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“I primi di Luglio” di Eugenio Montale, lentezza e calura estiva in versi

Contenuta in "Diario del '71 e del '72, "I primi di Luglio" è una poesia che descrive la vita lenta e morbida tipica dell'estate.

Il mese di luglio è alle porte, e con esso entriamo nel vivo della stagione estiva. Per l’occasione, scopriamo insieme “I primi di luglio”, una poesia di Eugenio Montale contenuta nella raccolta “Diari del ’71 e del ’72”, che racconta la lentezza e la calura estiva.

“I primi di luglio” di Eugenio Montale

Siamo ai primi di luglio e già il pensiero
è entrato in moratoria.
Drammi non se ne vedono,
se mai disfunzioni.
Che il ritmo della mente si dislenti,
questo inspiegabilmente crea serie preoccupazioni.
Meglio si affronta il tempo quando è folto,
mezza giornata basta a sbaraccarlo.
Ma ora ai primi di luglio ogni secondo sgoccia
e l’idraulico è in ferie.

L’estate di Eugenio Montale

Se potessimo associare ogni poeta ad una stagione, legheremmo Eugenio Montale all’estate, senza ombra di dubbio; perché sin dalla celebre “Meriggiare pallido e assorto” contenuta in “Ossi di seppia”, e fino a “Primi di luglio”, racchiusa in una delle ultime raccolte, l’autore ha saputo raccontare l’estate e le sue peculiarità più forti attraverso rime, suoni, assonanze e metafore indimenticabili.

Sarà che in alcuni luoghi l’estate si sente più che in altri, o che in alcuni cuori l’arsura e la sete bruciante risuonano di più, chissà. L’estate montaliana è quella del caldo cocente, della terra arida, del rivolo che piano piano si prosciuga, dei rovi incandescenti… Immagini della stagione estiva ligure che restano impresse e rendono l’idea del peso fisico e metafisico con cui essa ci riveste.

In “Primi di luglio”, Montale ci porta alla scoperta dell’estate guardandola da una prospettiva diversa: stavolta non è la natura a parlare del caldo, della sete e della lentezza, bensì la mente, con i suoi ritmi che si “dislentano” e il tempo che, metaforicamente, “sgoccia”.

Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante. Il padre di Eugenio è infatti proprietario di una ditta che produce prodotti chimici. L’infanzia e l’adolescenza sono segnate dalla salute precaria, che non permette al giovane di condurre la vita gioiosa e spensierata che si addice ai ragazzi della sua età.

A causa delle continue polmoniti, Eugenio Montale viene indirizzato verso gli studi tecnici, più rapidi e meno impegnativi di quelli classici. Diplomatosi in ragioneria con ottimi voti nel 1915, coltiva tuttavia la passione per la cultura umanistica studiando da autodidatta e frequentando le lezioni di filosofia della sorella Marianna, iscritta alla facoltà di Lettere e Filosofia. Intanto, la Prima Guerra Mondiale esige nuove reclute. È così che, nel 1917, Montale viene arruolato nella fanteria dopo aver svolto il servizio militare e combatte fino al 1920, quando viene congedato con il grado di tenente.

Negli anni ’20, il fascismo comincia a diffondersi in Italia. Eugenio Montale è uno dei tanti intellettuali che nel 1925 sottoscrive il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” concepito da Benedetto Croce. Questo è un anno fondamentale nella vita del poeta: al 1925 risale, infatti, la prima pubblicazione di “Ossi di seppia”, che segna un punto di svolta nella carriera letteraria di Montale.

Nel 1927, Eugenio Montale si trasferisce a Firenze, dove collabora con importanti riviste e dirige il Gabinetto Vieusseux, incarico da cui viene allontanato nel 1938 a causa della sua riluttanza nei confronti del fascismo. Nonostante ciò, il soggiorno fiorentino è uno dei periodi più pieni e vivaci della vita di Montale, che qui compone le “Occasioni” e incontra per la prima volta Irma Brandeis e in seguito anche Drusilla Tanzi, che diventerà moglie del poeta.

Eugenio Montale si trasferisce a Milano nel 1948. Qui, comincia a collaborare con il Corriere della Sera, giornale per cui scrive critiche letterarie, reportage e articoli più generici. Montale continua a pubblicare opere in versi e in prosa, nel 1962 sposa finalmente Drusilla Tanzi, dopo 23 anni di fidanzamento.

Il matrimonio non è destinato a durare: Drusilla muore nell’ottobre del 1963, dopo un periodo di dolore e malattia. A lei è dedicata la raccolta “Xenia”. La poesia montaliana si fa più cupa, disillusa: i versi cantano il distacco dalla vita, i cambiamenti della modernità, le trasformazioni culturali. Nel 1975, il poeta viene insignito del Premio Nobel per la Letteratura “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”.

Muore il 12 settembre 1981 nella clinica San Pio X. Viene sepolto a Firenze, accanto alla moglie Drusilla.

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