L’eternità (1872) di Arthur Rimbaud, poesia sul coraggio di essere liberi

26 Agosto 2025

Scopri il vero senso dell'"Eternità" grazie ai meravigliosi versi di Arthur Rimbaud, che mette in poesia tutta la magia dell'amore e della dannazione per Paul Verlaine.

L'Eternità (1872) di Arthur Rimbaud, poesia sul coraggio di essere liberi

L’eternità di Arthur Rimbaud è una poesia che cerca di offrire una via d’uscita al tormento interiore che colpisce chi ha scelto di affrontare una vita tumultuosa e si ritrova per un attimo a celebrare il vuoto come unica via d’uscita per sopravvivere al senso di distruzione che molte anime umane vivono.

Arthur Rimbaud aveva appena diciotto anni quando scrisse la poesia, una delle poesie più potenti e radicali della sua breve ma folgorante produzione. In pochi versi, il giovane “poeta veggente” smonta l’illusione di un’eternità consolatoria promessa dalle religioni e dalle convenzioni sociali, per rivelare una verità sconvolgente.

L’eterno non è un paradiso futuro, ma un lampo presente, da vivere con coraggio e libertà. Mare e sole diventano i simboli di questa rivelazione, immagini assolute che mostrano come l’unico dovere dell’uomo sia liberarsi dalle illusioni e affrontare la vita nell’istante.

L’eternità è la dodicesima della raccolta Derniers vers (anche conosciuta come Vers nouveaux). È la terza di quattro poesie raggruppate sotto il titolo Fêtes de la patience. La pazienza, il cui tempo è dato dalla lunghezza dei versi, brevi, è semplicemente quella di Rimbaud “l’azzurro” che si ritira delicatamente dalla casa di Paul Verlaine, come scrive nella poesia precedente, per permettere a lui, “l’onda“, il cangiante, di decidere tra sé e Mathilde. Rimbaud ci riuscì, perché il mese successivo Verlaine lasciò Mathilde per quella che sarebbe diventata “Una stagione all’inferno”.

Leggiamo questa visionaria poesia di Arthur Rimbaud per carpirne il significato.

L’eternità di Arthur Rimbaud

È ritrovata.
Che? – L’Eternità.
È il mare andato via
Col sole.

Anima sentinella,
Mormoriamo l’assenso
Della notte di nulla
E del giorno di fuoco.

Dai suffragi umani,
Dai comuni slanci,
Tu là ti liberi
E voli a seconda.

Poi che da voi sole,
Braci di raso,
Esala il Dovere,
Senza un: finalmente.

Là niente speranza,
Non c’è un orietur.
Scienza con pazienza,
Il supplizio è certo.

È ritrovata.
Che? – L’Eternità.
È il mare andato via
Col sole.

Maggio 1872

L’Eternité, Arthur Rimbaud

Elle est retrouvée.
Quoi ? – L’Eternité.
C’est la mer allée
Avec le soleil.

Ame sentinelle,
Murmurons l’aveu
De la nuit si nulle
Et du jour en feu.

Des humains suffrages,
Des communs élans
Là tu te dégages
Et voles selon.

Puisque de vous seules,
Braises de satin,
Le Devoir s’exhale
Sans qu’on dise : enfin.

Là pas d’espérance,
Nul orietur.
Science avec patience,
Le supplice est sûr.

Elle est retrouvée.
Quoi ? – L’Eternité.
C’est la mer allée
Avec le soleil.

Rimbaud, Verlaine e L’Éternité: la poesia che brucia d’amore e dannazione

L’eternità è una poesia di Arthur Rimbaud che è molto più di una riflessione filosofica sul tempo: è la cristallizzazione poetica di un amore impossibile, che nella sua stessa distruzione diventa assoluto. In Rimbaud, l’eterno non è il paradiso, ma un abbaglio che acceca, un desiderio che non si placa mai.

E in quella luce che se ne va col mare, forse c’è il volto di Verlaine, e con lui, la fine dell’innocenza, dell’amore e della poesia stessa. Rimbaud fa emergere con geniale ricerca poetica che l’eterno è già qui, nel presente, quando si ha il coraggio di vivere senza illusioni e modi di pensare imposti. Non è speranza futura, non è paradiso, non è approvazione sociale.

