Foglia morta di Umberto Saba è una poesia breve ma capace di racchiudere un pensiero universale. In poche righe, attraverso una scena semplice e quotidiana, il poeta riflette sulla fragilità dell’esistenza umana e sul rischio costante di lasciarsi travolgere dal vuoto e dalla stanchezza. Ma accanto a questa visione amara, il poeta triestino ci consegna anche una possibilità di salvezza, grazie ad una forza cosmica potentissima: la gentilezza.
Questa poesia si Saba evidenzia come il cammino della vita diventa sempre più pesante, quando i rapporti umani sono vacui, di facciata, privi di quella sana e produttiva connessione emotiva che permette alla vita di mostrare il suo lato migliore, quello luminoso e colorato.
Foglia morta è una delle poesie che fanno parte della sezione Ultime cose (1935 – 1943) della sua raccolta più importante Il canzoniere (1900 – 1954) di Umberto Saba, la cui prima pubblicazione rivista fu nel 1945, fino ad arrivare all’edizione postuma del 1961, grazie a Einaudi.
Leggiamo questa breve ma intensa poesia di Umberto Saba per viverne l’atmosfera e coglierne il profondo significato.
Foglia morta di Umberto Saba
La rossa foglia morta
che il vento porta via,
il vento e lo spazzino,– sotto il fulgido cielo cadde, insanguina
con le altre la via –imiterei. Per nausea
delle parole vane,
dei volti senza luce.Ma la tua voce, o gentile, mi parla;
fa’ che non cada ancora.
La fragilità umana e la gentilezza che protegge dalla caduta
In Foglia morta, Umberto Saba non attraverso una scena quotidiana autunnale, dove ad essere protagonista è la caduta di una foglia rossa, mette in scena la fragilità stessa dell’essere umano, il suo sentirsi spesso sopraffatto dalla stanchezza e dal vuoto. È il desiderio di arrendersi, di lasciarsi trascinare via come la foglia dal vento.
Ma dentro questa immagine amara si apre uno spiraglio inatteso. La poesia si chiude con l’invocazione a una voce “gentile”, capace di trattenere il poeta dall’abbandono. È il segno che, anche di fronte al disgusto e all’alienazione, esiste una forza semplice e universale che protegge dalla caduta: la gentilezza, intesa come presenza, cura e legame autentico con l’altro.
La caduta della foglia come immagine della fine
La poesia apre Saba apre la poesia con un’immagine immediata e potente.
La rossa foglia morta
che il vento porta via,
il vento e lo spazzino,
Il colore rosso della foglia, che si solito dovrebbe richiamare passione, energia, vita, nel contesto dell'”autunno della vita” si trasforma in morte, in fine, proprio come il sangue di una ferita. La foglia cadente è già morta, privata della vita, e non ha più forza propria: si lascia trascinare.
Il doppio richiamo al “vento” amplifica l’idea di forze esterne e impersonali che dominano la scena. Lo “spazzino” suggerisce un gesto mondano, quasi degradante.La foglia diventa scarto, rifiuto.
Tutto avviene “sotto il fulgido cielo”. Un dettaglio che amplifica il contrasto, perché la bellezza luminosa del cielo resta indifferente alla caduta e alla fine della foglia. L’immagine si carica così di un valore simbolico più ampio: la natura e il mondo continuano splendenti, mentre il destino del singolo resta irrilevante.
La foglia “insanguina / con le altre la via” è un’espressione che trasforma un gesto naturale e banale in una piccola tragedia, in una morte silenziosa che macchia la strada. È il segno che anche il dettaglio più comune può diventare un dramma universale quando lo si guarda con gli occhi del poeta.
Il desiderio di arrendersi
Con una sola parola, “Imiterei”, Umberto Saba esprime un pensiero radicale. Vorrebbe seguire la stessa sorte della foglia, lasciarsi andare alla caduta, farsi portare via senza opporre resistenza. Non è una posa letteraria, ma la confessione di una stanchezza esistenziale che trova nell’immagine della foglia il simbolo perfetto.
La ragione è chiara:
Per nausea
delle parole vane,
dei volti senza luce.
Il poeta si sente soffocato dal vuoto che lo circonda. Le “parole vane” sono i discorsi superficiali, privi di verità e autenticità. I “volti senza luce” rappresentano persone spente, svuotate, incapaci di trasmettere vitalità.
In questi versi emerge il cuore del disagio di Saba. Non è la vita in sé a pesare, ma l’incapacità degli uomini di darle significato. È la nausea del vivere a generare il desiderio di resa. Si avverte il senso d’indifferenza, dettata dalla superficialità umana, che vista da occhi che richiedono più sensibilità e profondità d’animo diventa distruttiva.
La gentilezza come forza che salva
Negli ultimi due versi della poesia si compie la svolta, emerge l’invocazione che ribalta il senso dell’intero testo
Ma la tua voce, o gentile, mi parla;
fa’ che non cada ancora.
Dopo la nausea e il desiderio di resa, arriva una presenza che cambia tutto: una voce “gentile” che parla al poeta e lo trattiene dalla caduta. Non è un atto eroico, non è una grande impresa: è la forza discreta della gentilezza, capace di ridare senso a una vita sull’orlo dell’abisso.
Il messaggio che Saba ci consegna è limpido: anche nei momenti di maggiore disperazione, basta un gesto umano sincero per salvarci. È la relazione con l’altro, fatta di parole semplici e di attenzione autentica, a impedire che si diventi foglie morte.
La rivoluzione gentile di Umberto Saba per salvare l’umanità
La poesia di Umberto Saba mostra con semplicità quasi disarmante una verità che riguarda tutti. La vita di tutti gli esseri umani è fragile, esposta al rischio di cadere, come una foglia che il vento e lo spazzino portano via senza che il mondo se ne accorga. Questa immagine racchiude l’essenza dell’esistenza umana non solo dell’epoca e del contesto vissuto da Umberto Saba, ma è un percorso universale in cui ogni essere umano, prima o poi, sperimenta la stanchezza, la nausea verso un mondo che appare vuoto, fatto di parole inutili e di volti privi di luce.
Il punto più alto e inatteso della poesia, però, non sta nella constatazione della caduta, ma nella sua possibile redenzione. Saba ricorda che non sono le ideologie, le grandi narrazioni o le promesse di eternità a salvare dal baratro esistenziale. C’è una grande e potente forza che si chiama gentilezza, un gesto minimo ma cosmico. Una “voce” che parla con delicatezza può trattenere dall’abisso, restituire senso quando tutto sembra perduto.
In questo messaggio si cela un insegnamento di straordinaria attualità. Si vive in una società che spesso esaspera l’individualismo, che alimenta l’illusione della forza e della performance, e che al tempo stesso genera solitudini profonde. In questo contesto, la poesia di Umberto Saba è un monito e una speranza. La salvezza non sta nel potere né nella velocità, ma nella capacità di restare umani, di riconoscere la fragilità altrui e di proteggerla con la nostra voce gentile.
Se la contemporaneità espone al rischio di diventare foglie morte trascinate via dall’indifferenza, la risposta che offre il poeta libraio è chiara. Solo la gentilezza, come atto relazionale e forza interiore, può impedire di cadere definitivamente. È un messaggio filosofico e sociale insieme, che parla del bisogno di ricostruire legami autentici in un tempo che spesso li dissolve.
La poesia, in fondo, ricorda che la più grande forza degli umani non è la resistenza solitaria, ma la capacità di prendersi cura del prossimo.