significati, di storie, di emozioni, di potenza. E ci ricorda la maestria con cui Sandro Penna riusciva a poetare, servendosi di rime rischiose, di simmetrie e opposizioni, per ricreare sensazioni che raramente si riesce a raccontare attraverso la penna.
Chi era Sandro Penna
Sandro Penna è uno dei poeti più influenti del panorama letterario italiano del Novecento. Nato a Perugia il 12 giugno 1906 e morto a Roma il 21 gennaio 1977, è da sempre un grande appassionato di letteratura e poesia.
Si è distinto dagli altri poeti italiani a lui contemporanei per aver concepito la poesia come un mezzo di comunicazione fatto di semplicità, con versi delicati, puri, capaci di veicolare messaggi di grande valore come quello che abbiamo appena letto.
Nel 1925 si diploma in ragioneria, ma legge molta letteratura, soprattutto Leopardi, D’Annunzio, Hölderlin, Wilde, Rimbaud, Baudelaire e Crevel. La scelta di scrivere in versi arriva dopo il 1928. Lavora tra Perugia e Roma in modo saltuario, svolgendo i mestieri più disparati: fa il contabile, l’allibratore di corse ippiche, il commesso di libreria, poi il correttore di bozze e il mercante d’arte.
Sandro Penna ha finalmente l’occasione di entrare in contatto con il mondo dei letterati in seguito alla conoscenza di Umberto Saba, nel 1929. Nel 1939 pubblica la prima raccolta di poesie. Vive una vecchiaia precoce. Nel 1976 viene pubblicato “Stranezze”, opera per cui, nel 1977, pochi giorni prima della morte, gli viene assegnato il Premio Bagutta.