È un lampo che unisce mare e sole, un’immagine assoluta che libera l’uomo dal peso delle convenzioni. Un messaggio duro, ma anche liberatorio: la verità non consola, ma rende davvero liberi.

Il contesto che genera L’Eternità

Rimbaud e Verlaine: amore e rivoluzione. Questo messaggio è inseparabile dal contesto biografico che fa nascere l’ispirazione della poesia. Nel 1872 Rimbaud vive la sua relazione con Verlaine, un legame scandaloso per la società borghese, fatto di fuga, passione e distruzione. In questa esperienza estrema il poeta sperimenta ciò che dice nei versi: l’eternità è libertà assoluta, ma anche dolore e rottura delle illusioni. Con Verlaine, Rimbaud non cerca rifugio, ma una vita bruciata nell’intensità del presente.

La poesia fu scritta nel maggio del 1872 in uno dei momenti più tumultuosi della vita di Rimbaud. Il poeta ha solo 18 anni, eppure è già passato per esperienze estreme, la relazione effervescente con Paul Verlaine, gli eccessi.

Per essere ancora più vicini alla cronaca poetica, il 2 marzo del 1872  il giovane Rimbaud aggredì il fotografo Étienne Carjat con un bastone munito di lama, per fortuna senza procurargli ferite. Il gesto gli procurò l’esclusione dal Circolo degli Zutistes e il poeta lasciò Parigi prima di tornarci nel maggio dello stesso anno, guarda caso nel periodo in cui scrive proprio la poesia. Parigi per il poeta diventa insopportabile, ma con Paul Verlaine decidono di fuggire via insieme forse proprio per vivere la loro “eternità”.

Quando l’amore impossibile diventa un lampo poetico

È ritrovata.
Che? – L’Eternità.
È il mare andato via
Col sole.

Così si apre L’Éternité, una delle poesie più enigmatiche e fulminanti di Arthur Rimbaud. La poesia è una vera rivelazione circolare e visionaria: in poche strofe, il poeta diciottenne definisce l’Eternità come un’unione perfetta, e già perduta,  tra sole e mare. Un’immagine luminosa e struggente, che sembra parlare tanto di un’assolutezza spirituale quanto di un amore bruciante. Un amore che ha un nome: Paul Verlaine.

Una rivelazione improvvisa: l’Eternità è stata ritrovata, come fosse stata perduta. Ma cos’è? L’immagine è paradossale: il mare che scompare con il sole, cioè l’unione tra due simboli di vastità e ciclicità. Eternità come unione perfetta, ma anche scomparsa, dissoluzione. È un momento che non si afferra, un attimo cosmico che contiene il tutto e il vuoto assoluto.

L’eternità non è un paradiso da attendere dopo la morte, ma un’esperienza immediata, presente, racchiusa nell’esistenza. Mare e sole sono i due poli vitali che, uniti, creano un’immagine assoluta. Sociologicamente, significa rompere con l’idea borghese del tempo lineare, con il mito del progresso o della salvezza futura: l’eternità è nell’istante, non nel domani.

Verlaine tra la notte e il fuoco

Anima sentinella,
Mormoriamo l’assenso
Della notte di nulla
E del giorno di fuoco.

Rimbaud si rivolge a sé stesso, o a una parte interiore, un doppio spirituale e vigile. La “sentinella” è la coscienza in stato di allerta, il poeta veggente che osserva il mondo (e sé stesso) senza mai dormire davvero. È la sua anima in stato d’emergenza, in perenne guardia sull’abisso della vita.

Non si grida, non si proclama: ci si lascia trasportare dal mormorio dell’assenzio. È un’adesione silenziosa, rassegnata, mistica. Rimbaud invita a non opporsi più, ma a sussurrare un sì all’inevitabile.

