“Come meditare“, singolare poesia di Jack Kerouac, comincia con la visione estatica di una sera d’autunno e il desiderio di allontanarsi dal caos del mondo. Il componimento, che riporta tanti dei temi cari alla Beat Generation, è un originale inno al potere della meditazione e alla bellezza della ricerca interiore. Scopriamolo insieme.
“Come meditare” di Jack Kerouac
– luci spente –
autunno, mani strette, in istantanea
estasi come una pera di eroina o morfina.
la ghiandola nel mio cervello secernente
il buon fluido felice (Fluido Santo) allorché
mi ah-bbasso e tengo ogni parte del corpo
giù in trance da puntomorto – Sanando
ogni mio male – tutto cancellando – neppure
resta il brandello di uno «spero-che-tu» o una
Bolla di Pazzia, ma la mente
libera, serena, spensierata. “Quando arriva
un pensiero spuntando da lontano con la sua
esibita figura d’immagine, lo freghi,
lo sfreghi via, lo smonti e si fa
smunto, e il pensiero non viene – e
con gioia comprendi per la prima volta
«Pensare è proprio come non pensare –
perciò non devo pensare
mai
più».
“How to meditate”, il testo originale della poesia di Kerouac
-lights out-
fall, hands a-clasped, into instantaneous
ecstasy like a shot of heroin or morphine,
the gland inside of my brain discharging
the good glad fluid (Holy Fluid) as
i hap-down and hold all my body parts
down to a deadstop trance-Healing
all my sicknesses-erasing all-not
even the shred of a “I-hope-you” or a
Loony Balloon left in it, but the mind
blank, serene, thoughtless. When a thought
comes a-springing from afar with its held-
forth figure of image, you spoof it out,
you spuff it off, you fake it, and
it fades, and thought never comes-and
with joy you realize for the first time
“thinking’s just like not thinking-
So I don’t have to think
any
more”.
Il significato di questa poesia
Dove leggere “Come meditare”
“How to meditate” è uno dei componimenti più famosi nati dalla penna di Kerouac. L’autore l’ha scritto nell’ultima fase della sua vita. La poesia, infatti, appartiene a “Pomes all sizes“, raccolta pubblicata postuma, nel 1992, ma che racchiude i versi prodotti fra il 1954 e il 1965.
La traduzione che abbiamo letto è opera di Massimo Bocchiola, che ha curato “L’ultimo hotel e altre poesie“, la versione italiana della raccolta originale, uscita per Mondadori nel 1999.
Un rifugio dal mondo
Molti di noi conoscono Jack Kerouac esclusivamente per i suoi romanzi, in particolare per “Sulla strada“, capolavoro assoluto dell’autore che è divenuto l’opera simbolo della Beat Generation.
Tuttavia, Kerouac ha scritto molto altro, e durante gli anni di attività, ha anche prodotto numerose poesie, interessanti tanto per il contenuto quanto per lo stile, assolutamente libero da ogni schema, strumento per esprimere il disagio della condizione umana e del mondo moderno.
“Come meditare”, in versione originale “How to meditate”, è un esempio di come Jack Kerouac abbia utilizzato la scrittura in versi per esprimere il suo pensiero sull’uomo e sul mondo in cui esso vive.
Il componimento appare sin da subito particolare, con le sperimentazioni linguistiche e i riferimenti ai mondi artificiali. Si tratta di versi che raccontano lo stile di vita della Beat Generation, la necessità di trovare una valvola di sfogo, un momento di assoluto abbandono di sé stessi e del mondo caotico in cui viviamo.
L’influenza buddhista
Nella poesia, priva di punteggiatura canonica e in apparenza spontanea quasi come fosse frutto di un flusso di coscienza, si riconoscono immagini forti e contrastanti da cui emerge, però, un’unica idea di fondo: il mondo che abitiamo è troppo veloce, troppo pieno. Ci distrae, col suo rumore, dal senso di ogni cosa. Ci toglie fantasia, serenità, desiderio.
