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“Città vecchia” (1912), la poesia autunnale di Umberto Saba che celebra l’umiltà

Ritrovare l'infinito nell'umiltà. Così Umberto Saba descrive il suo stato d'animo quando si reca nelle vie della città vecchia di Trieste.

Ci sono poesie che, sin da quando le studiamo a scuola, restano nel cuore. “Città vecchia” di Umberto Saba è una di queste. Una poesia di grande sensibilità e nello stile riconoscibile del grande poeta di Trieste.

Con la semplicità che è il segno distintivo dello stile dell’autore triestino, questo componimento vuole essere una dichiarazione di intenti, ma anche un inno alla semplicità e, soprattutto, all’umiltà che spesso non trova spazio nei versi dei poeti.

Leggiamo questa poesia di Umberto Saba per coglierne l’atmosfera e apprezzarne il significato.

“Città vecchia” di Umberto Saba

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.

Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore.
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.

Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.

Il significato della poesia

Dove leggere “Città vecchia”

“Città vecchia” si può trovare, come l’intera produzione di Umberto Saba, all’interno del suo “Canzoniere“. La sezione in cui la poesia è racchiusa si intitola Trieste e una donnae raccoglie tutti i versi composti fra il 1910 e il 1912 dall’autore. Il componimento, che era già presente nella prima stesura del Canzoniere che risale al 1921, è stata riproposta e mantenuta nella sua riedizione finale degli anni ’60.

Una passeggiata autunnale

Ha piovuto da poco a Trieste, quando Umberto Saba passeggia per le strade incrociando i volti delle persone che si dirigono come formiche di qua e di là per la città. La pozzanghera che apre il componimento riflette la luce giallastra dei fanali.

Il percorso è oscuro, e ci immaginiamo che l’io lirico stia vagando per i luoghi che ama sul far della sera, in un pomeriggio di autunno in cui tutti si apprestano a concludere le faccende prima di tornare a casa.

L’idea dell’affollamento è resa attraverso termini appartenenti al campo semantico della “confusione” che ripercorrono tutta la poesia: è l’aggettivo “affollata” con cui, nella prima quartina, viene descritta la strada, ma anche “la gente che viene che va”, senza sosta di punteggiatura, con quell’idea generica e perciò “confusa” garantita dal sostantivo collettivo “gente”.

Poi, quell’elenco interrotto solo da paratassi in cui si rincorrono immagini di donne e uomini intenti nei loro affari, “tumultuanti”, “impazziti”, in cui “si agita qualcosa”.

L’infinitò nell’umiltà

“[…] Io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà”.

Come emozionano questi versi di Umberto Saba… In “Città vecchia”, l’amore nei confronti della città natìa di Trieste, il rumore del quotidiano, la purezza della semplicità e la spiritualità si mescolano creando una profonda riflessione sul senso della vita e sul ruolo del poeta. Saba si avvicina alla purezza districandosi per le vie della città vecchia di Trieste, che in apparenza è tutto fuorché pura.

Soltanto contemplando i volti e le azioni dei più umili riesce ad entrare in profonda comunione con la verità che si cela dietro alle cose. Perché:

“Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via”.

Il tumulto si placa

All’improvviso, sul finire della lettura, l’andirivieni cui ormai ci siamo abituati, che ci sembra abbia assorbito anche noi, si placa proprio nel suo momento culminante.

Proprio quando il poeta si accorge che la confusione esteriore deriva da un “tumulto” interiore, tutto si placa: la folla, la via, i pensieri di Saba, che realizza che tutti siamo fatti della stessa sostanza. Che siamo tutti uguali, nella nostra semplicità. E l’unico modo per realizzarlo è osservando con umiltà.

Umberto Saba in poche parole

Umberto Saba è lo pseudonimo di Umberto Poli, nato nel 1883 a Trieste. Di origini ebraiche per parte di madre, il piccolo Umberto Saba viene accudito nei primi anni di vita da Peppa, una balia slovena cattolica a cui lui resterà per sempre legato.

Il trauma dell’allontanamento del padre, avvenuto prima che il poeta nascesse, segna l’infanzia e l’esistenza di Saba, che è ulteriormente appesantita dai dolori e dalle privazioni causate dalla guerra.

La malinconia, infatti, è la cifra distintiva della sua produzione poetica, insieme all’amore per la terra di origine e per le persone che lo hanno aiutato a sopravvivere, oltre che all’estrema attenzione nei confronti degli ultimi.

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