La “notte di nulla” è il vuoto, l’annullamento, l’assenza totale di senso, speranza, luce. È il nichilismo assoluto, ma anche una pace immobile, anestetica. È la discesa nell’abisso, l’alienazione, il rifiuto sociale, l’assenza di scopo.

Il “giorno di fuoco” è l’opposto: è il tempo della passione, dell’estasi, del tormento. È la luce bruciante dell’amore, del desiderio, della poesia stessa. Ma è anche la distruzione e  il fuoco che consuma l’anima e il fisico.

Accettare entrambi significa accettare la dualità irriducibile dell’esistenza: non scegliere tra luce e buio, ma abbracciare entrambi, senza illusioni.

Rimbaud oppone la notte “inutile” al giorno “troppo ardente”, le due facce di un tempo che non soddisfa. È la condizione dell’uomo moderno: oscillare tra il vuoto (alienazione, routine) e l’eccesso (consumi, passioni accese). La confessione serve a dire che la vita comune non basta; serve un’altra dimensione, quella dell’eterno.

La liberazione dai legami terreni

Dai suffragi umani,
Dai comuni slanci,
Tu là ti liberi
E voli a seconda.

In questa strofa Rimbaud celebra la propria liberazione da tutto ciò che lo circonda, il poeta si sottrae al giudizio comune, al peso delle emozioni condivise e imposte. Rimbaud li rifiuta “i comuni slanci” perché per lui la verità vive nell’esperienza radicale e individuale.

Il “tu” è ancora l’anima sentinella, o il sé poetico, che finalmente si emancipa. Dove? “Là”, ovvero nel punto in cui si è lasciato alle spalle il mondo umano, il tempo lineare, le illusioni collettive. È un gesto simbolico: Rimbaud rompe con la morale, con la società, con i sentimenti codificati.

La libertà è un “volo”, non un’ascesa imposta, ma un abbandono totale volontario, guidato dalle proprie scelte, che diventano interpretazione di ogni singolo momento. Rinnovarsi sempre e interpretare le cose di volta in volta senza codici o schemi.

Arthur Rimbaud espone la propria dichiarazione di indipendenza spirituale e poetica. Lo fa attraverso il distacco dal mondo, riscatta la propria anima e la lascia fluire nel mistero dell’eternità. È la denuncia del poeta la società riduce l’uomo a consenso e appartenenza, mentre l’eterno si conquista solo con un atto di rottura, con il volo solitario. È la rivendicazione del ruolo dell’artista che si emancipa dalle logiche collettive.

Mai più un finalmente

Poi che da voi sole,
Braci di raso,
Esala il Dovere,
Senza un: finalmente.

Le “braci di raso” sono il simbolo di un’energia che arde con dolcezza ma senza spegnersi: la passione, l’amore, la poesia. Da esse nasce il vero “dovere”, non quello imposto dalle istituzioni o dalla morale sociale, ma quello che sgorga dall’interno.

È il dovere dell’artista e dell’individuo libero, vivere ardendo, non piegarsi alla norma. E, soprattutto, non c’è mai un “finalmente”, un compimento. Questo dovere non ha fine, non si conclude con un riconoscimento o con una carriera.

È un compito eterno, che ricorda come la vera responsabilità sia verso se stessi e verso la propria fiamma interiore, non verso ciò che la società, la moralità, il costume impone. In estrema sintesi è da dichiarazione totale d’indipendenza dell’uomo-artista, dell’uomo poeta.

L’eternità non ha orizzonte

Là niente speranza,
Non c’è un orietur.
Scienza con pazienza,
Il supplizio è certo.

Il “là” richiama lo spazio dell’Eternità, già evocato prima. Ma qui si fa chiaramente privo di qualsiasi speranza. Nessun conforto ultraterreno, nessuna illusione. È l’anti-apocalisse, l’anti-religione. L’Eternità non offre salvezza, ma è un luogo senza luce interiore, senza attesa, senza senso: il vuoto. “Non c’è un orietur”, ovvero non ci sarà nessuna alba in grado di rischiarare l’ eterno. Nessuna redenzione. Nessun futuro luminoso. Non ci sarà un “dopo” migliore.

