Il caldo di Roberto Piumini è una di quelle filastrocche che fanno capire come molte volte anche gli eventi che generano più disturbo e disagio possono essere affrontati con un pizzico di positività. Il caldo di questa estate è già diventato soffocante e i versi di questa all’apparenza ingenua poesia permettono di sentirci meno soli e di condividere il disagio.
Le filastrocche, con il loro linguaggio giocoso e ritmato, sono molto più di semplici versi per bambini. Sono piccoli esercizi di filosofia quotidiana, capaci di restituirci un punto di vista dimenticato: quello dello stupore, della leggerezza, della capacità di accogliere la vita così com’è, senza volerla sempre spiegare o controllare.
Prendiamo ad esempio la poesia “Il caldo” di Roberto Piumini. Dietro a quella ripetizione di “caldo, caldo, caldo” c’è tutto il fastidio di un pomeriggio estivo, ma anche la scelta di riderci sopra, di trasformare la sofferenza in un gioco di parole, di umanizzare perfino il vento chiamandolo “maramaldo”, come se fosse un amico burlone che ci sta facendo uno scherzo.
Leggiamo questa poesia di Roberto Piumini per condividere l’importanza delle filastrocche per i bambini e gli adulti.
Il caldo di Roberto Piumini
Che giorni caldi, caldi,
che affanno di calura:
darei tutti i miei soldi
per un po’ di frescura.Che ore d’afa, d’afa,
sotto il gran sole rosso:
è come se una stufa
soffiasse fuoco addosso.Che caldo, caldo, caldo,
mi sento soffocare:
ma il vento maramaldo
perché non vuol soffiare?
Le filastrocche ci aiutano a dare leggerezza alla realtà…sempre
Basta leggere i versi di Caldo di Roberto Piumini per comprendere come qualsiasi cosa se trova condivisione può essere affrontata con maggior leggerezza e soprattutto con la necessaria condivisione. Gli eventi eccezionali come il caldo che sta mettendo in ginocchio Italia ed Europa creano inevitabilmente disagi e distruzione. Ma, le filastrocche come quelle di Piumini, permettono anche nei momenti difficili di sentirsi meno soli.
Le filastrocche, con il loro linguaggio giocoso e ritmato, sono molto più di semplici versi per bambini. Sono piccoli esercizi di filosofia quotidiana, capaci di restituirci un punto di vista dimenticato: quello dello stupore, della leggerezza, della capacità di accogliere la vita così com’è, senza volerla sempre spiegare o controllare.
Roberto Piumini con la sua ripetizione di “caldo, caldo, caldo” esprime e condivide tutto il fastidio di un pomeriggio estivo, ma anche la scelta di riderci sopra, di trasformare la sofferenza in un gioco di parole, di umanizzare perfino il vento chiamandolo “maramaldo”, come se fosse un amico burlone che ci sta facendo uno scherzo.
Le filastrocche sono un alfabeto emotivo per adulti distratti
Da adulti, abbiamo imparato a complicare tutto. Davanti al caldo, cerchiamo l’aria condizionata. Davanti alla pioggia, guardiamo il meteo compulsivamente. Davanti alla noia, scivoliamo su uno schermo. Eppure basterebbe poco per riscoprire una grammatica emotiva più leggera.
Le filastrocche ci ricordano che possiamo sorridere di fronte alle difficoltà quotidiane, anche le più banali. Ci permettono di riconoscere le emozioni senza giudicarle, accettandole come parte naturale del vivere. Ci offrono l’opportunità di dare un nome poetico ai nostri fastidi, per renderli meno pesanti. E, cosa molto importante, ci fanno tornare a giocare con le parole, riscoprendo il gusto dell’immaginazione.
Le filastrocche sono, in fondo, un atto di resistenza poetica contro la seriosità del mondo adulto. Sono un modo per dire: “Sì, oggi fa caldo. Sì, il traffico è un inferno. Sì, la giornata è iniziata male…” Ma, si può scegliere di affrontare tutto con un pizzico di sorriso, con un po’ di ironia.
