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‘A nnammurata mia, la poesia di Totò dedicata alla donna amata

Attore, commediografo, comico, paroliere e sceneggiatore italiano, Totò è stato anche poeta, autore di versi d'amore come nel caso della breve poesia " 'A nnammurata mia", dedicata alla sua dolce amata.

In via Santa Maria Antesaecula al secondo piano del numero civico 109 nel popolare rione Sanità di Napoli, il 15 febbraio del 1989 nasceva Antonio De Curtis, in arte Totò, il Principe della risata italiana.

Attore, commediografo, comico, paroliere e sceneggiatore italiano, Totò è stato anche poeta, autore di versi d’amore e legati al dialetto della sua terra d’origine, Napoli, come nel caso della breve poesia ” ‘A nnammurata mia“, dedicata alla sua dolce amata.

‘A nnammurata mia, la poesia di Totò

‘A nnammurata mia se chiama Ammore,
e tene ll’uocchie comme ll’acqua ‘e mare.
È ddoce comme è ddoce ‘a primmavera,
è tutta gentilezza, anema e core.

Il significato della poesia

I versi della poesia traggono ispirazione dall’amore del poeta per Franca Faldini, compagna storica di Totò. Il suo amore è espresso per similitudini legate agli elementi naturali come il mare. Richiamando, nei suoi “uocchie comme ll’acqua ‘e mare”, la profondità degli abissi per un amore che non conosce tempo.

L’amore, in eterno movimento come il mare, per Totò riflette negli occhi della sua Franca. Il mare che culla, fa sognare, desiderare, sperare e guardare al di là delle apparenze.

Ma l’amore dice “È ddoce comme è ddoce ‘a primmavera”, stagione della rinascita, del risveglio e dell’esordio del sentimento sempre in divenire, sospeso tra gioia e pena.

I versi “è tutta gentilezza, anema e core” ci dono come il cuore e l’anima gentili siano per Totò una calda carezza sull’anima e il rifugio naturale dell’amore, in perfetta armonia tra virtù e nobiltà di sentimenti.

Totò, il principe della risata

Antonio De Curtis, in arte Totò, nasceva il 15 febbraio del 1989. Sua madre Anna Clemente lo registra all’anagrafe dandogli il suo cognome. Solo nel 1921 successivamente aver sposato il marchese Giuseppe De Curtis, quest’ultimo riconosce Antonio come suo figlio.

Tredici anni dopo il marchese Francesco Maria Gagliardi adotta Antonio trasmettendogli i suoi titoli gentilizi. Solo a partire dal 1946 il tribunale di Napoli gli riconosce il diritto a fregiarsi dei nomi e dei titoli di: Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.

Antonio è un ragazzino dal temperamento vivace, e nel collegio dove studia, viene colpito con uno schiaffo da un precettore, deviandogli il setto nasale e determinando l’atrofizzazione della parte sinistra del naso causandogli l’asimmetria caratterizzante il volto.

All’età di soli quattordici anni abbandona gli studi per seguire l’amore per il teatro. Totò, chiamato così da sua madre, inizia a recitare in fatiscenti teatri di periferia.

A sedici anni si arruola come volontario nell’esercito ma ben presto inizia a soffrire per le differenze gerarchiche. Così studia un escamotage grazie al quale riesce a farsi ricoverare evitando di finire in prima linea allo scoppio della grande guerra. Sembrerebbe che il celebre motto “Siamo uomini o caporali?”, l’abbia ispirato l’ambiente militare.

Alla fine della guerra Totò riprende la sua attività teatrale prima nella sua Napoli, poi a Roma recitando nella compagnia comica di Giuseppe Capece. Debutta poco dopo al Teatro Jovinelli recitando il repertorio di Gustavo De Marco.

Conquista gli spettatori e in breve tempo i manifesti riportano il suo nome e le sue scritture sono presenti nei teatri più famosi come: il Teatro Umberto, il Triaton, il San Martino di Milano e il Maffei di Torino.

Un artista carismatico

Il carisma di Totò è trascinante, servendosi anche della sua caratterista data dall’asimmetria del viso per sottolineare la sua naturale comicità. Padrone del palcoscenico ha recitato affiancato da attori quali Anna Magnani ma anche i fratelli De Filippo, solo per citarne alcuni. Nel 1937 debutta nel cinema con “Fermo con le mani” e fino al 1967 interpreterà circa un centinaio di film.

La settima arte gli porterà diversi riconoscimenti come la Maschera d’argento, cui fa seguito nel 1951 il Nastro d’argento per l’interpretazione nel film “Guardie e ladri” di Steno e Monicelli.

Nel 1966 il sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici assegna a Totò il secondo “Nastro d’argento” per l’interpretazione del film “Uccellacci e uccellini” di Pier Paolo Pasolini che ha fatto abilmente emergere le capacità recitative e drammatiche di uno dei maggiori attori della commedia all’italiana; abbiamo quindi un Antonio De Curtis in arte Totò non più soltanto quello dei film consumistici, ma il Totò dotato di una comicità culturalmente elevata.

Da una parte il De Curtis, monarchico, tradizionalista e cattolico dall’altra Pasolini, omosessuale e anarchicamente fuori contesto. Il cinema della maschera da una parte e l’ermetica e multiforme poetica pasoliniana dall’altra. L’Italia degli ossimori si compie già in questo singolare sodalizio. Un esempio cinematografico di come la poesia possa essere applicata alla realtà più crudele è determinato proprio dal rapporto con Totò. Per questo film Totò riceve anche una menzione speciale al Festival di Cannes.

Totò ha anche scritto oltre a diverse canzoni, fra cui “Malafemmena” anche poesie, dedicate Franca Faldini, sua compagna di vita, in cui impetuosa emerge la sua profonda sensibilità, raccolte nel libro postumo Dedicate all’amore – Poesie Napoletane.
Tra le sue più belle poesie d’amore troviamo e ricordiamo:

di Maria Laura Chiaretti

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