Il sapere (“scienza”) e la resistenza (“pazienza”) sono tutto ciò che resta. Sono le virtù tragiche di chi conosce e accetta. Nessuna fede, nessuna speranza. Solo la lucidità, la conoscenza dell’inutile, l’accettazione disciplinata del nulla. Un atteggiamento quasi stoico, ma senza nobiltà: sopravvivere sapendo che non c’è salvezza.

Non solo non c’è speranza, ma la sofferenza è inevitabile. La vita stessa, o forse la coscienza dell’eterno, è una forma di condanna esistenziale. È la consapevolezza che brucia, e che non smette mai.

La conoscenza unita alla pazienza conduce inevitabilmente al supplizio. Sapere la verità significa accettare il dolore della lucidità. Questa è una lezione profondamente sociologica: ogni società si fonda su illusioni (progresso, fede, successo), ma il poeta mostra che chi vede davvero deve fare i conti con la durezza della realtà. Non ci sono paradisi artificiali. L’eternità è luce, ma una luce che brucia.

Tutto è destinato a sfuggire

È ritrovata.
Che? – L’Eternità.
È il mare andato via
Col sole.

Il ritorno ai versi iniziali è un cerchio che si chiude. La poesia non si conclude con una teoria, ma con un’immagine che resta. Rimbaud ci ricorda che l’eternità non si spiega, si contempla. Per la società, questo è destabilizzante, non si può codificare l’assoluto in regole, non si può venderlo né prometterlo.

È una visione che sfugge al controllo, ed è per questo che la poesia diventa atto rivoluzionario: mostra ciò che non può essere ridotto a norma. L’assoluto è riapparso. Evidentemente, l’incontro con Paul Verlaine riprende vita. Arriva come una rivelazione. L’”Eternità” non ha bisogno di aggettivi. È un nome puro, che non va definito ma semplicemente riconosciuto. L’effetto è volutamente enigmatico: la poesia non spiega, ma rivela.

Tutto scompare, come quando al tramonto il giorno finisce. “Il mare”, che personifica Paul Verlaine, svanisce, non è più visibile. “È andato via” con il sole, simbolo della luce, chiarezza, rivelazione.

Mare e sole sono due archetipi che insieme generano una visione totale: unione di materia e luce, corpo e spirito. Ma “andati via” indica una perdita, non una permanenza: l’Eternità è una bellezza che si sottrae, una verità che non può durare nel tempo, ma solo nel lampo dell’intuizione. L’eternità, per Arthur Rimbaud, non è una durata, ma un attimo assoluto.

L’eternità non è promessa di salvezza, ma rivelazione improvvisa di un tutto che si dissolve. Un abbaglio sublime. Un momento che basta a sé stesso. Un’illuminazione senza via di ritorno.

Il volto di Verlaine dietro il sole

Paul Verlaine è una presenza invisibile ma persistente nella poesia. Lo è nella figura del “giorno di fuoco”, lo è nell’immagine del dovere che “esala” dal sole, braci di raso, senza mai compiersi. È un amore senza un “finalmente”, una tensione che non si chiude, un’infinità che logora.

L’Eternità, in fondo, è anche la memoria di un attimo d’amore così totalizzante da non potersi ripetere. Come il mare che si allontana col sole, ciò che resta è un vuoto perfetto: eterno.

Alla fine, L’Éternité non è solo un lampo visionario sul senso del tempo e della vita, ma anche lo specchio del periodo più intenso e doloroso della biografia di Rimbaud: gli anni della relazione con Paul Verlaine.

In quel legame, fatto di passione e distruzione, di fuga e di violenza, il giovane poeta sperimenta sulla propria pelle ciò che scrive nei versi. Ovvero,  la necessità di liberarsi dalle illusioni imposte, che siano religiose, morali o sociali.

Con Verlaine scopre la forza della trasgressione, ma anche il prezzo della conoscenza e della verità. L’eternità diventa così il simbolo di una vita bruciata come un fuoco, senza speranza di salvezza e senza rifugi consolatori, ma con la certezza che solo la libertà,  anche se dolorosa, può dare senso all’esistenza.

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