Di sera (1928) di Giuseppe Ungaretti, una poesia sul valore del lasciarsi andare alla bellezza

26 Luglio 2025

Scopri la magia dei versi della poesia "Di sera" di Giuseppe Ungaretti, in cui la magia del tramonto diventa un inno al concedersi alla vera bellezza.

Di sera (1928) di Giuseppe Ungaretti, una poesia sul valore del lasciarsi andare alla bellezza

Di sera di Giuseppe Ungaretti è una poesia di grande fascino, in cui l’immagine del tramonto estivo della campagna laziale, coincide con il momento in cui la Terra raggiunge il suo massimo splendore, conquistando e seducendo come fosse una donna, una madre, una divinità antica.

In soli sette versi, il poeta riesce a cristallizzare il momento della giornata in cui la luce si arrende all’ombra, e l’uomo, piccolo e incantato di fronte all’immensità del paesaggio, si lascia consumare dalla bellezza struggente del mondo. È l’estate a rendere tutto più denso e sensuale, la stagione che Ungaretti amava più di ogni altra, la stagione barocca, della pienezza e dell’eccesso, della luce che sbriciola e ricostruisce. In quel preciso istante, la Terra si rivela nuda e viva, e l’io lirico non può che arrendersi.

Di sera fu scritta nel 1928 durante il soggiorno a Marino, in provincia di Roma del poeta. Fa parte della sezione Sogni e Accordi della raccolta di poesie Il sentimento del tempo di Giuseppe Ungaretti, pubblicata per la prima volta a Firenze da Vallecchi nel 1933, con la prefazione di Andrea Gargiulo.

Leggiamo questa meravigliosa poesia di Giuseppe Ungaretti per coglierne il profondo e intenso significato.

Di sera di Giuseppe Ungaretti

1928

Nelle onde sospirose del tuo nudo
Il mistero rapisci. Sorridendo,

Nulla, sospeso il respiro, più dolce
Che udirti consumarmi
Nel sole moribondo
L’ultimo fiammeggiare d’ombra, terra!

Il significato profondo di Di sera: la Terra come un’amante misteriosa

Di sera è una poesia di Giuseppe Ungaretti che è molto più di un quadro paesaggistico. È un’esperienza mistica e sensuale, in cui il respiro si sospende e l’ombra fiammeggia. È la liturgia silenziosa della fine del giorno, quando la luce inizia a fondersi con le ombre e tutto si trasforma lasciando spazio a quella bellezza mistica che nasce dall’anima.

È la magia del cambiamento interiore e spirituale, che in molti casi tutti vorrebbero poter vivere, senza purtroppo riuscire a farlo. La poesia rivela un passaggio molto importante nella biografia esistenziale e spirituale di Giuseppe Ungaretti.

Il Contesto in cui nasce Di sera

Di sera nasce in un periodo cruciale della vita del poeta. Sono questi gli anni che con nla famiglia trascorre a Marino, nel cuore dei Castelli Romani, tra il 1922 e il 1934. Un luogo e un tempo che il poeta ricorderà come gli “anni felici”, segnati da un raro equilibrio tra vita privata, ispirazione poetica e consapevolezza spirituale.

A Marino, Ungaretti mette radici dopo un’esistenza errabonda e tormentata dovuta soprattutto alla Prima Guerra Mondiale, della quale è stato assoluto protagonista. Un’esperienza difficile da estirpare con i suoi orrori e le sue contraddizioni.

Ricordiamo ancora che nel 1928, l’anno in cui scrive la poesia, Ungaretti si avvicina alla fede cristiano cattolica. Un percorso che sembra svelarsi nell’esperienza del tramonto e che offre il senso di un momento di splendido passaggio, in cui tutta la bellezza di ciò che circonda invade l’anima del poeta nato ad Alessandria d’Egitto.

Di sera è figlia di questo tempo e di questa terra, una lirica creata tra le curve del paesaggio dei Colli Romani, nei tramonti estivi, nel silenzio carico di luce che quesi paesaggi offrono in estate. Un momento di fusione rara tra esistenza e poesia, tra corpo e paesaggio, tra uomo e mistero.

Il tramonto come un’esperienza mistica 

La poesia inizia con un verso che tende a personalizzare l’immagine terrena del tramonto.