In “Come meditare” è evidente non soltanto il tema della spontaneità e della libertà tipico della Beat Generation, ma anche la forte influenza delle teorie buddhiste, a cui Kerouac si avvicina in età matura. Il Buddhismo insegna all’autore ad allontanarsi dal caos del mondo per vedere e vedersi meglio. Gli insegna ad abbandonare il superfluo, a “stare nel presente”, sentendo il corpo, e aiutando la mente a liberarsi dalla paura e dall’ansia.
Benché a tratti appaia criptica, questa poesia gioca molto, infatti, sulla sensorialità: l’io lirico che si “ah-bbassa”, che tiene traccia, punto per punto, delle parti del corpo, che pian piano di abbandona a uno stato meditativo, somiglia molto alle sensazioni che si provano quando ci si avventura nella pratica meditativa.
Estatica e a tratti ironica, “Come meditare” ci insegna una verità importante per stare al mondo con più serenità: non si può smettere di pensare, ma si può provare, di tanto in tanto o con maggiore regolarità, a uscire da noi stessi per ritrovarci, guardando le cose da una prospettiva esterna, neutrale. Perché, guardati da lontano, i problemi si ridimensionano, e la vita appare più fluida.
Jack Kerouac
Vivere per scrivere
Jean-Louis Lebris de Kérouac, conosciuto come Jack Kerouac, è stato uno scrittore, poeta e pittore statunitense. Nasce il 12 marzo 1922 nel Massachusetts, in una famiglia di immigrati franco-canadesi. Da bambino, frequenta una scuola parrocchiale in cui gli insegnamenti sono impartiti in francese; per questa ragione il giovane Jack non riesce subito a parlare l’inglese, e diventa perfettamente bilingue solo durante l’adolescenza.
Sin dall’adolescenza, Jack scopre il suo amore per la scrittura, che lo aiuta a sperimentare con la lingua e ad esorcizzare i bruschi rapporti familiari: gli affari del padre vanno sempre peggio, e come conseguenza l’uomo comincia ad ubriacarsi e a darsi al gioco d’azzardo. La sorella maggiore viene presto indotta a sposarsi per alleggerire le spese del nucleo familiare, e il giovane Jack si ribella alla decisione della famiglia.
Da questo momento, Kerouac vive da solo, scrivendo romanzi e poesie, finché non si trasferisce a New York grazie ad una borsa di studio per meriti sportivi. Qui, studia alla Columbia University e, nel tempo libero, visita locali jazz, musei, cinema e teatri, tuffandosi a capofitto nella vivace e sregolata New York.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Kerouac decide di arruolarsi, ma guadagna un po’ di tempo lavorando come meccanico a New Haven, visto il parere contrario dei genitori.
Poi, nel 1942, il ragazzo si imbarca nella marina mercantile in direzione della Groenlandia. Durante questa esperienza, Kerouac intrattiene relazioni promiscue con donne e uomini, ed esplora la sua omosessualità.
Nel 1943, comincia il servizio militare. Dopo diverse visite psichiatriche, il giovane viene riformato per “demenza precoce” e poi, dopo un controllo più approfondito, viene definito “psicopatico costituzionale e personalità schizoide, ma non psicotica”.
Tornato a Brooklyn, dove nel frattempo si sono trasferiti i genitori, Jack Kerouac si imbarca in un mercantile e ha così l’occasione di visitare Londra. Gli anni successivi sono segnati dall’adesione alla Beat Generation, dall’uso di droghe e alcool e da eventi luttuosi.
Il padre della Beat Generation
Nel 1946 incontra Neal Cassady, a cui si ispira per il protagonista del suo capolavoro, “On the road”, e l’anno successivo parte alla volta dell’America del Nord. La vita di quest’uomo è costellata di eventi, viaggi, novità ed innumerevoli esperienze, ma anche di vizi, malattie e sofferenza.
Kerouac diventa uno scrittore celebre dopo il 1950. È considerato il padre della “Beat Generation” e della cosiddetta “prosa spontanea”.
Non smette mai di assumere droghe e alcool. La sua esistenza è contraddistinta da continui alti e bassi, fra i successi delle sue opere e il deterioramento fisico e morale dovuto alla vita sregolata.
Muore il 21 ottobre 1969, a seguito di una cirrosi epatica, lasciandoci in eredità opere meravigliose, con cui l’autore ha cercato di raccontare l’amore, la caducità della vita e la ricerca della verità in tutte le sue forme.