Parole da scoprire: Il significato del termine “soffregare”

11 Febbraio 2025

La lingua italiana è un forziere di inesauribili bellezze; le sue parole, le sue locuzioni e la sua sintassi non smetteranno mai di stupirci. Eccone un esempio.

Parole da scoprire Il significato del termine soffregare

La lingua italiana è ricca di parole dal suono peculiare e dall’uso poco comune. Uno di questi è soffregare, verbo che, pur non essendo di largo impiego, conserva una sfumatura espressiva interessante e degna di approfondimento (per i più maliziosi: no, il verbo non indica una compiaciuta capacita di fregare il prossimo). Il termine, derivato dal latino subfricare (composto da sub «sotto» e fricare «strofinare»), significa fregare, strofinare leggermente, ed è sinonimo di strofinare o frizionare, ma con un’intensità minore.

L’uso di “soffregare”, ormai tra le parole rare della lingua italiana

Nonostante sia considerato un termine desueto o comunque poco usato nel linguaggio quotidiano, soffregare trova ancora spazio in contesti letterari o descrittivi, dove la sua musicalità e delicatezza evocano un gesto lieve e ripetuto. Alcuni esempi d’uso includono frasi come:

Soffregarsi gli occhi appena svegli per liberarsi dal torpore del sonno.
Mi chinavo ridendo a soffregarmi una caviglia (Cesare Pavese).
L’uso del verbo nel passo di Pavese ci permette di cogliere la sfumatura del termine: il gesto di soffregarsi non è violento né energico, ma piuttosto leggero e quasi involontario. L’autore usa il verbo per rendere con naturalezza un movimento quotidiano, senza forzature.

In genere, soffregare viene impiegato per descrivere movimenti delicati, come il massaggiarsi una parte del corpo o il passare le dita su una superficie in modo lieve. A differenza di strofinare, che può implicare un’azione più vigorosa e ripetitiva, soffregare trasmette un’idea di morbidezza e leggerezza.

Un confronto con “strofinare” e “frizionare”

Dal punto di vista semantico, soffregare si colloca a metà strada tra strofinare e frizionare:

Strofinare implica un movimento più deciso e insistente, spesso associato a un atto di pulizia o di sfregamento energico. Ad esempio: Ho strofinato il pavimento con una spugna per togliere la macchia.
Frizionare si riferisce più spesso a un massaggio con movimenti circolari, magari con l’uso di oli o lozioni: Il fisioterapista ha frizionato la schiena con un unguento rilassante.
Soffregare, invece, suggerisce un movimento più delicato e breve, spesso legato a un riflesso spontaneo o a un gesto quasi inconsapevole.
Questa differenza rende soffregare una parola dal valore espressivo peculiare, che può arricchire una descrizione o un testo narrativo con un dettaglio sottile.

La musicalità della parola e il suo impatto espressivo

Dal punto di vista fonetico, soffregare è una parola che si distingue per il suono morbido e scorrevole. La doppia “f” seguita dalla “r” conferisce al termine una musicalità particolare, quasi onomatopeica, che richiama il suono stesso del gesto di sfregamento leggero.

L’effetto sonoro del verbo lo rende particolarmente adatto alla prosa letteraria o poetica, dove può arricchire la descrizione di un’azione senza risultare banale o scontato. Pensiamo, ad esempio, a una scena in cui un personaggio si soffrega le mani per il freddo, oppure soffrega un foglio di carta tra le dita mentre è assorto nei pensieri: in entrambi i casi, la scelta del verbo aggiunge un tocco di precisione e sensibilità al testo.

Per restare in tema con la “musicalità” troviamo un esempio riguardante l’uso di “soffregare” anche nel linguaggio della mistica, che della musica fa l’origine dell’universo, ecco infatti un estratto dal libro “Il significato della musica“, di Marius Schneider:

L’uomo può comportarsi come vuole; finché ha fiato, non potrà fare a meno di «soffregarsi», ossia di offrire agli dèi e agli antenati morti il suo respiro. Ma maggiore è la sua forza sacrificale, e con ciò anche il suo buon diritto verso le anime degli antenati morti, qualora egli largisca il suo fiato cantando. Il canto rituale (sāman) è il rapporto (lo sfregamento) dei due poli della vita: sā (lei) e ama (lui). «Egli è anche l’udgītha, che è il canto con cui si regge l’intero mondo. L’armonia è il vero sāman. Perciò chi vuole esercitare l’ufficio sacerdotale si auguri l’armonia della voce».

Un termine dal sapore antico?

Nonostante la sua scarsa diffusione nell’italiano contemporaneo, soffregare non è del tutto scomparso. Lo si può incontrare ancora in alcune espressioni dialettali e in testi letterari. La sua origine latina lo collega a un uso più antico e meno comune rispetto a termini più diffusi come strofinare, ma questo non ne riduce il fascino.

L’italiano, come ogni lingua, evolve nel tempo, e parole come soffregare rischiano di cadere in disuso a favore di sinonimi più immediati e comprensibili. Tuttavia, il recupero di termini meno comuni può arricchire il lessico e rendere più vivace e variegata la comunicazione.

Soffregare è una di quelle parole che meritano di essere riscoperte e valorizzate. La sua capacità di evocare un gesto leggero e spontaneo la rende un’alternativa interessante a verbi più generici come strofinare o frizionare. Sebbene il suo uso sia oggi limitato a contesti letterari o espressivi, il termine conserva una sua bellezza e un suo valore, dimostrando ancora una volta la ricchezza della lingua italiana e la sua straordinaria varietà espressiva.

Forse non useremo soffregare ogni giorno nelle nostre conversazioni, ma conoscerlo e apprezzarlo ci permette di avvicinarci con più curiosità e attenzione alle sfumature della nostra lingua.

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