”Piantare in asso”, significato e origine del celebre modo di dire

21 Aprile 2025

Scopri la curiosa origine dell'espressione "piantare in asso": un'espressione idiomatica usata nella vita di tutti i giorni

''Piantare in asso'', significato e origine del celebre modo di dire

Quando qualcuno ti lascia all’improvviso e senza darti una valida spiegazione, non c’è espressione più icastica del “piantare in asso”. Espressione dalle origini incerte, “piantare in asso” indica il senso di abbandono che si prova quando si viene lasciati da qualcuno, magari proprio nel mezzo di una situazione difficile e complicata.

Insomma, prima o poi, l’abbiamo usato tutti questo modo di dire, ma quanti di noi conoscono l’origine e la storia di questa espressione?

Significato di “Piantare in asso”

Il significato dell’espressione piantare in asso è abbandonare qualcuno da un momento all’altro, senza alcun preavviso e magari proprio nel mezzo di una situazione difficile e complicata. Altrettanto celebri variazioni di questo modo di dire sono “lasciare in asso” “rimanere/restare in asso”.

Ma quando appare per la prima volta questo modo di dire? Secondo le ricostruzioni de l’Accademia della Crusca, “rimanere in asso” è presente nella nostra lingua già dal XIII secolo, quindi si potrebbe presupporre anche la “presenza di lasciare in asso”, almeno nell’uso orale, prima del Cinquecento.

Quel che è certo è che dal XVI secolo l’uso, sia di lasciare sia di rimanere in asso, è rimasto costante nell’italiano, come dimostrano le ricche attestazioni letterarie (e non solo): dalla Tancia di Michelangelo Buonarroti il Giovane alle Novelle di Verga, dal Fu Mattia Pascal ai racconti di Alberto Moravia (basti guardare, per avere una panoramica esemplificativa, le occorrenze riportate nel GDLI alle voci asso e lasciare).

Le origini del modo di dire

L’origine di questo modo di dire è oggetto di diverse interpretazioni da parte di linguisti e storici: l’ipotesi etimologica più accreditata è che essa derivi dal gioco delle carte (l’asso come carta che in molti giochi ha valore “uno”) o, più probabilmente, dal fare il punto più basso (cioè l’uno) al gioco dei dadi.

Fin dal XVI secolo si registra la presenza, al fianco di lasciare in asso, della variante “lasciare in Nasso” che porta alcuni storici a legare l’origine dell’attuale espressione alla mitologia greca, in particolare alle vicende di Arianna e Teseo. Siamo a Cnosso, alla corte del re Minosse, e Arianna e Teseo si accingono a partire dopo l’uccisione del Minotauro. Arianna, com’è noto, aiutò Teseo a sconfiggere il Minotauro e, grazie al gomitolo di lana che lei stessa gli aveva dato (il proverbiale filo di Arianna), a uscire dal labirinto.

Durante il viaggio, i due innamorati concepiscono Demofonte, futuro re di Atene. Ma, secondo una versione del mito, giunti nell’isola di Nasso, Teseo fa un sogno in cui Dioniso gli ordina di lasciargli Arianna perché la desidera per sé. Teseo, ingrato verso la donna, al risveglio si sente obbligato ad esaudire il desiderio del dio e abbandona Arianna ancora addormentata sull’isola di Nasso. Da qui, il “piantare in Nasso” nella tradizione orale si sarebbe trasformato perdendo la “n” e diventando “piantare in asso”.

In consulsione: fino al XVIII secolo, secondo gli Accademici della Crusca, la forma corretta e originaria era lasciare in Nasso, dal mito di Arianna, mentre lasciare in asso, nonostante le attestazioni riportate e l’“uso frequentissimo”, rappresentava la variante popolare “corrotta”.

Perché diciamo così

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