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A mia madre (1881) di Edmondo De Amicis, bella poesia da dedicare alla mamma

Scopri "A mia madre" di Edmondo De Amicis, una poesia commovente da dedicare e per la Festa della Mamma, il dono più bello per le mamme.

A mia madre di Edmondo De Amicis è una poesia intensa, dolce e profondamente affettuosa, perfetta da leggere o dedicare in occasione della Festa della Mamma. Con parole semplici e sincere, il celebre autore del Cuore celebra l’amore filiale e l’eterna bellezza della figura materna, anche quando segnata dagli anni e dalla fatica.

Una poesia intrisa di amore filiale e gratitudine

Pubblicata nel 1881 nella raccolta Poesie, A mia madre è uno dei primi componimenti poetici di Edmondo De Amicis, e precede il celeberrimo romanzo Cuore, uscito nel 1886. Al centro del testo c’è la figura della madre Teresa Busseti, donna che ebbe un ruolo fondamentale nella vita del poeta, guidandolo fin da giovane sulla via della cultura, della spiritualità e dei valori civili.

È probabile che la poesia sia stata composta poco prima della morte della madre, e che costituisca quindi un commosso omaggio d’amore, un vero e proprio “canto del cuore” rivolto alla donna più importante della sua vita.

A mia madre, di Edmondo De Amicis 

Non sempre il tempo la beltà cancella
O la sfioran le lacrime e gli affanni
Mia madre ha sessant’anni,
E più la guardo e più mi sembra bella.

Non ha un accento, un guardo, un riso
Che non mi tocchi dolcemente il cuore;
Ah se fossi pittore
Farei tutta la vita il suo ritratto.

Vorrei ritrarla quando inchina il viso
Perch’io le baci la sua treccia bianca,
E quando inferma e stanca
Nasconde il suo dolor sotto un sorriso.

Ma se fosse un mio prego in cielo accolto
non chiederei al gran pittore d’Urbino
il pennello divino
per coronar di gloria il suo bel volto.

Vorrei poter cangiar vita con vita,
Darle tutto il vigor degli anni miei,
Vorrei veder me vecchio, e lei
Dal sacrificio mio ringiovanita.

Un inno senza tempo all’amore per la mamma

A mia madre di Edmondo De Amicis è una dolce poesia che evidenzia l’amore e la devozione verso la propria mamma. È una dichiarazione d’amore universale, che parla a ogni figlio e figlia. Celebra la madre come simbolo eterno di dolcezza, sacrificio e forza, capace di trasmettere amore anche nel silenzio, nella stanchezza, nella sofferenza.

Lontana da ogni retorica, la poesia ci ricorda che una madre è bella perché ha vissuto, ha dato, ha amato. E per questo, merita non solo un giorno, ma ogni giorno del nostro amore.

Edmondo De Amicis ci ricorda che l’amore di un figlio per la madre non svanisce con l’età, anzi si intensifica. La madre, anche segnata dagli anni e dalla fatica, appare sempre più bella agli occhi di chi l’ha amata fin da bambino. La bellezza che il poeta coglie non è quella fisica, ma quella che nasce dal cuore, dai gesti, dalla memoria affettiva.

Ogni sorriso, ogni carezza, ogni sguardo della madre diventa per lui una pennellata d’amore. E non a caso, De Amicis si paragona a un pittore: vorrebbe fermare il tempo, ritrarre la madre nei suoi momenti più teneri, fissare per sempre quell’immagine che gli scalda il cuore.

Il riferimento a Raffaello Sanzio, “il gran pittore d’Urbino”, conferisce alla madre un’aura quasi sacra: come una Madonna rinascimentale, la donna diventa icona di amore eterno.

Parole per esprimere l’amore verso la madre

La poesia si apre con una dichiarazione d’amore, la bellezza della madre non è stata cancellata dal tempo.

Non sempre il tempo la beltà cancella
O la sfioran le lacrime e gli affanni
Mia madre ha sessant’anni,
E più la guardo e più mi sembra bella.

Contrariamente ai canoni estetici che legano la bellezza alla giovinezza, Edmondo De Amicis la riconosce nella maturità della madre, nei suoi sessant’anni, vissuti tra dolori e sacrifici. Nonostante gli affanni della vita, lo sguardo del figlio riesce ancora a cogliere la bellezza profonda della donna che l’ha cresciuto. È una bellezza non solo fisica, ma spirituale, emotiva, etica.

Ogni gesto della madre è arte

Non ha un accento, un guardo, un riso
Che non mi tocchi dolcemente il cuore;
Ah se fossi pittore
Farei tutta la vita il suo ritratto.

In questi versi il figlio-poeta riconosce la potenza evocativa di ogni gesto materno: ogni sorriso, ogni sguardo, ogni parola lo colpisce nel cuore. Se solo avesse talento pittorico, dedicherebbe tutta la vita a dipingerla, come omaggio alla sua grandezza affettiva. Il paragone con l’arte pittorica è centrale nella poesia: la madre è vista come un’opera d’arte vivente, da ritrarre, custodire, tramandare.

La forza silenziosa delle mamme

Vorrei ritrarla quando inchina il viso
Perch’io le baci la sua treccia bianca,
E quando inferma e stanca
Nasconde il suo dolor sotto un sorriso.

La tenerezza raggiunge un picco emotivo. Il poeta vuole catturare l’immagine più intima e autentica della madre, quella che si piega per ricevere un bacio, quella che anche nella fatica e nella malattia non smette di sorridere. La treccia bianca è simbolo di età e saggezza, ma anche di affetto familiare. La madre è forte e discreta: soffre in silenzio per non far preoccupare il figlio, come solo una madre sa fare.

La mamma l’opera d’arte più bella del mondo

Ma se fosse un mio prego in cielo accolto
Non chiederei al gran pittore d’Urbino
Il pennello divino
Per coronar di gloria il suo bel volto.

Anche se potesse esprimere un desiderio che arrivasse in Paradiso, non chiederebbe nemmeno il pennello di Raffaello Sanzio, il “gran pittore d’Urbino”, maestro della pittura rinascimentale. Questo è un punto cruciale: nemmeno l’arte divina può competere con l’amore che lui prova. La gloria e la bellezza del volto materno non hanno bisogno di essere esaltate da nessun artista. La madre è già un capolavoro, intriso di amore e vita vissuta.

Il dono che ogni figlio farebbe alla madre: l’eterna giovinezza

La conclusione della poesia è il più bel dono che una mamma vorrebbe ascoltare.

Vorrei poter cangiar vita con vita,
Darle tutto il vigor degli anni miei,
Vorrei veder me vecchio, e lei
Dal sacrificio mio ringiovanita.

La poesia si conclude con un gesto d’amore estremo e struggente: il figlio desidera donare alla madre la sua giovinezza. Non si tratta solo di parole poetiche, ma di un sentimento profondamente reale: il desiderio di alleviare le sofferenze materne, di invertire il corso naturale del tempo per amore. È una scena quasi sacrificale, in cui il poeta accetta di invecchiare al posto della madre, pur di restituirle la gioia e la vitalità perdute.

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