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“Candele” (1936), la poesia di Kavafis che invita ad amare la vita

"Candele" è una magnifica poesia di Konstantinos Kavafis, in cui il poeta greco riflette sul tempo e ci dona un consiglio prezioso.

Konstantinos Kavafis, grande poeta e giornalista greco che ha rivalutato i temi e le forme della poesia antica per giungere a nuove mete espressive, racconta il tempo e la malinconia che deriva dal suo flusso attraverso la poesia “Candele”, una delle più celebri dell’autore, che oggi leggiamo nella traduzione di Filippo Maria Pontani.

Questa poesia è speciale perché, sebbene incominci con toni malinconici e nostalgici, costituisce un potente invito a celebrare la vita, a godere del tempo che abbiamo a disposizione, senza pensare troppo al passato, senza proiettarci troppo verso il futuro. Non perdiamo tempo prezioso. Sfruttiamolo per sorridere, per aiutare, per amare.

“Candele” di Konstantinos Kavafis

Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese,
dorate, calde e vivide.
Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le più vicine danno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.
Non le voglio vedere: m’accora il loro aspetto,
la memoria m’accora il loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.
Non mi voglio voltare, ch’io non scorga, in un brivido,
come s’allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.

Il significato di questa poesia

“Candele” fa parte dell’opera omnia che, rinvenuta dopo la morte di Kavafis, è stata pubblicata in Grecia nel 1936.

Con questa poesia ci immergiamo nei temi e nelle forme care a Kavafis. Il poeta greco ha cercato, con la sua produzione, di riproporre le tematiche e i valori frequentati dai poeti classici per trasmetterli ai lettori dell’età moderna: operazione più che riuscita, se pensiamo a quanto sia apprezzata la sua poesia oggi in tutto il mondo.

“Candele”, in particolare, è il frutto di una visione malinconica e nostalgica della vita, descritta come un percorso lineare che si consuma via via che si va avanti.

La metafora della fiamma che brucia il tempo

La metafora utilizzata da Konstantinos Kavafis è quella delle candele: nella lunga fila di candele che si stagliano dinanzi e dietro all’io lirico, quelle spente rappresentano la vita svanita, il passato; quelle ancora accese, invece, rappresentano l’avvenire, quel pezzo di tempo che rimane da vivere.

Una presenza … in absentia

I versi di Konstantinos Kavafis sviluppano la tematica del tempo affiancando all’immagine delle candele quella della morte, che non è mai nominata apertamente, ma la cui aura è ben presente in tutto il componimento: l’io lirico non vuole voltarsi, perché non vuole vedere tutte le candele spente che si è lasciato indietro.

Non è pronto a constatare quanta vita sia trascorsa, quanti eventi siano già accaduti, quanti anni siano passati.

Godere di ciò che resta

Si accontenta, perciò, di osservare le candele ancora accese, “dorate, calde e vivide”, che si stagliano dinanzi a lui e che gli ricordano che ha ancora del tempo da vivere.

Ci si proietta verso il futuro, per quanto incerto e sconosciuto, per non annegare nella paura del tempo che passa inesorabile, mentre noi, distratti, ci avviciniamo sempre di più alla morte.

Una poesia malinconica ed evocativa che parla di una sensazione che, probabilmente, molti fra noi hanno sperimentato e sperimentano ogni giorno.

Chi è Konstantinos Kavafis

Konstantinos Petrou Kavafis (1863-1933) è conosciuto come “il più antico dei poeti moderni”. Di origini greche, ma nato e cresciuto ad Alessandria d’Egitto, è uno degli autori che, più di tutti, si sono adoperati per creare un ponte fra la tradizione e l’innovazione. Della produzione poetica dell’autore di “Candele”, che risente soprattutto nelle fasi iniziali dell’influenza simbolista, ci sono rimasti poco più di 150 frammenti, oggi raccolti nel volume “Kavafis”.

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