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“Autunno” di Umberto Saba, metafora di un animo triste in cerca di rinascita

Nella sua poesia dedicata all'autunno, Umberto Saba si chiede fino a che punto la stagione sia simile all'animo umano. Si rinasce mai dopo un periodo di buio?

La stagione in cui la vivacità dell’estate muore e la natura si assopisce.

L’autunno ha da sempre ispirato un’intima tristezza nel cuore di noi esseri umani, che d’un tratto ci troviamo catapultati in un’atmosfera di nostalgia, in un mondo che perde saturazione e si discolora, si offusca di nebbia, piogge e malinconia.

In attesa dell’autunno ormai vicino, scopriamo i versi che Umberto Saba ha dedicato alla stagione delle foglie morte. Una poesia in cui le caratteristiche della stagione fungono da metafora, nonché da spunto di riflessione, per indagare lo stato d’animo della moglie dell’autore triestino.

“Autunno” di Umberto Saba

Che succede di te, della tua vita,
mio solo amico, mia pallida sposa?
La tua bellezza si fa dolorosa,
e più non assomigli a Carmencita.
Dici: “È l’autunno, è la stagione in vista
sì ridente che fa male al mio cuore”.
Dici – e ad un noto incanto mi conquista
la tua voce –: “Non vedi là in giardino
quell’albero che tutto ancor non muore,
dove ogni foglia che resta è un rubino?
Per una donna, amico mio, che schianto
l’autunno! Ad ogni suo ritorno sai
che sempre, fin da bambina, ho pianto”.
Altro non dici a chi ti vive accanto,
a chi vive di te, del tuo dolore
Che gli ascondi; e si chiede se più mai,
anima, a dove e a che, rifiorirai.

D’autunno o di eternità?

Con “Autunno”, Umberto Saba crea una correlazione fra la stagione autunnale e l’animo della moglie. La donna, con cui Saba intreccia un legame di indissolubile tenerezza, è infatti caratterizzata da un’indole triste che ne svela il passato turbolento e tutt’altro che sereno.

La poesia lo esprime chiaramente attraverso il dolce dialogo che vede come interlocutori la donna e il marito, Umberto Saba, per l’appunto. L’autunno è l’oggetto della conversazione. La stagione ispira tristezza alla figura femminile protagonista del componimento, che ricorda un passato di cui non vuole parlare ma di cui porta ancora le ferite, visibili.

Allo stesso modo, il poeta riflette sulla natura transitoria dello sfiorire autunnale, e si chiede se mai l’anima della moglie riuscirà a rinascere, come fanno le foglie in primavera. La tristezza della donna è d’autunno o di eternità?

Umberto Saba

Umberto Saba è lo pseudonimo di Umberto Poli, nato nel 1883 a Trieste. Di origini ebraiche per parte di madre, il piccolo Umberto Saba viene accudito nei primi anni di vita da Peppa, una balia slovena cattolica a cui lui resterà per sempre legato.

Quando la madre lo riprende con sé e lo allontana da Peppa, Umberto subisce un trauma che in seguito racconterà nelle sue poesie. Dopo aver trascorso alcuni anni a Padova da parenti, il giovane ritorna a Trieste e vive con la madre e le zie, in totale assenza di una figura maschile, poiché il padre aveva abbandonato la famiglia prima della nascita dello stesso Umberto Saba.

Il periodo dell’adolescenza è segnato dalla malinconia e dallo studio dei classici della letteratura. Nel 1903 si trasferisce a Pisa per frequentare alcuni corsi dell’università; inizia con le lezioni di letteratura italiana, ma ben presto li lascia per seguire quelli di archeologia, tedesco e latino. In questo periodo, viene colto per la prima volta da un attacco di nevrastenia.

Vive a Firenze, si trasferisce a Salerno per il servizio militare e infine, nel 1908, torna a Trieste, dove sposa con rito ebraico Carolina Wölfler, l’amata Lina celebrata nei suoi versi. L’anno seguente nasce Linuccia. Nel 1911 pubblica sotto pseudonimo la sua prima raccolta. Comincia per lui la carriera di poeta. Vincitore di numerosi premi, Saba non abbandonerà mai la passione per la scrittura, neanche dopo aver assistito agli orrori del XX secolo.

Nel Dopoguerra, si avvicina a Carlo Levi ed Eugenio Montale, amici a cui resterà legato fino alla morte, avvenuta nel 1957 a Gorizia, nella clinica in cui si era fatto ricoverare sperando di mitigare gli attacchi nervosi da cui era affetto.

Il Canzoniere” di Umberto Saba

Un’antologia per rileggere “l’uomo di pena” Saba, il cui percorso poetico è in equilibrio perfetto fra classicità e contemporaneità: la classica perfezione formale delle sue forme poetiche, dove è sedimentato il suono della migliore tradizione lirica italiana, e la sofferta testimonianza della crisi dell’uomo novecentesco.

“Saba – sosteneva Pier Paolo Pasolini – è il più difficile dei poeti contemporanei. Al più semplice esame linguistico non c’è parola in Saba, la più comune, il “cuore-amore” della rima famosa, che non risulti immediatamente violentata, o almeno, nei momenti in cui meno chiara fosse la violenza espressiva, malconcia e strappata al suo abituale significato, al suo abituale tono semantico”.

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