Nelle onde sospirose del tuo nudo
Il mistero rapisci. Sorridendo,

Si percepisce immediatamente un paesaggio sensoriale. Protagonista è la Terra che diventa corpo vivente, col respiro del vento e le ondulazioni della luce. Il “nudo” non è erotico, ma la materia spogliata da ogni artificio, crogiuolo di luce e silenzio. Giuseppe Ungaretti impiega una figura vicina allo scarto semantico, attribuendo ad “onde” e “sospiro” una valenza interiore, quasi umana, al di là del significato letterale.

La Terra non rivela il senso, ma rapisce nel mistero, e lo fa con dolcezza, quasi con un sorriso. L’immagine dell’amata come fosse una divinità, accoglie e seduce, come un’antica presenza. Questo sorriso acquieta, ma incanta. Tutto sembra sprigionare bellezza e scuotere l’anima.

Un salto nel buio per rinascere nel bello

Passando alla seconda strofa, il poeta sospende il proprio respiro per la meraviglia.

Nulla, sospeso il respiro, più dolce
Che udirti consumarmi
Nel sole moribondo
L’ultimo fiammeggiare d’ombra, terra!

L’esperienza è quella di trovarsi di fronte alla bellezza assoluta. Udirsi consumare dalla Terra significa perdersi in un’estasi, in una partecipazione totale al mistero del cosmo. È un annullamento gioioso. È in perdersi nel vuoto senza aver paura di sprofondare, ma avvertendo intimamente la risalita.

Il tramonto è simbolo perfetto del crepuscolo esistenziale, è il momento di passaggio dei momenti più importanti della vita. La luce del giorno muore, ma non in modo passivo: morire diventa un gesto fiammeggiante. Il poeta cattura questo momento come luogo della rivelazione e dell’estasi. È essenziale farlo per poter scoprire la vera bellezza.

L’ombra, in Ungaretti, non è buio, tenebra, ma luce trasformata: un bagliore estremo prima del silenzio. Nel verso finale, emerge l’invocazione terra!,  un grido che fonde l’io con il paesaggio, l’uomo con il mistero. La terra non è più sfondo, ma soggetto assoluto: amante, madre, divinità.

Giuseppe Ungaretti ricerca un sogno di innocenza, quasi preadamitico, che esista prima della memoria e del dolore, e tuttavia la poesia stessa è consapevolezza della colpa e della frattura interiori. Di sera è il manifesto di questa tensione: terra e cielo, eros e sacralità, dissoluzione e trascendenza.

Di sera è una poesia breve ma potente: in pochi versi Ungaretti condensa il senso ultimo dell’estate terrestre al crepuscolo, quando la luce si spegne, ma la Terra diventa luminosa di un’altra luce, interiore. È un inno alla bellezza che spezza l’io, che accoglie, che resiste al silenzio.

Bisogna abbandonarsi alla bellezza che trascende

Nel cuore di Di sera non c’è solo il paesaggio, né un semplice tramonto. C’è l’abbandono, l’alienazione dell’essere umano davanti alla bellezza assoluta della Terra. Giuseppe Ungaretti non descrive semplicemente un paesaggio, ma ci condivide una sua esperienza totale, in cui corpo, luce, tempo e anima si confondono.

La Terra diventa madre, amante, divinità silenziosa. Il tramonto estivo è il momento in cui tutto si disfa e tutto si accende: la luce muore, ma l’ombra brucia, e noi, come il poeta, non possiamo far altro che fermarci, ascoltare e lasciarci consumare.

Cercando d’interpretare il messaggio profondo della poesia, solo quando ci si lascia attraversare dal mistero, senza volerlo spiegare o dominare, è possibile davvero sentirsi parte del tutto. Si avverte anche il nuovo percorso religioso del poeta, abbracciare la fede significa abbandonarsi al dogma. Non tutto ha bisogno di spiegazione e non tutto può essere spiegato.

La poesia è un invito a sospendere il respiro, a lasciarsi andare, a guardare la Terra mentre cambia pelle, mentre chiama con voce dolce e antichissima. La vita contiene in sé la meraviglia e molte volte ciò che è inspiegabile soddisfa, arricchisce, genera benessere, dona tranquillità, trasmette pace.

Di sera spinge a riflettere che la bellezza è una forza che consuma, ma nel consumare riconsegna alla parte più vera, più nascosta, più intima. In fondo proprio qiuesto è ciò che si definisce “pace interiore”, l’abbandonarsi alla naturale forza dell’inspiegabile.

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