Sei qui: Home » Poesie » “Anche tu sei collina” (1945) di Cesare Pavese, il valore dei ricordi e del tempo

“Anche tu sei collina” (1945) di Cesare Pavese, il valore dei ricordi e del tempo

In “Anche tu sei collina” Cesare Pavese condensa alcuni fra i temi a lui più cari. Spiccano la natura, la memoria e il fluire del tempo.

Malinconia, attesa, memoria, ciclicità, natura, amore, emozione. Sono alcune dei termini che affiorano, quasi meccanicamente, dopo aver letto “Anche tu sei collina”, una struggente poesia che Cesare Pavese compone nell’ottobre 1945.

“Anche tu sei collina” di Cesare Pavese

Anche tu sei collina
e sentiero di sassi
e gioco nei canneti,
e conosci la vigna
che di notte tace.
Tu non dici parole.

C’è una terra che tace
e non è terra tua.
C’è un silenzio che dura
sulle piante e sui colli.
Ci son acque e campagne.
Sei un chiuso silenzio
che non cede, sei labbra
e occhi bui. Sei la vigna.

È una terra che attende
e non dice parola.
Sono passati giorni
sotto cieli ardenti.
Tu hai giocato alle nubi.
È una terra cattiva –
la tua fronte lo sa.
Anche questo è la vigna.

Ritroverai le nubi
e il canneto, e le voci
come un’ombra di luna.
Ritroverai parole
oltre la vita breve
e notturna dei giochi,
oltre l’infanzia accesa.
Sarà dolce tacere.
Sei la terra e la vigna.

Un acceso silenzio
brucerà la campagna
come i falò la sera.

Il significato di questa poesia

Dove leggere “Anche tu sei collina”

Composta fra il 30 e il 31 ottobre 1945, come apprendiamo dall’appendice che accompagna il testo, questa poesia è contenuta in “La terra e la morte”, che riunisce nove componimenti ed è stata pubblicata per la prima volta nel 1947 nella rivista “Le tre Venezie”.

Il componimento, in versi settenari, si rivolge subito a un “tu” che torna e ritorna, ciclicamente, lungo la poesia. Benché non sia mai esplicitato, l’oggetto dell’invocazione sembra essere una donna, bellissima ma impossibile, che genera un forte senso di attesa, un desiderio implacabile e mai risolto.

“La terra e la morte”, in effetti, è dedicato proprio a una donna, oggetto di un amore non corrisposto che ha alimentato per anni l’autore, fornendogli anche l’ispirazione per diversi importanti lavori. Parliamo di Bianca Garufi, collega di origini siciliane ma nata a Roma.

È una scrittrice, poetessa e psicoanalista affermata. Fa la conoscenza di Pavese nel 1944, quando inizia a lavorare per la sede romana di Einaudi. Nasce un importante sodalizio professionale; ben presto, i sentimenti di Pavese si trasformano.

La donna diventa oggetto di un amore appassionato ma sofferto per via della mancata corrispondenza: Bianca è una donna forte, che sa di mare e di terra, e che non vuole conoscere l’amore dell’autore. È lei la donna che ispira i “Dialoghi con Leucò”.

Le poesie a lei dedicate sono intrise di passione ma anche di un lacerante desiderio che si alimenta di attesa. È descritta come una dea, in sincretismo con la natura: forte, libera, del tutto indipendente, dirompente come il vento, dura come un sasso, faticosa come la campagna… una donna che il poeta identifica con la natura, come in effetti avviene anche in questa poesia.

Dall’attesa alla malinconia

Alla donna/natura, Cesare Pavese accompagna anche un altro tipo di riflessione che, stavolta, fa leva sulla memoria e su un altro importante stato d’animo che ha ispirato i poeti sin dalla notte die tempi: la malinconia.

La descrizione naturale, infatti, rimanda a una ciclicità e a una “fatica” che ricorda direttamente al flusso della vita e alla “fatica di vivere”, già più volte paragonata a un “mestiere” da Pavese. Arriva, così, il tema della memoria, di un’infanzia troppo breve, “accesa”, che emana dolci e malinconici ricordi, e che veste il silenzio di luce, di bellezza riflessa. È il silenzio, infatti, ad adagiarsi sulla collina e su questi versi.

Un silenzio che si trasforma via via, da rifugio a simbolo di attesa, per diventare, infine, ossimoricamente “acceso”, bruciante di ricordi, emozioni e riflessioni, sul tempo che passa e che macina le cose, proprio come avviene durante i falò contadini.

© Riproduzione Riservata