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“Dicembre” (1962), la poesia di Diego Valeri che racconta la quiete dell’inverno

Le sere sono quasi minacciose, le mattine silenziose e deserte. In “Dicembre”, il poeta Diego Valeri descrive la quiete surreale dell’inverno.

Sebbene l’inverno inizi fra qualche settimana, l’arrivo del mese di dicembre e del primo freddo ci proietta già fra le braccia della stagione più fredda dell’anno. Nella sua poesia intitolata “Dicembre”, Diego Valeri racconta la bellezza e la quiete surreale dell’inverno. Scoprila insieme a noi.

“Dicembre” di Diego Valeri

Tristi venti scacciati dal mare
agitavano la città notturna.
Da nere gole aperte tra le case
rompevano, invisibili
ombre, con schianti ed urla;
si gettavano per le vie deserte
ferme nel bianco gelo dei fanali,
urtavano alle porte
sbarrate, s’abbrancavano alle morte
rame d’alberi dolenti,
scivolavano lungo muri lisci,
dileguavano via, serpenti,
con fischi lunghi e lenti strisci…

Ora mi sporgo all’attonita pace
della grigia mattina: tutto tace.
Teso il cielo di pallide bende.
Il gran cipresso, assorto, col suo verde
strano, nell’alta luce. Un coccio lustra
tra la terra bruna dell’orto.
Finestre senza tende, cupe,
guardano intorno. Non c’è voce umana,
grido d’uccello, rumore di vita,
nell’aria vasta e vana.
C’è solo una colomba,
tutta nitida e bionda,
che sale a passi piccoli la china
d’un tetto, su tappeti
fulvi di lana vellutata, e pare
una dolce regina
di Saba
che rimonti le silenziose scale
della sua fiaba.

Il significato di questa poesia

Dove leggere “Dicembre” di Diego Valeri

Il componimento che abbiamo letto si articola in due strofe composte a loro volta da versi in cui, laddove non figura il legame fonico della rima, si trovano armoniose assonanze che avvicinano quasi alle sonorità della poesia popolare questi versi naturali e agili.

Il componimento, che è tratto dalla raccolta “Poesie” pubblicata a Milano da Mondadori nel 1962, si può oggi leggere all’interno di “Il mio nome sul vento” (2022), un’ampia antologia, curata da Carlo Londero, che raccoglie i versi concepiti da Diego Valeri fra il 1908 e il 1976.

La poesia naturale di Diego Valeri

Diego Valeri, raffinato scrittore e critico novecentesco, ci ha lasciato una preziosa eredità: le sue poesie, infatti, sono testimonianza di come, attraverso l’uso sapiente della penna e della forma poetica, si possa raccontare la quotidianità e la magia della natura.

Proprio l’apparente semplicità e la presenza del mondo animale e vegetale quale simbolo che unisce il fisico al metafisico, infatti, sono la cifra distintiva delle opere di Valeri, che si inseriscono nel filone di Giovanni Pascoli e di Gabriele D’Annunzio. Il lessico e la sintassi, oltre che alcune forme, sono ispirate proprio alla raccolte più celebri di Pascoli e del Poeta-Vate.

Il contrasto fra notte e giorno

Leggendo “Dicembre” ci troviamo proiettati dapprima all’interno di una scena oscura e quasi tenebrosa, che minaccia coinvolgendo i sensi dell’udito e della vista: il vento “agita” la città buia, le ombre delle cose, trasportate dalle folate violente, raggelano il sangue con il loro rapido avvicendarsi sui tetti delle case, sui rami degli alberi ormai spogli, sui muri.

La maggior parte del lessico utilizzato nella prima strofa ha connotazione disforica. Tutto è buio, spaventoso. La natura, attraverso la presenza del vento, spazza via il calore e l’umanità, che infatti è assolutamente assente. Poi, arriva il mattino, con la luce “grigia” tipica del mese di dicembre e, più in generale, dell’inverno.

L’io lirico si affaccia a osservare. È la quiete dopo la tempesta. È come se la vita avesse abbandonato all’improvviso il mondo. Come se il poeta fosse rimasto solo, a contemplare una natura silenziosa e “strana”, che nasconde segreti indecifrabili.

La “Regina di Saba”

In “Dicembre”, Diego Valeri si avvale di metafore e similitudini per descrivere la scena oggetto del componimento. L’immagine più interessante è quella che riguarda l’unica forma di vita presente, che si affaccia alla vista del poeta soltanto negli ultimi versi: è la colomba “nitida e bionda” che naviga i cieli nuvolosi del mondo, paragonata alla figura biblica della Regina di Saba.

Presente nelle Scritture (nell’Antico Testamento ma anche in alcuni stralci dei Vangeli) e rintracciabile nel Corano, seppur con il nome di Bilqīs, la Regina di Saba si mette in viaggio con la sua carovana dopo aver saputo della grande saggezza di Salomone per interrogarlo e mettere in difficoltà le sue doti attraverso complessi enigmi.

Così, a Diego Valeri pare questa delicata creatura alata: una portatrice di enigmi, pronta a svelare i segreti inenarrabili del mondo invisibile.

Chi è Diego Valeri

Diego Valeri è uno dei poeti più interessanti del Novecento italiano. Oltre all’attività poetica, si è dedicato con successo alla traduzione e alla critica letteraria.

È nato il 25 gennaio 1887 nel padovano, e si è spento il 27 novembre 1976 a Roma. Dopo essersi laureato alla Sorbona di Parigi e aver insegnato per qualche anno latino nei licei, diventa professore ordinario di lingua e letteratura francese all’Università di Padova. Vive per molti anni a Padova, ma durante gli anni della guerra si sposta in Svizzera e poi fa ritorno in Italia, sostando per qualche tempo anche a Lecce e infine a Venezia.

Diego Valeri è conosciuto anche per il suo impegno civile nel campo della cultura. Ci ha lasciato numerose raccolte poetiche di valore e diversi scritti riguardanti la letteratura francese.

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