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“Estate” (1930) di Salvatore Quasimodo, la poesia che riconnette il cuore alla natura

Che immagini evoca in voi l'estate? Scopriamo insieme l'affresco estivo di Salvatore Quasimodo, in cui uomo e natura entrano in una magica sintonia.

Scopriamo insieme “Estate“, una bellissima poesia in cui Salvatore Quasimodo celebra la bella stagione ed il connubio fra esseri umani e natura.

“Estate” di Salvatore Quasimodo

Cicale, sorelle, nel sole
con voi mi nascondo
nel folto dei pioppi
e aspetto le stelle.

Il significato di questa poesia

Dove leggere “Estate”

Nel 1930 Salvatore Quasimodo pubblica Acque e terre, la sua prima raccolta poetica, aprendo un nuovo sentiero nella poesia italiana del Novecento. Questo libro segna l’inizio di un percorso lirico in cui il legame con la natura, la memoria e il mito si intreccia con una parola poetica essenziale, cesellata, carica di silenzio e significato.

Acque e terre è già attraversata da quei tratti che renderanno celebre la voce di Quasimodo: la capacità di suggerire con poche immagini un universo interiore vasto, la tensione verso l’assoluto e una nostalgia di origini mediterranee, di armonia perduta. In questa raccolta, l’elemento naturale – acqua, terra, luce, ombra – non è mai semplice sfondo, ma presenza viva, quasi un’eco dell’anima del poeta.

All’interno di questo scenario si colloca la poesia “Estate”, breve quanto intensa, che con soli quattro versi riesce a condensare una stagione, un’emozione e un sentimento di fusione con il mondo. Un’istantanea lirica in cui il poeta si ritrae nell’abbraccio degli elementi estivi, lasciando che siano le cicale, i pioppi e le stelle a parlare per lui.

Lo stile della poesia

Lo stile adottato da Salvatore Quasimodo in questa fase iniziale del suo percorso creativo si inserisce pienamente nella corrente dell’Ermetismo, movimento letterario che si sviluppa tra gli anni Trenta e Quaranta e che predilige una scrittura rarefatta, simbolica, allusiva. In linea con questa poetica, il lessico si fa essenziale, la sintassi frammentata, la parola carica di un valore che va ben oltre il suo significato immediato.

In “Estate”, ogni termine è un frammento di mondo, e ogni immagine è evocata più che descritta. Non c’è alcuna narrazione, né spiegazione: il senso emerge per intuizione, come in uno squarcio di luce. È la poesia del non detto, del suggerito, dell’accennato che vibra nell’interiorità del lettore. L’apparente semplicità dei versi cela una costruzione minuziosa, dove ogni pausa, ogni virgola è essenziale alla resa complessiva.

Questa ricerca di purezza espressiva consente a Salvatore Quasimodo di trasmettere emozioni profonde con pochi tratti, quasi scolpiti nell’aria. È proprio in questa capacità di rendere universale l’intimo e di trasformare il dettaglio in simbolo che risiede la forza della sua scrittura ermetica.

L’universo dentro una poesia

Con “Estate”, in soli sedici vocaboli, Quasimodo riesce a evocare un intero universo sensoriale. Il componimento si apre con un’immagine di comunione profonda: “Cicale, sorelle, nel sole / con voi mi nascondo”. Le cicale, creature rumorose e indomite dell’estate, diventano sorelle del poeta: non solo compagne di stagione, ma parti vive di un’identità condivisa.

Quel “sorelle”, incorniciato tra virgole, risuona come un saluto affettuoso, quasi sacro. Il poeta si ritira con esse nel folto dei pioppi, alla ricerca di un rifugio d’ombra, di un nascondiglio che è anche contemplazione. Non c’è inquietudine nel nascondersi, ma piuttosto una volontà di immergersi, di scomparire nella natura per ritrovare una sorta di verità primordiale.

Infine, l’attesa delle stelle chiude il quadro con un senso di sospensione e di attesa serena. Il giorno scivola nella sera, la luce cede il passo al buio, e il silenzio delle stelle si prepara a prendere il posto del frinire incessante.

È impressionante come in così pochi versi il poeta riesca a suggerire tutta la bellezza dell’estate: il calore, la luce, la quiete, la nostalgia, l’unione con il paesaggio. Ed è ancora più sorprendente come, leggendo questa poesia, ci si senta avvolti da quell’atmosfera senza che ci venga detto nulla di esplicito.

“Estate” è, in fondo, una preghiera silenziosa, un abbandono fiducioso nel ciclo naturale, un piccolo inno alla vita che pulsa nell’aria calda e immobile di un pomeriggio d’estate.

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