Da leggere al mattino e alla sera (1937) di Bertolt Brecht, amare significa prendersi cura di sé stessi

3 Agosto 2025

Scopri il significato profondo della poesia "Da leggere al mattino e alla sera" di Bertolt Brecht: prendersi cura di sé stessi per rispettare chi ci ama.

Da leggere al mattino e alla sera (1937) di Bertolt Brecht, amare significa prendersi cura di sé stessi

Da leggere al mattino e alla sera di Bertolt Brecht è un a poesia di grande amore e rivela un pensiero profondo di grande dialettica. Amare significa prenersi cura degli altri, sicuramente, ma per rispetto di chi ama bisogna prendere cura di sé stessi.

Con pochi versi e un linguaggio semplice e diretto, il poeta tedesco mette in luce la potenza dell’amore, capace di spingere l’io lirico a prendersi cura della propria esistenza non per sé, ma per l’altro. Il bisogno espresso dall’amato (“ha bisogno di me”) diventa così fondamento di una responsabilità profonda: amare vuol dire anche restare in vita per chi ci ama.

Da leggere al mattino e alla sera nel 1937 durante l’esilio in Danimarca e dedicata a Ruth Berlau, compagna e collaboratrice di Bertolt Brecht.

Leggiamo questa splendida poesia di Bertolt Brecht per coglierne il profondo significato e l’enorme sensibilità.

Da leggere al mattino e alla sera di Bertolt Brecht

La persona che amo
mi ha detto
che ha bisogno di me.

Per questo
Faccio attenzione a me stessa
Guardo dove metto i piedi e
Temo ogni goccia di pioggia
che possa uccidermi.

 

Morgens und abends zu lesen, Bertolt Brecht

Der, den ich liebe
Hat mir gesagt
Daß er mich braucht.

Darum
Gebe ich auf mich acht
Sehe auf meinen Weg und
Fürchte von jedem Regentropfen
Daß er mich erschlagen könnte.

Avere cura di sé significa amarsi. E amarsi significa rispettarsi.

Da leggere al mattino e alla sera è una poesia di Bertolt Brecht che suona come un mantra, un promemoria discreto e necessario da ripetersi ogni giorno, al risveglio e prima di andare a dormire. Dobbiamo scrivere in testa e immortalare nel cervello che ogni esistenza non è isolata, ma intimamente intrecciata con quella di chi ama. E da quell’intreccio nasce una responsabilità: prendersi cura della propria vita, è un dovere per l’altro e del proprio amore nei nostri riguardi.

Viviamo portando insieme a qualcuno un fardello chiamato “vita”, e non siamo mai davvero soli. Per questo, “al mattino e alla sera”, dovremmo tornare a queste parole come a una preghiera laica. Per ricordarsi che il tempo che si vive ha valore, che la cura di sé è un atto d’amore e che la nostra presenza conta, anche e soprattutto per chi ci ama. Questa poesia accompagna svelando sottovoce qualcosa di grandioso: “non sei solo, e chi ti ama ha bisogno di te.”

Una poesia semplice, ma capace di toccare profondamente

La poesia, nella sua brevità, riflette un meccanismo psicologico tanto semplice quanto universale.

La persona che amo
mi ha detto
che ha bisogno di me.

leggendo questi versi di Brecht, l’amore non si manifesta in gesti grandiosi, né in dichiarazioni struggenti, ma in un’affermazione essenziale: “ha bisogno di me”. È in questa frase che il legame si fa concreto, quasi tangibile. Non è un amore idealizzato o astratto, ma un rapporto reale, fatto di presenza, fragilità, dipendenza reciproca.

Il poeta anche se la poesia è dedicata all’amata Ruth Berlau, sceglie di non usare nomi o pronomi specifici rende l’espressione universale: “la persona che amo”. Potrebbe essere chiunque: un partner, un figlio, un genitore, un amico. Chiunque amiamo e ci ami. In ciò sta la grandezza di questo poema, perché segna un’interconnessione, un legame profondo per tutti gli affetti che diventano importanti, dando alla cura della propria vita un valore enorme.

Il vero l’amore diventa responsabilità della propria vita

Prendere coscienza che c’è qualcuno che ci ama e che per questo la nostra vita va tutelata ancora di più segna la bellezza della seconda parte di questa breve poesia.

Per questo
Faccio attenzione a me stessa
Guardo dove metto i piedi e
Temo ogni goccia di pioggia
che possa uccidermi.