Non servono sempre risposte razionali. A volte basta un piccolo gioco di parole per cambiare la prospettiva.
Un invito a riscoprire la leggerezza
Tornare alle filastrocche non significa tornare bambini. Significa recuperare quella parte di noi che sa sorridere delle cose piccole, che sa fermarsi, che sa dare un nome alle emozioni senza complicarle.
Significa ricordare che la vita, alla fine, è fatta anche di caldo, di vento che non soffia, di giorni storti… e che ognuno di questi momenti può diventare una piccola poesia da raccontare.
Autori come Gianni Rodari, Mario Lodi e lo stesso Roberto Piumini hanno fatto della filastrocca una vera e propria filosofia di vita. Attraverso rime, giochi di parole e immagini surreali, hanno insegnato a generazioni di bambini (e di adulti) che la realtà si può affrontare anche con leggerezza, senza per questo essere superficiali.
Nel caso del caldo, non serve solo un ventilatore: serve anche un sorriso in più, una frase in rima da ripetere, magari ad alta voce, per alleggerire la testa. Ma il discorso vale anche per tutto ciò che genera disagi e problemi.
Non si tratta di infantilismo, né di nostalgia fuori luogo. Tornare alle filastrocche significa ritrovare un rapporto più sano e umano con la realtà, recuperando quella capacità di “nominare le cose” con leggerezza.
Dopotutto, la poesia non cambia il mondo esterno, ma ha il potere straordinario di cambiare il nostro modo di viverlo.
La poesia è lo specchio della vita reale
Nei suoi versi Roberto Piumini descrive una scena universale: il corpo stanco, il sudore, il desiderio disperato di un po’ di frescura. Con poche parole, ripetizioni volutamente esagerate e immagini buffe (una stufa che soffia fuoco addosso, un vento definito “maramaldo”), l’autore riesce a trasformare il malessere fisico in un piccolo gioco poetico.
La filastrocca non offre soluzioni concrete, non suggerisce ventilatori, condizionatori o tuffi in piscina. Offre una soluzione emotiva, una chiave per sorridere della propria condizione. E questa, a ben vedere, è la vera magia delle filastrocche: non cambiano il mondo, ma cambiano il modo in cui lo guardiamo.
Partendo da Il caldo, possiamo riconoscere un meccanismo più ampio che accomuna molte filastrocche per bambini (e, perché no, anche per adulti). Usano la parola poetica per dare voce alle nostre piccole crisi quotidiane.
Quando eravamo piccoli, ci sembrava normale affidare alle filastrocche le nostre emozioni: la paura del temporale, il buio della notte, l’attesa di un gelato, la rabbia per un capriccio. Da adulti, si perde questa abitudine. Di fronte alla realtà si preferisce analizzare, risolvere, razionalizzare. Certo è importante farlo in molti casi, ma basterebbe anche giocare un po’ di più con le parole, semplicemente per affrontare la vita con più semplicità.
Leggere (o scrivere) una filastrocca non significa fare finta che il problema non esista. Significa ricordare a noi stessi che esiste un modo più lieve di stare al mondo. Significa trasformare un’esperienza scomoda in una storia da raccontare, una piccola narrazione personale fatta di suoni, immagini e sorrisi. Significa sentirsi meno soli, e permette di guardare a ciò che avviene con maggiore positività.
Le filastrocche non banalizzano il problema, ma lo rendono meno sconvolgente. Permettono di trovare la forza per affrontarlo con la dovuta volontà. Aiutano a capire che non si è soli di fronte al disagio, ma ci sono milioni di persone che condividono lo stesso problema e lo hanno anche già affrontato.
Forse dovremmo imparare a portare con noi una piccola “cassetta degli attrezzi poetica”, pronta all’uso nelle giornate più complicate. Non risolverà il caldo, né le corse frenetiche della vita moderna, né gli altri problemi della vita quotidiana, ma ci aiuterà a vivere con un sorriso in più e un po’ di leggerezza in tasca. Perché, in fondo, una filastrocca è un piccolo atto di resistenza emotiva, un modo semplice per ritrovare la bellezza dentro l’imperfezione della realtà.