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“Alla tristezza” (1962) di Pablo Neruda, poesia sulla potente bellezza della malinconia

Vivi le emozioni di "Alla tristezza" meravigliosa poesia di Pablo Neruda sulla malinconia dell'infanzia e di una vita più vera e e semplice.

Alla tristezza di Pablo Neruda è una poesia che evidenzia la voglia di tornare a vivere le cose vere, quelle dell’origine, quegli attimi vissuti in giovinezza e durante l’infanzia, in cui cui vive quella perenne malinconia che è in grado di donare la magia di sensazioni profonde che toccano l’anima.

Un inno alla malinconia che tocca l’anima, il desiderio di poter riscoprire quelle sensazioni perdute che poi finiscono per dare energia al vivere e offrire stimolo al migliorarsi. Neruda ci dona una poesia di grande sensibilità, che non è un semplice “si stava meglio, quando si stava peggio”, ma un’esperienza più profonda. Il poeta sente l’esigenza di una legame con la memoria, per poter alienarsi dall’eccesso di materialismo, dalle distrazioni della vita e del successo, che finiscono per frantumare e dissolvere nel nulla ogni emozione.

La poesia è tratta dal libro Plenos Poderes (Pieni Poteri) pubblicato dall’editore Losada, a Buenos Aires nel 1962.

Leggiamo questa stupenda poesia di Pablo Neruda per viverne la magia e coglierne il significato.

Alla Tristezza di Pablo Neruda

Tristezza, ho bisogno
della tua ala nera,
c’è troppo sole, troppo miele nel topazio,
ogni raggio sorride
sui prati
e tutto è luce rotonda intorno a me
e tutto, in alto, è come un’ape elettrica.
Perciò
la tua ala nera
dammi,
sorella tristezza:
ho bisogno che si estingua qualche volta
lo zaffiro e che cada
l’obliquo rampicante della pioggia,
il pianto della terra:
voglio
quel tronco spezzato nell’estuario,
la vasta casa buia
e mia madre
che cerca
paraffina
per riempire il lume
finché la luce
non esalava l’ultimo respiro.

La notte era lenta a venire.
Il giorno scivolava
verso il suo cimitero provinciale
e fra il pane e l’ombra
ricordo
me stesso
alla finestra che guardavo ciò che non era,
ciò che non succedeva,
e un’ala nera d’acqua che calava
su quel cuore che lì forse
ho scordato per sempre, alla finestra.
Ora rimpiango
quella luce nera.

Dammi il tuo lento sangue,
pioggia
fredda,
dammi il tuo volo attonito!
Al mio petto
rendi la chiave
della porta chiusa,
distrutta.
Per un minuto,
per una breve vita,
toglimi luce e lascia
che mi senta
sperduto e miserabile,
che tremi tra le fibre
del crepuscolo,
che riceva nell’anima
le mani
tremebonde
della
pioggia.

Il malinconico inno alla tristezza di Pablo Neruda

Alla tristezza è una poesia di Pablo Neruda che riesce la rappresentazione di immagini che vivono nella memoria del poeta cileno il senso poetico della vera malinconia e la necessità di poter rivivere quelle sensazioni che sembrano perdute per sempre.

Pablo Neruda invoca la tristezza chiamandola “sorella”, ne sente il bisogno per ritrovare la magia di quelle sensazioni che la maturità della vita purtroppo porta negli esseri umani. Una poesia che sembra una provocazione, perché il poeta de “Il postino”, vorrebbe poter rinunciare a tutte le cose “luminose” che la vita e il successo gli stanno offrendo, per poter rivivere “l’ala nera” della tristezza.

La malinconia non è vissuta come qualcosa di negativo, ma come un luogo di introspezione e autenticità. Invocare la “ala nera” della tristezza è un modo per sottrarsi a un mondo troppo perfetto, dove l’apparente esibizione del benessere costante diventa soffocante.

È come se Pablo Neruda volesse poter ritrovare un attimo di “buio” di fronte all’eccesso di luce che la vita gli presenta davanti. in fondo, nella poesia c’è la voglia di poter tornare nella casa di famiglia e poter godere delle emozioni della casa di famiglia, le sensazioni di quando la madre la sera accendeva il lume a “paraffina”, ovvero l’olio che teneva in vita la lampada fino a quando si esauriva.

Nell’oscurità della casa materna il poeta rivive la propria infanzia, quegli attimi che purtroppo non potranno più tornare. Tutto era “oscuro” ma pieno di emozioni intense, vere, profonde. C’è vita autentica, vita vera, c’è l’essenza di essere libero di poter viaggiare con la mente completamente libero dai condizionamenti imposti dalla società.

Il poeta la sera, illuminato dalla flebile fiamma di quel lume, guardava fuori dalla finestra e si lasciava conquistare dal nulla. Fuori ricorda la pioggia che calava che lo coglieva nel profonda dell’anima donandogli emozioni intense, quel continuo stato di sofferenza interiore che finisce per accendere tutti i sensi. Le parole di Neruda, trasmettono i brividi interiori che finiscono inevitabilmente per affiorare sulla pelle.

Quei brividi mancano al poeta, quell’oscura sensazione di tristezza che finisce per dare movimento all’intera anima. Se si pensa bene, l’ispirazione poetica, artistica, nascono molte volte proprio da quella sensazione. L’autore sente il bisogno di quella linfa oscura di tristezza, per lui è fonte di vita.

Nell’ultima strofa della poesia Pablo Neruda esprima proprio l’esigenza di poter ritrovare tutta la malinconica bellezza di quelle emozioni, in grado di poter aprire quella “porta chiusa dell’anima”, la cui chiave sembra ormai distrutta. Il poeta cileno sente l’esigenza poetica e umana di riappropriasi delle emozioni vere della vita, per “oscurare” le luci dell’indifferenza, dell’apparenza, del vuoto cosmico che vive intorno a se.

Vorrebbe in tutti sentirsi “sperduto e miserabile”, “tremante tra le fibre del crepuscolo”, ovvero di accettare e far virtù della propria vulnerabilità. La consapevolezza della fragilità umana è l’essenza delle emozioni vere, quelle pure. La convinzione che la luce illumini ogni cosa, finisce inevitabilmente per accecare il cuore e disperdere l’essenza della sensibilità umana.

Non c’è ipocrisia nei versi di Pablo Neruda, la sua storia dimostra che ha avuto sempre a cuore il destino dlle persone costrette inevitabilmente a convivere con l’oscurità. C’è forse la coerenza debolezza dell’uomo maturo e consapevole che purtroppo il cammino terreno della vita finisce inevitabilmente per strappare e portare via per sempre un pezzo dell’anima.

C’è la presa di coscienza che la maturità, le luci della ribalta, l’apparente felicità finiscono per contaminare l’essenza stessa del proprio essere e la poesia finisce per perdersi per sempre.

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