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Perché si dice “una caporetto” per indicare una sconfitta

In merito al recente accordo sul Recovery Fund, alcune forze politiche hanno parlato di "una caporetto". Ma qual è l'origine di questa espressione? E quando si usa?

Il termine “caporetto” è utilizzato in italiano come sostantivo femminile e ha il significato figurato di “disfatta ingloriosa”, “sconfitta pesantissima”, “fallimento assoluto”, “sciagura enorme”. Frequentissimo il suo uso in ambito sia politico sia sportivo. Ma perché si dice “una caporetto” per indicare una sconfitta pesante?

"Perché diciamo così", il libro sul significato e origine dei modi di dire

“Perché diciamo così”, il libro sull’origine e sul significato dei modi di dire

Scopri perché utilizzi le frasi fatte, grazie al libro di Saro Trovato, fondatore di Libreriamo, in cui 300 modi di dire non avranno segreti

Una caporetto, il significato

La battaglia di Caporetto, o dodicesima battaglia dell’Isonzo, fu uno scontro combattuto durante la prima guerra mondiale, tra le forze congiunte degli eserciti austro-ungarico e tedesco, contro il Regio Esercito italiano. L’attacco, cominciato alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917, portò alla più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano, tanto che ancora oggi il termine Caporetto è utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa (e non solo nella lingua italiana). 

La battaglia di Caporetto

Il contesto è quello della Prima Guerra Mondiale, la guerra di logoramento per eccellenza. Sul fronte italiano, inoltre, la guerra era combattuta in luoghi impervi e spesso inaccessibili. L’esercito italiano, indebolito da una serie di lunghe battaglie in zona e colto impreparato a causa di una mancata organizzazione e difficoltà di comunicazione da parte dei piani alti, non ressero l’impatto dell’attacco di un esercito austro-ungarico altresì. L’esercito italiano pagò un prezzo altissimo: almeno 10000 morti, 30000 feriti e poco meno di 300000 prigionieri, oltre a un milione di profughi italiani che furono costretti a scappare.

Perché diciamo così

Questa e altre espressioni idiomatiche sono protagoniste all’interno del libro “Perché diciamo così” (Newton Compton), opera scritta dal fondatore di Libreriamo Saro Trovato contenente ben 300 modi di dire catalogati per argomento, origine, storia, tema con un indice alfabetico per aiutare il lettore nella variegata e numerosa spiegazione delle frasi fatte. Un lavoro di ricerca per offrire al lettore un “dizionario” per un uso più consapevole e corretto del linguaggio. Un “libro di società” perché permette di essere condiviso e di “giocare” da soli o in compagnia alla scoperta dell’origine e dell’uso corretto dei modi di dire che tutti i giorni utilizziamo. Un volume leggero che vuole sottolineare l’importanza delle espressioni idiomatiche. Molte di esse sono cadute nel dimenticatoio a causa del sempre più frequente utilizzo di espressioni straniere e anglicismi. 

 

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