Nella società contemporanea, sempre più persone si confrontano con ritmi frenetici, pressioni lavorative costanti ed un flusso quasi incessante di stimoli digitali. In questo contesto iperconnesso ed accelerato, diventa essenziale ritagliarsi degli spazi per riconnettersi con sé stessi e ristabilire un equilibrio profondo.
Lo yoga, con le sue pratiche che integrano movimento, respirazione e consapevolezza, rappresenta un potente strumento per ristabilire una comunicazione armonica tra corpo e mente, favorendo l’ascolto interiore e il recupero di uno stato di calma.
La Giornata Internazionale dello Yoga
In occasione della Giornata Internazionale dello Yoga, che si celebra il 21 giugno, Babbel – l’app che promuove la comprensione reciproca attraverso le lingue – e Yome – la più grande app di yoga e movimento in Italia – propongono un glossario relativo ai termini principali dello yoga, una panoramica delle diverse tipologie che si possono praticare, accompagnato da una selezione delle posizioni principali per una pratica consapevole.
Il potere della lingua di creare connessioni
“Il sanscrito, lingua antica e universale dello yoga, ha il potere di creare connessioni: termini come ‘asana’ o ‘pranayama’ restano infatti invariati sia che si pratichi a Berlino che a Londra; una volta che si conosce il significato di queste parole, è quindi più facile sentirsi sicuri e presenti, anche in un contesto nuovo. La lingua diventa così un punto d’appoggio e la comprensione si trasforma in fiducia: il piccolo vocabolario condiviso rende lo yoga davvero globale.
Come Babbel crediamo che ogni lingua, incluso il linguaggio dello yoga, possa diventare uno strumento di connessione, se raccontata con chiarezza e rispetto per le sue radici. Offrire chiavi di lettura non significa semplificare, ma aprire uno spazio di dialogo culturale che permetta a chiunque di avvicinarsi con consapevolezza e curiosità” dichiara Esteban Touma, Senior Content Producer e insegnante di Babbel.
“Uno dei problemi che abbiamo riscontrato più spesso è il fatto che le persone percepiscono la mancata conoscenza dei linguaggi tecnici come una “barriera” alla pratica, tanto da sentirsi escluse e non accolte. Pur senza rinunciare ai tecnicismi del sanscrito, può essere utile accompagnare le persone nell’apprendimento, così che queste pratiche possano entrare nella loro quotidianità in modo semplice, anche attraverso un approccio più “laico” ed aperto a qualsiasi background culturale e spirituale” afferma Claudia Casanova, Founder di Yome.
Scopri 5 libri da leggere sullo Yoga per conoscerlo e praticarlo
L’ABC dello yoga: tutte le parole da conoscere
Esistono alcuni termini chiave, alla base dello yoga, che è utile conoscere per affrontare al meglio le lezioni e per vivere l’esperienza in modo ancora più completo.
1. asana: questa parola indica una postura del corpo; originariamente si riferiva alla posizione seduta da meditazione, ma in seguito il suo significato è stato esteso a comprendere tutte le pose che si possono assumere durante una pratica di yoga, dalle più semplici e statiche a quelle più complesse e dinamiche.
2. pranayama: si tratta di una pratica dello yoga che consiste nel controllo e nella regolazione del respiro per migliorare la concentrazione, calmare la mente e migliorare la capacità polmonare. Il termine deriva dal sanscrito: “prana” (“energia vitale” o “soffio vitale”) e “ayama” (“estensione” o “controllo”).
3. mantra: sono dei suoni o delle parole che vengono ripetuti mentalmente o ad alta voce per favorire la concentrazione e la meditazione durante lo yoga, calmando così i pensieri negativi. Si può ad esempio utilizzare la sillaba sacra “om”, una parola come “shanti” (che significa “pace” o “tranquillità”) o una frase più complessa. Anche la parola mantra deriva dal sanscrito: “man” (“mente”) e “tra” (“strumento” o “protezione”) e può quindi essere tradotto come “strumento per la mente”.
4. chakra: secondo la tradizione yogica, sono centri energetici presenti nel corpo, considerati dei punti di connessione tra quello fisico e quello energetico. Ne esistono sette principali, ciascuno collegato ad una specifica parte del corpo e associato a determinate funzioni fisiche, emotive e spirituali.
Uno squilibrio in uno o più chakra può riflettersi in disagi fisici o emotivi nelle zone corrispondenti. Nello yoga esistono delle pratiche mirate per riequilibrare l’energia dei diversi centri. “Chakra” significa “ruota” o “disco” e richiama l’idea dell’energia che ruota in questi centri; sono spesso rappresentati visivamente come dei vortici di energia luminosa.
5. mudra: per dirigere e canalizzare l’energia vitale durante la meditazione, nelle asana o negli esercizi di respirazione è possibile assumere delle posizioni specifiche delle mani e delle dita, i cosiddetti “mudra”. Questa parola significa “sigillo” o “gesto”, in riferimento proprio a come essi siano in grado di sigillare l’energia in circuiti specifici del corpo. Tra i più comuni vi è l’“anjali mudra”, con i palmi uniti davanti al cuore.
