Sei qui: Home » Poesie » “Gli uomini che si voltano” (1971), la poesia di Eugenio Montale che racconta l’amore e la morte

“Gli uomini che si voltano” (1971), la poesia di Eugenio Montale che racconta l’amore e la morte

Con “Gli uomini che si voltano”, Eugenio Montale racconta l’amore indelebile per la moglie ormai defunta cercando di instaurare un dialogo impossibile con lei.

Il 12 settembre 1981 si spegneva una delle voci più importanti della poesia italiana del Novecento. Eugenio Montale, premio Nobel per la Letteratura, ha saputo raccontare la nostra storia, la nostra società, ma anche la nostra natura più intima, attraverso componimenti straordinari che hanno lasciato un solco indelebile nella storia della poesia. Lo ricordiamo leggendo “Gli uomini che si voltano”, uno dei suoi componimenti più belli e profondi, dedicato all’adorata moglie e musa, Drusilla Tanzi.

“Gli uomini che si voltano” di Eugenio Montale

Probabilmente
non sei più chi sei stata
ed è giusto che sia così.
Ha raschiato a dovere la carta a vetro
e su noi ogni linea si assottiglia.
Pure qualcosa fu scritto
sui fogli della nostra vita.
Metterli controluce è ingigantire quel segno,
formare un geroglifico più grande del diadema
che ti abbagliava.

Non apparirai più dal portello
dell’aliscafo o da fondali d’alghe,
sommozzatrice di fangose rapide
per dare un senso al nulla. Scenderai
sulle scale automatiche dei templi di Mercurio
tra cadaveri in maschera,
tu la sola vivente,
e non mi chiederai
se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione
e chi di noi fosse il centro
a cui si tira con l’arco dal baraccone.

Non me lo chiedo neanch’io. Sono colui
che ha veduto un istante e tanto basta
a chi cammina incolonnato come ora
avviene a noi se siamo ancora in vita
o era un inganno crederlo. Si slitta.

Una poesia per raccontare l’amore e la morte

“Gli uomini che si voltano” è uno dei componimenti più toccanti racchiusi in Satura, la raccolta che forse più di tutte racconta il Montale metafisico.

Per comprendere la poesia, occorre ricordare che la raccolta da cui essa è tratta esce nel 1971: da qualche anno, ormai, è venuta a mancare Drusilla, l’adorata moglie a cui il poeta dedica questi e molti altri versi della sua produzione.

Il titolo cita un’altra delle poesie più celebri e amate di Montale, che negli ultimi versi recita, in tono disincantato: “Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto/ tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto”. Nel caso del componimento che stiamo leggendo, la negazione sparisce.

Gli uomini, questa volta, sono quelli che si voltano, quelli che riescono a vedere oltre le apparenze, che conoscono il significato delle cose, il loro segreto. E sono due, in particolare, i segreti raccontati in questi versi: l’amore e la morte, invincibili entrambi, incomunicabili entrambi.

In una realtà in cui i vivi sembrano maschere prive di spirito e la moglie, scomparsa, risplende vivida nel ricordo e nel profumo delle cose, Montale canta la donna amata e tenta di parlarle, di instaurare un dialogo impossibile, perché gli interlocutori appartengono a mondi diversi.

L’illusione è tolta. Il poeta, ormai, sa. Sa che “si slitta”, che c’è un velo e che dietro si cela l’oltre, il vero. Ora che Drusilla è andata oltre il velo, lo squarcio è per Montale ancor più tangibile.

Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante. Il padre di Eugenio è infatti proprietario di una ditta che produce prodotti chimici. L’infanzia e l’adolescenza sono segnate dalla salute precaria, che non permette al giovane di condurre la vita gioiosa e spensierata che si addice ai ragazzi della sua età.

A causa delle continue polmoniti, Eugenio Montale viene indirizzato verso gli studi tecnici, più rapidi e meno impegnativi di quelli classici. Diplomatosi in ragioneria con ottimi voti nel 1915, coltiva tuttavia la passione per la cultura umanistica studiando da autodidatta e frequentando le lezioni di filosofia della sorella Marianna, iscritta alla facoltà di Lettere e Filosofia. Intanto, la Prima Guerra Mondiale esige nuove reclute.

È così che, nel 1917, Montale viene arruolato nella fanteria dopo aver svolto il servizio militare e combatte fino al 1920, quando viene congedato con il grado di tenente.

Negli anni ’20, il fascismo comincia a diffondersi in Italia. Eugenio Montale è uno dei tanti intellettuali che nel 1925 sottoscrive il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” concepito da Benedetto Croce. Questo è un anno fondamentale nella vita del poeta: al 1925 risale, infatti, la prima pubblicazione di “Ossi di seppia”, che segna un punto di svolta nella carriera letteraria di Montale.

Nel 1927, Eugenio Montale si trasferisce a Firenze, dove collabora con importanti riviste e dirige il Gabinetto Vieusseux, incarico da cui viene allontanato nel 1938 a causa della sua riluttanza nei confronti del fascismo. Nonostante ciò, il soggiorno fiorentino è uno dei periodi più pieni e vivaci della vita di Montale, che qui compone le “Occasioni” e incontra per la prima volta Irma Brandeis e in seguito anche Drusilla Tanzi, che diventerà moglie del poeta.

Eugenio Montale si trasferisce a Milano nel 1948. Qui, comincia a collaborare con il Corriere della Sera, giornale per cui scrive critiche letterarie, reportage e articoli più generici. Montale continua a pubblicare opere in versi e in prosa, nel 1962 sposa finalmente Drusilla Tanzi, dopo 23 anni di fidanzamento.

Il matrimonio non è destinato a durare: Drusilla muore nell’ottobre del 1963, dopo un periodo di dolore e malattia. A lei è dedicata la raccolta “Xenia”. La poesia montaliana si fa più cupa, disillusa: i versi cantano il distacco dalla vita, i cambiamenti della modernità, le trasformazioni culturali.

Nel 1975, il poeta viene insignito del Premio Nobel per la Letteratura “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”.

Muore il 12 settembre 1981 nella clinica San Pio X. Viene sepolto a Firenze, accanto alla moglie Drusilla.

© Riproduzione Riservata