Il verso “Per questo” fa capire che si passa dalla rivelazione che c’è qualcuno che vive per noi, che ci ama, che ha bisogno del nostro esistere, all’azione di prendersi cura di se stessi. Quel bisogno espresso dall’altro cambia tutto: modifica il comportamento, dà un nuovo senso alla cura di sé.

Non si tratta più di egoismo, ma di responsabilità affettiva. La cura di sé, in questa prospettiva, diventa un atto d’amore. Nella versione originale tedesca il poeta utilizza un’espressione idiomatica “Gebe ich auf mich acht” che significa appunto che si prende cura di sé stessa, che presta attenzione alla propria vita.

Non è un gesto narcisistico o egoistico. La protagonista (l’io lirico femminile) decide di proteggersi perché è necessaria a qualcuno. L’amore, quindi, non genera abbandono, ma attenzione; non porta a perdersi, ma a salvarsi.

L’io lirico rafforza il concetto affermando “Guardo dove metto i piedi”, ovvero non procede più distratta nella vita, ma osserva con cura il suo cammino, le sue scelte, i suoi gesti quotidiani. C’è un senso di responsabilità e presenza attiva: vivere bene, vivere con consapevolezza, perché la propria vita conta anche per un altro.

La poesia si conclude con un’immagine potente e poetica. Anche una goccia di pioggia, qualcosa di minuscolo, naturale, banale, viene percepita come una possibile minaccia. È una metafora della fragilità umana: quando si ama e si è amati, anche i pericoli più piccoli sembrano enormi, perché la perdita avrebbe conseguenze non solo per sé, ma per chi ci ama.

La paura non è vaga o poetica, è fisica, reale, radicale. Ogni rischio viene vissuto con timore, non per debolezza, ma perché la vita ora ha un significato più grande: è un dono anche per l’altro.

Bertolt Brecht ci offre una definizione profondamente umana dell’amore: non solo sentimento, ma presa di coscienza. Una poesia che trasforma il gesto più intimo, prendersi cura do sé, in atto di amore altruista e in promessa silenziosa di esserci.

Chi era Ruth Berlau la donna a cui è dedicata la poesia

Attrice, regista, fotografa e scrittrice danese, tra le più fervide collaboratrici di Bertolt Brecht. Nata il 24 agosto 1906 a Charlottenlund, nei pressi di Copenaghen, Ruth Berlau crebbe in una famiglia borghese di mercanti. Studiò il francese in un convento, ma dovette abbandonare la scuola dopo essere rimasta incinta a soli tredici anni. La sua formazione fu comunque eclettica e anticonvenzionale: studiò recitazione e divenne nota in Danimarca per il ruolo di Anna nella pièce Tamburi nella notte di Brecht.

Durante l’adolescenza, si distinse per spirito d’iniziativa e anticonformismo: per finanziare un viaggio in bicicletta in Francia, scrisse e pubblicò un resoconto di viaggio romanzato per un quotidiano danese. Nel 1930 intraprese un’avventurosa traversata dell’Unione Sovietica, sempre in bicicletta, e al ritorno si iscrisse al Partito Comunista Danese. Poco dopo, prese parte alla Guerra Civile Spagnola, operando dietro le linee del fronte.

Nel 1933 incontrò Bertolt Brecht, appena fuggito dalla Germania nazista con la moglie Helene Weigel. Due anni più tardi, Ruth divenne amante del drammaturgo e sua collaboratrice stretta. Divorziò dal marito, il medico Robert Lund, e si immerse completamente nel lavoro con Brecht: agì come sua segretaria, ma anche come scrittrice, fotografa, regista e traduttrice. Insieme pubblicarono il volume di racconti Jedes Tier kann es, ritenuto scandaloso per l’epoca.

Durante l’esilio, Berlau seguì la famiglia Brecht in Svezia, Finlandia, URSS e infine negli Stati Uniti. A New York, nel 1944, il loro rapporto si interruppe bruscamente. Nello stesso anno, diede alla luce un bambino prematuro, che morì dopo pochi giorni.

Dopo la guerra, tornò a Berlino Est, ma fu emarginata dal Berliner Ensemble su iniziativa di Helene Weigel dopo la morte di Brecht nel 1956. Nonostante ciò, Ruth Berlau lasciò un segno duraturo nella memoria brechtiana, contribuendo alla fondazione del Bertolt-Brecht-Archiv a Berlino.

Morì il 15 gennaio 1974 a Berlino Est. È sepolta nel celebre cimitero di Dorotheenstädtischer Friedhof, accanto ad altre figure illustri della cultura tedesca.

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