Che cos’è la felicità? Per descriverla, raccontarla e trovarla sono stati scritti fiumi di parole. Quanti poeti si sono impegnati per esprimerla attraverso i loro versi. Quanti cantautori, quanti artisti hanno cercato di catturarla nelle loro opere.
Trilussa, nome d’arte anagrammatico di Carlo Alberto Mariano Salustri, ha dedicato al tema una delle sue poesie più belle. Si intitola “Felicità”.
La sua opera poetica completa, “Tutte le poesie”, che include anche “Felicità,” fu pubblicata postuma nel 1951. Il componimento è talmente rappresentativo della sua visione che è scolpito sulla tomba in marmo del poeta romanesco.
Questo breve componimento, a cui l’autore era molto affezionato – scopriremo fra poco perché – ha due significati: uno manifesto e uno nascosto.
“Felicità” di Trilussa
C’è un’ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.
La bellezza delle piccole cose
“Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa”. Termina con questa riflessione, di inaudita semplicità, la poesia che Trilussa dedica al tema della gioia. Come a voler trasmettere a chi legge che questo stato d’animo tanto prezioso e tanto ricercato spesso viene frainteso.
Aspettiamo che la felicità arrivi accompagnata da un evento straordinario: un nuovo inizio, un incontro fortuito, un inaspettato cambiamento… Trilussa la vede diversamente: è nel quotidiano e nei suoi gesti più semplici che si cela la chiave per essere felici. Nelle azioni che compiamo a volte in automatico, nelle persone che spesso diamo per scontate, nel tempo che passa e diventa vita vissuta.
Se solo ci soffermassimo di più sui momenti che scandiscono i nostri giorni, proveremmo anche noi quel brivido intenso ed effimero di cui ci parla Trilussa. Dura un attimo. Impercettibile. Ma la sua forza rimane a risuonare nelle orecchie, a profumare l’atmosfera, a colorare gli angoli bui.
L’osservazione della natura
Trilussa era un grande poeta romanesco. Coi suoi versi ha saputo raccontare la vita, gli uomini e anche la società a lui contemporanea. Lo ha fatto attraverso il tramite del dialetto romanesco, servendosi di immagini semplici, spesso riprese dal quotidiano.
Questa poesia non fa eccezione: testimonia come la potenza di un messaggio non risieda nell’uso di una lingua altisonante, ma nella capacità di colpire il cuore di chi legge.
“Felicità”, per riuscire nell’intento, si serve di un’immagine naturale e microscopica, che occupa i primi tre versi del componimento in modo rapido, volatile: un’ape plana su un bocciolo di rosa, ne succhia il nettare e subito si allontana. Non è forse assimilabile a questo la gioia che si irradia in un attimo fuggevole nel cuore?
Il tema principale è la natura fugace e modesta della felicità, veicolato attraverso una metafora tratta dal mondo della natura.
L’Ape simboleggia l’individuo o, in generale, l’atto della ricerca della gioia. Essa arriva, compie la sua azione (succhia il nettare) e svanisce. Rappresenta la velocità con cui l’uomo si muove nel mondo, concentrandosi sull’ottenimento del piacere o del beneficio.
Il bocciolo di rosa non è ancora un fiore pienamente sbocciato, ma solo una piccola parte di esso. Questo dettaglio sottolinea che la felicità non va cercata in eventi grandiosi o straordinari, ma nelle cose semplici e nell’ordinario.
“Lo succhia e se ne va”: Questo verso è cruciale per definire la felicità come effimera e non duratura. È un momento, un attimo intenso, un brivido fuggevole che, per sua stessa natura, non può essere trattenuto. L’ape non rimane sul bottone, così la felicità “viene e va”.
La conclusione della poesia “Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa” è un invito alla semplicità e all’apprezzamento del presente. Trilussa suggerisce che la gran parte delle persone si affanna a complicarsi l’esistenza cercando una felicità irrealizzabile o perfetta, non rendendosi conto che il segreto è nelle piccole gioie quotidiane che spesso sfuggono all’attenzione.
Questa visione disarma la “frenesia” della vita moderna e invita a un’armonia trovata nella modestia e nella consapevolezza del valore di ciò che già si possiede.
Il significato nascosto della poesia
Benché appaia semplice e facilmente interpretabile, questo componimento cela anche un importante significato nascosto che ha a che vedere con la biografia del poeta.
Una sera che in apparenza era come tante altre, Trilussa si era recato in un’osteria per stare con gli amici e declamare i suoi versi. Non avrebbe potuto immaginare che di lì a poco avrebbe conosciuto la ragione della sua gioia. Si chiamava Rosaria Tomei, ed era la nipote dell’oste. Il poeta romanesco se ne invaghì all’istante.
La portò quindi con sé, le insegnò a leggere e a scrivere e visse al suo fianco per tutta la vita. La donna, che Trilussa chiamava Rosa e che da molti era ritenuta una semplice domestica tuttofare, fu l’adorata e fidata compagna dell’autore. Suoi sono alcuni versi che, a seguito della morte di Trilussa prima e di lei poi, furono rinvenuti nello studio dell’artista.
La felicità, dunque, è una piccola cosa: è il momento in cui l’ape spilla il nettare dalla rosa, ma è anche la rosa, dietro cui si cela il nome di una donna, il nome dell’amore.