L’Ermetismo è una delle correnti poetiche più intime e misteriose del Novecento italiano. A guidarla troviamo nomi come Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo e Mario Luzi, tutti legati dall’idea nuova e radicale che vede la poesia come mezzo per evocare un’immagine, una situazione.
In un tempo segnato da guerre e disillusioni, questi autori cercano un linguaggio diverso, capace di ricreare, con poco, una realtà palpabile, fatta di silenzi, simboli e pause, dove ogni parola è essenziale e ogni verso può aprire una vertigine.
Perché nasce l’Ermetismo
Ma perché nasce l’Ermetismo? Nasce come reazione alla crescente oppressione culturale e politica del regime fascista, per cui viene abbandonato il vecchio stile, si predilige questo nuovo, scattante e simbolico colpo di penna.
Gli intellettuali, in particolare i poeti, sentivano il bisogno di esprimersi in modo più profondo e personale, lontano dalla retorica ufficiale e dal conformismo richiesto dal regime.
L’ermetismo, in sintesi, è quindi una risposta alla crisi: crisi del linguaggio, della società, dell’identità.
Il lampo di Ungaretti
Ma come si manifesta davvero questa scrittura? Inizia tutto da un lampo. Da due versi che tutti conoscono e che rappresentano la poesia dalle mille sfaccettature: “Mattina”.
M’illumino
d’immenso.
Prima di Ungaretti, nessun poeta italiano aveva osato tanto. Alcune influenze arrivano dal simbolismo europeo e da certi autori crepuscolari o visionari come Dino Campana e Giovanni Boine, ma si trattava ancora di esperienze isolate, oniriche, legate al decadentismo o a forme liriche più tradizionali.
Ma con la raccolta “Il porto sepolto” (1916) — ripubblicata poi come “Allegria di naufragi” (1919) e infine come “L’Allegria” (1931) — si apre la strada a questa nuova sensibilità.
Ungaretti compie un gesto rivoluzionario: spezza il verso, toglie ogni orpello, riduce la poesia all’essenziale. La parola diventa corpo, respiro, luce. È così che nasce davvero l’Ermetismo italiano: non come corrente immediata, ma come consapevolezza nuova, radicale, di ciò che può fare la poesia.
“Mattina” più essere il lampo della bomba vista da lontano, ma può essere anche l’ultimo, perché troppo vicino. Può essere il raggio di sole al mattino dopo la battaglia, quando il campo è pieno di corpi e il soldato è ancora in piedi, ma può essere anche quello che batte sul suo cadavere. “Mattina” si apre a tante interpretazioni, differentemente da “Soldati”.
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Comprendere l’Ermetismo
Per comprendere a pieno questa nuova forma di poesia, però, dobbiamo immergerci nel contesto storico e culturale in cui ha preso forma.
1920 – 1930, un decennio segnato dalle profonde ferite lasciate dalla Prima Guerra Mondiale. In quegli anni, molti intellettuali avvertono il bisogno di rifiutare la poesia tradizionale, patriottica, legata all’ideologia del potere.
Non hanno bisogno di descrivere, non vogliono gonfiare i loro testi con frasi pesanti e ampollose. Rifuggono da soggetti come Gabriele d’Annunzio e dalla sua “Pioggia nel Pineto”: troppo vivida quella selva, troppo tangibile la pioggia.
Non c’è bisogno di descrivere anche il pelo nell’uovo, si dice Ungaretti, se la guerra l’hai vissuta davvero. I soldati cadono uno a uno. La morte se li prende. Sono come le foglie in autunno: un tappeto ai piedi dell’albero. Lo senti nel petto, lo vedi con gli occhi. E lui non deve descriverlo, perché il lettore sa, lo sente.
Una poesia che viene da dentro, e raggiunge l’Iperuranio
Per Platone è il luogo sopra il cielo — dal greco hyper sopra e ouranos cielo — dove risiedono le Idee, forme perfette ed eterne di tutte le cose che vediamo nel mondo sensibile.
I poeti ermetici vogliono recuperare il linguaggio puro, essenziale, capace di esprimere la fragilità, la solitudine, il mistero dell’esistenza. E dove trovarlo se non nell’Iperuranio? Idealmente è da lì che il poeta si nutre per creare il suo mondo ideale, ma non è lì che si va a posare la sua creazione.
La poesia ermetica non descrive, non narra, non spiega. Essa evoca, allude, sospende. Ogni parola è scelta con cura, ogni silenzio è parte del significato. È una poesia fatta di frammenti, di immagini folgoranti (il mattino che s’illumina d’immenso, la bomba), spesso brevi come un respiro.
L’ermetismo è una poesia che riflette il disagio dell’uomo moderno, perso in un mondo che non sa più leggere con chiarezza. È qui che ci viene in mente la figura di Ermete Trismegisto, simbolo dell’antica sapienza esoterica. A lui infatti è attribuita la fondazione della corrente filosofica nota come ermetismo e l’inizio dell’astrologia ellenistica.
Non tutti posseggono il codice, non tutti sanno. Chi riesce a comprendere il simbolo è eletto, ha la chiave di volta. Questo tipo di poesia appare infatti ermetica, nel senso di chiusa, misteriosa, difficile da decifrare: non offre risposte immediate, ma invita il lettore a un ascolto profondo, meditativo.