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“Attesa” di Vincenzo Cardarelli, una struggente poesia sull’amore non ricambiato

Non è semplice abituarsi all'assenza di chi amiamo. Lo racconta Vincenzo Cardarelli nella sua toccante poesia, "L'attesa".

“Attesa: L’attendere, e il tempo che si attende: l’adel trenosala d’a., d’aspetto; fare una lunga attesa. Anche, lo stato d’animo di chi attende, cioè il desiderio, l’ansia con cui si attende un evento”.

Recita così la prima voce del vocabolario Treccani dedicata al lemma “attesa“. Un termine, così come lo stato d’animo cui si riferisce, che sembra inscindibile dai concetti di desiderio, speranza ed ansia. Talvolta, attendere significa anche fare i conti con il dolore e con i fantasmi del passato che siamo certi non ritorneranno più, con sentimenti non del tutto compiuti, non ricambiati.

La poesia che vogliamo condividere con voi questa sera è stata scritta da Vincenzo Cardarelli e si intitola “Attesa“, e racconta con commoventi semplici parole cosa voglia dire aspettare e sperare che la persona che amiamo ritorni.

“Attesa” di Vincenzo Cardarelli

“Oggi che t’aspettavo
non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,
la tua assenza che tumultuava
nel vuoto che hai lasciato,
come una stella.

Dice che non vuoi amarmi.
Quale un estivo temporale
s’annuncia e poi s’allontana,
così ti sei negata alla mia sete.
L’amore, sul nascere,
ha di questi improvvisi pentimenti.

Silenziosamente
ci siamo intesi.
Amore, amore, come sempre,
vorrei coprirti di fiori e d’insulti”.

Attesa e speranza

Nella sua bellissima poesia, Vincenzo Cardarelli racconta l’attesa che si avvinghia come un parassita al cuore del poeta, che aspetta invano in ritorno dell’amante, e nel frattempo si nutre di desideri, dubbi e speranze sui sentimenti e su quanto questi siano ricambiati dalla persona amata.

Quante volte ci è capitato, e quante volte ancora ci capiterà, di rimanere ad aspettare incerti un segnale, una manifestazione, un simbolo che ci faccia capire che l’amore esiste anche dall’altro capo del filo, che non ce lo siamo immaginato, che vive tanto in noi quanto nel destinatario dei nostri sentimenti:

“[La tua assenza] Dice che non vuoi amarmi.
Quale un estivo temporale
s’annuncia e poi s’allontana,
così ti sei negata alla mia sete.
L’amore, sul nascere,
ha di questi improvvisi pentimenti”.

L’amore non è sempre semplice. Ci fa sentire su un’altalena precaria, e noi dondoliamo spaventati, divertiti, felici e un po’ preoccupati. Il più delle volte, continuiamo a dondolare sull’altalena consapevoli del dolore che proveremmo dopo una caduta. Ma si sa, l’emozione e la felicità che scaturiscono da questo gesto di primordiale libertà valgono più di tutte le ferite che ci procureremmo con una caduta. E allora amiamo, attendiamo e amiamo, nonostante tutto.

Vincenzo Cardarelli

Vincenzo Cardarelli, il cui vero nome è Nazareno Cardarelli, nasce a Corneto Tarquinia, un borgo della maremma laziale, il 1° maggio 1887. Consegue solo la licenza elementare ma poi continua gli studi come autodidatta. Si trasferisce non ancora ventenne a Roma dove per mantenersi intraprende vari mestieri per dedicarsi infine al giornalismo professionale. Collabora con varie testate, tra cui l’Avvenire, la Voce, la Ronda, di cui è il fondatore insieme a Cecchi e Bacchelli. Ha un’esistenza inquieta, bohemienne e solitaria.

Cardarelli è prolifico autore di prosa e poesie. Le sue opere in prosa sono permeate di autobiografismo e di lirismo. Le poesie, invece, che sono fra i suoi lavori più conosciuti ed apprezzati, aspirano ad un “ritorno a Leopardi” ma allo stesso tempo sono colme di temi ed espressioni sensuali che ricordano gli ideali poetici di Gabriele D’Annunzio. Fra i topoi prediletti vi sono le stagioni, le descrizioni di natura e borghetti, il viaggio e i sentimenti.

Vive per tutta la vita in condizioni economiche precarie, in camere d’affitto. Muore a Roma il 18 giugno 1959.

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