Jacques Prévert, poeta francese noto per la sua apparente leggerezza e le sue immagini oniriche, firma con “Il corso della vita” – “Le cours de la vie” in versione originale – una delle sue poesie più enigmatiche e politicamente intense.
Contenuta nella raccolta Histoires del 1951 edita da Gallimard, questa poesia breve ma folgorante assume oggi una forza dirompente, soprattutto se riletta alla luce dei conflitti, delle disuguaglianze globali e delle tensioni geopolitiche del nostro presente.
Tradotta in italiano da Ivos Margoni, la poesia mantiene intatta la sua potenza visiva e simbolica: dodici uomini, dodici castelli, dodici bocconi di pane, una manciata di riso. Tutto è apparentemente semplice, ma ogni parola contiene un universo di significati. Scopriamoli insieme.
“Il corso della vita” di Jacques Prévert
In dodici castelli cimperati
per dodici bocconi di pane
dodici uomini singhiozzano dall’odio
in dodici sale da bagno
Han ricevuto il brutto telegramma
la brutta notizia del paese brutto
Un indigeno laggiù
diritto sulla sua risaia
ha buttato verso il cielo
con un gesto di scherno
una manciata di riso.“Le cours de la vie”
Dans douze châteaux acquis
pour douze bouchées de pain
douze hommes sanglotent de haine
dans douze salles de bains
Ils ont reçu le mauvais câble
la mauvaise nouvelle du mauvais pays
Là-bas un indigène
debout dans sa rizière
a jeté vers le ciel
d’un geste dérisoire
une poignée de riz.
Il significato di questa poesia
Dodici castelli, dodici bocconi
Nell’apertura de “Il corso della vita”, l’immagine è sferzante: “In dodici castelli cimperati / per dodici bocconi di pane / dodici uomini singhiozzano dall’odio.” La sproporzione è il motore simbolico di questi versi: dodici castelli, simboli della ricchezza, dell’arroganza e dell’isolamento, sono acquistati per qualcosa di minimo, dodici bocconi di pane.
Il prezzo della grandezza è irrisorio, se paragonato al valore della vita. I dodici uomini singhiozzano non per dolore, ma “dall’odio”: un odio radicato, forse alimentato dalla paura di perdere il potere, dalla consapevolezza di vivere in una fortezza fragile.
Il castello, nella poetica di Jacques Prévert, non è rifugio ma prigione dorata. È lo scenario del potere vuoto, incapace di contenere o comprendere la realtà che lo circonda.
La cattiva notizia nel paese cattivo
Il secondo movimento della poesia introduce un evento perturbante: “Han ricevuto il brutto telegramma / la brutta notizia del paese brutto.”
Il “telegramma” è una comunicazione urgente, secca, impersonale. Rappresenta un richiamo alla realtà, forse all’irruzione della verità storica in un mondo ovattato.
La notizia arriva da un luogo volutamente indefinito – un “paese brutto” – termine che è insieme sprezzante e vago. Questo paese potrebbe essere qualunque luogo del Sud globale, colonizzato, sfruttato, ridotto all’essenziale. Il telegramma non comunica un fatto banale, bensì un gesto simbolico che scuote i privilegiati.
Il gesto di scherno: il riso come rivoluzione
Il cuore de “Il corso della vita” è nel suo verso finale: “Un indigeno laggiù / diritto sulla sua risaia / ha buttato verso il cielo / con un gesto di scherno / una manciata di riso.” Quel gesto di scherno, semplice ma sovversivo, diventa detonatore poetico e politico.
L’indigeno non è descritto con pietà, ma con dignità: è “diritto”, in piedi, saldo nella sua terra, e compie un atto deliberato, provocatorio. Il riso, alimento vitale e simbolo di sussistenza, viene lanciato verso il cielo non come offerta ma come sfida, come se dicesse: “non siete nulla, io sono ancora qui”.
Jacques Prévert, in questa chiusa potentissima, ribalta ogni rapporto di forza. Il gesto è derisorio, ma non ridicolo: è il rifiuto del dominio, è la rivolta dell’umiltà contro la grandeur.
Una poesia post-coloniale che ha anticipato i tempi
Pubblicata nel 1951, “Il corso della vita” anticipa i temi della riflessione post-coloniale, ben prima che diventassero correnti nel pensiero critico occidentale.
Jacques Prévert, poeta popolare e surrealista atipico, osserva la realtà con uno sguardo che è insieme lucido e poetico, mescolando immagini quotidiane e tensioni politiche. La sua è una poesia accessibile ma mai banale, una scrittura che non indulge nella retorica, ma che colpisce con la forza dell’evidenza.
Questa poesia denuncia il divario tra chi ha troppo e chi ha appena il necessario, tra chi si isola nel privilegio e chi, con fierezza, lo sfida.
Una lezione per il nostro tempo
Nel nostro presente segnato da guerre, diseguaglianze, razzismi e squilibri globali, Il corso della vita si legge con inquietante attualità.
La distanza fra chi comanda e chi subisce, fra chi è protetto e chi è esposto, rimane drammatica. E quella manciata di riso lanciata verso il cielo continua a interrogarci: cosa ne è della giustizia? Cosa ne è dell’umano? Jacques Prévert non dà risposte, ma ci lascia un’immagine che resta. Un’immagine che è poesia e denuncia, sogno e risveglio.
Perché il vero corso della vita, ci suggerisce, non è quello segnato dai potenti. Ma quello deciso, ogni giorno, da chi ha il coraggio di alzare la testa.