Le principali tipologie di yoga: da hatha a kundalini
È possibile scegliere tra diversi tipi di pratiche, ciascuno con caratteristiche e approcci specifici; ogni stile offre benefici diversi e si adatta ad obiettivi, livelli di forma fisica e preferenze personali differenti.
1. hatha yoga: adatto anche ai principianti, è lo stile più classico e diffuso, caratterizzato da un ritmo lento che combina le posizioni (asana) con le tecniche di respirazione (pranayama). Può essere molto utile per migliorare la forza muscolare e la flessibilità, ridurre lo stress ed aumentare la consapevolezza corporea. Il termine “hatha” deriva dal sanscrito ed è composto da due parole “ha” (“sole”) e “tha” (“luna”), simboleggiando dunque l’unione di queste due energie opposte.
2. vinyasa yoga: perfetto per chi non ama la staticità e adatto sia ai principianti sia a chi ha già una base di yoga, è uno stile dinamico che enfatizza il flusso di movimento continuo coordinato e sincronizzato con il respiro. Le asana si susseguono infatti con sequenze fluide, senza pause prolungate, utilizzando il respiro come guida per le transizioni. La parola “vinyasa” significa infatti “collegare” o “posizionare in modo particolare”.
3. ashtanga yoga: si tratta di uno stile molto rigoroso, tra le forme più impegnative dello yoga; è ideale per chi cerca una pratica tradizionale e può essere approciato anche dai principianti i quali, grazie alla ripetizione dei movimenti, riescono ad interiorizzare al meglio l’esecuzione corretta. Esso si basa infatti su sequenze fisse e predeterminate di posture che vengono sempre eseguite nello stesso ordine. “Ashtanga” significa “otto rami”, in riferimento agli otto principi dello yoga classico di Patanjali (considerato il padre della filosofia dello yoga).
4. dharma yoga: fondato da uno dei guru di questa disciplina, Sri Dharma Mittra, integra la pratica fisica tradizionale con insegnamenti spirituali e filosofici. Esso combina infatti elementi dell’hatha yoga classico con tecniche di raja yoga (focalizzato principalmente sulla meditazione), unendo pratiche fisiche, respiratorie, meditative e filosofiche. Questa pratica include una grande varietà di asana, che vengono mantenute per tempi più lunghi rispetto al vinyasa; grazie alle sue modificazioni, può essere adatto a tutti i livelli.
5. kundalini yoga: stile unico che combina posture, respirazione, meditazione, mantra e movimento volti a risvegliare la “kundalini” (letteralmente “arrotolata come un serpente”) ovvero l’energia vitale che secondo la tradizione risiede addormentata alla base della colonna vertebrale. Seppur come impegno fisico possa essere praticata da tutti, richiede sicuramente un’apertura mentale verso pratiche inusuali e più spirituali.
Tra cani a testa in giù e montagne: le “asana” chiave da sapere
Vi sono alcune “asana” che è bene conoscere, soprattutto per chi inizia a praticare yoga. Queste posizioni formano le basi della pratica, migliorano la consapevolezza corporea e offrono numerosi benefici.
1. adho mukha svanasana: chiamata anche “cane a testa in giù” (“svana” significa proprio cane), è una delle asana più utilizzate nelle sequenze vinyasa; partendo dalla posizione a quattro zampe, si sollevano i fianchi verso l’alto formando una “v” rovesciata per allungare polpacci e tendini, calmare la mente e rafforzare braccia e spalle.
2. tadasana: indicata anche come “posizione della montagna” (da “tada”, “montagna”), consiste nello stare eretti con i piedi paralleli, il peso distribuito in modo uniforme, la colonna allungata e le spalle rilassate. Può sembrare semplice ma è molto utile per migliorare consapevolezza del corpo e stabilità ed è alla base di tutte le asana in piedi.
3. balasana: spesso riferita come “posizione del bambino” o “child pose” (da “bala” ovvero “bambino”), è una postura di riposo che simula proprio la posizione rannicchiata di un bambino: consiste nel sedersi sui talloni, piegare il busto in avanti e portare la fronte a terra con le braccia lungo il corpo o distese davanti. Questa asana rilassa il sistema nervoso e allunga la schiena, oltre ad attenuare l’ansia e lo stress.
4. uttanasana: parola composta da “ut” (“intenso”), “tan” (“allungare”) e “asana”, è una pratica di intenso allungamento in avanti; dalla posizione eretta si piega il busto verso le gambe, lasciando che braccia e testa pendano naturalmente. È una parte fondamentale del “saluto al sole” (una sequenza dinamica che combina una serie di asana eseguite in successione e coordinate dal respiro), aiuta a rilasciare tensioni nella schiena, ad allungare la catena posteriore, a calmare il sistema nervoso e a migliorare la digestione.
5. shavasana: letteralmente la “posizione del cadavere” (dal sanscrito “śava” – “cadavere” e “āsana” – “posizione”), può essere praticata alla fine e/o all’inizio delle lezioni per distendere il corpo, allontanare lo stress e raggiungere il rilassamento totale.