Il 21 marzo dal 2000 si celebra anche la Giornata mondiale della poesia. Istituita dall’Unesco nel 1999, vuole essere un modo per ”riconoscere all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturali, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace”.
Perché si celebra il 21 marzo
La Giornata mondiale della poesia è stata istituita per celebrare una delle forme di espressione e identità culturale e linguistica più apprezzate e universale in assoluto: la poesia, capace di arrivare al cuore delle persone e di farci sentire tutti uniti a prescindere dalle differenze linguistiche.
Giornata Mondiale della Poesia, le 10 poesie più amate di tutti i tempi
Per celebrare al meglio la Giornata Mondiale della Poesia, abbiamo pensato di proporvi le poesie più belle italiane, le 10 opere in versi più amate e lette di sempre. Da Dante a Leopardi, passando per Ungaretti, Pascoli e Carducci.
Tanti modi di intendere il testo in versi, di trasmettere sentimenti, emozioni, problematiche. Qual è la vostra preferita?
1. L’Infinito, Giacomo Leopardi
Una delle poesie più conosciute di sempre, dove il poeta mette a confronto la condizione finita dell’uomo con l’universo infinito.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.***********************
2. Tanto gentile e tanto onesta pare, Dante Alighieri
Una, se non la, lirica d’amore per eccellenza.
Tanto gentil e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umilta’ vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.Mostrasi si’ piacente a chi la mira,
che da’ per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender non la puo’ chi no la prova;e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
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3. Soldati, Giuseppe Ungaretti
Poche parole per esprimere la guerra: la condizione dei soldati, che attendono di sapere se il nuovo giorno porterà vita o morte..
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
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4. Ho sceso, dandoti il braccio, Eugenio Montale
L’amore davanti alla prova del tempo.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
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5. A Zacinto, Ugo Foscolo
Nostalgia per la patria perduta e parallelo tra il mondo contemporaneo e la classicità.
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacqueVenere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acquecantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.***********************
6. Se questo è un uomo, Primo Levi
Versi da ricordare in occasione della Giornata Mondiale della Poesia. La tragedia dell’olocausto messa in versi. Per non dimenticare mai.
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.***********************
7. La pioggia nel pineto, Gabriele D’Annunzio
Un acquazzone offre al poeta lo spunto per rivolgersi alla sua musa, Ermione.
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.Ascolta, Ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
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8. Il cinque maggio, Alessandro Manzoni
Versi da ricordare in occasione della Giornata Mondiale della Poesia. La poesia eroica e storica per eccellenza, incentrata sul personaggio eccezionale che è stato Napoleone Bonaparte.
Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Né sa quando una simile
Orma di pie’ mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sònito
Mista la sua non ha:Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al sùbito
Sparir di tanto raggio;
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.Dall’Alpi alle Piramidi,
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,
La reggia e il tristo esiglio;
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.E sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio
E il celere ubbidir.Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò; ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desideri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre
La gloria che passò.Bella Immortal! benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Ché più superba altezza
Al disonor del Gòlgota
Giammai non si chinò.Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò».
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9. San Martino, Giosuè Carducci
Versi da ricordare in occasione della Giornata Mondiale della Poesia. Una poesia che parla di cose quotidiane e conosciute, di odori e rumori familiari.
La nebbia agli irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor dei vini
l’anime a rallegrar.Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l’uscio a rimirartra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
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10. X Agosto, Giovanni Pascoli
La morte accomuna il destino di animali e uomini. E il cielo d’agosto piange con il poeta la morte del padre.
San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.Ritornava una rondine al tetto :
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono ;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!