Dalle reunion delle band più amate ai “tormentoni” stagionali, fino agli anniversari degli album che hanno fatto la storia, la musica trova sempre spazio nelle conversazioni di tutti i giorni. I riferimenti culturali e musicali condivisi diventano un modo per creare legami autentici e riattivare ricordi ed emozioni. Intimamente connessa alla memoria emotiva, la musica è da sempre uno strumento di espressione culturale: ha un linguaggio unico e, al contempo, lascia un’impronta significativa sul modo in cui si comunica nella vita quotidiana.
In occasione del 50° International Music Day, istituito dall’International Music Council nel 1975 e celebrato il 1° ottobre, gli esperti linguistici di Babbel rendono omaggio all’universalità della musica. Questa forza che riesce ad abbattere le barriere culturali, unendo culture diverse attraverso ritornelli che si ripetono, generi e sottogeneri da esplorare ed un ricco ventaglio di espressioni tipiche del panorama musicale globale.
Parlare di musica: le parole da conoscere
La musica, pur essendo un’esperienza universale, è astratta e ineffabile. Non ha un contenuto semantico diretto come le parole, ma agisce a livello emotivo, corporeo e percettivo. Il linguaggio figurato serve quindi a tradurre un’esperienza sensoriale ed emotiva in immagini concrete e spesso universali:
Earworm effect / Ohrwurm: metafora inglese (e tedesca), letteralmente traducibile come “tarlo nell’orecchio”, identifica quelle melodie orecchiabili che si insinuano nella mente e vi rimangono a lungo, ripetendosi in maniera involontaria. È il caso di ritornelli o frasi musicali particolarmente semplici e memorabili, che diventano veri e propri “tormentoni” capaci di unire memoria, emozioni e linguaggio. In ambito scientifico, questo fenomeno è definito “Involuntary Musical Imagery (INMI)”, termine che definisce l’esperienza di avere un frammento musicale che entra spontaneamente nella mente e continua a ripetersi senza sforzo cosciente.
Canción pegajosa / música chiclete: anche questa espressione, molto comune in spagnolo e dal significato di “canzone appiccicosa”, si riferisce a melodie dalla musicalità e dal testo ripetitivi e, pertanto, facilmente memorizzabili. Gli esperti di Babbel notano che questo concetto è ripreso anche in portoghese con “música chiclete” (“musica gomma da masticare”): proprio come un chewing gum che si incastra tra i denti, la canzone si “attacca” al cervello.
Tube: questa parola francese è diventata sinonimo di “hit musicale” grazie a un’evoluzione semantica iniziata negli anni ‘50 del ‘900. L’origine risale all’espressione “tube à gaz” (“tubo del gas”): proprio come il gas scorre continuamente attraverso un condotto, una canzone di successo circola “senza sosta”, passando da radio e televisione, rimbalzando sulle piattaforme di streaming e insinuandosi nelle playlist di milioni di ascoltatori. Curiosamente, in origine il termine aveva una sfumatura ironica: si riferiva a brani di grande successo commerciale, ma considerati “vuoti” e superficiali, pensate più per il pubblico che per la profondità artistica. Col tempo, però, “tube” ha perso questa connotazione critica ed è diventato il termine comune per qualsiasi hit riconosciuta a livello nazionale e internazionale.
Dauerschleife: letteralmente “anello continuo” o “spirale permanente”, descrive un ciclo che si ripete senza interruzione, paragonabile all’espressione italiana “disco rotto”. In ambito musicale equivale a “loop” (ovvero una ripetizione ciclica di un frammento sonoro); a differenza del fenomeno del “tarlo nell’orecchio” analizzato in precedenza, che definisce una melodia che si insinua nella mente anche senza essere ascoltata, la “Dauerschleife” indica di solito un comportamento concreto: il brano viene effettivamente riprodotto in modo continuo.
Duende: tipico del flamenco e privo di traduzione letterale in italiano, il “duende” esprime la forza emotiva e spirituale di un’esibizione artistica. “Tener duende” significa riuscire a trasmettere un’intensità profonda, capace di coinvolgere il pubblico, evocando sentimenti autentici che spaziano dall’estasi fino alla sofferenza più intima. L’espressione è oggi usata non solo nel mondo della danza, ma più in generale come categoria estetica per descrivere ogni forma d’arte capace di comunicare in modo autentico e sincero.
Bars: questa parola nasce dalla cultura hip-hop americana e racchiude un significato sia tecnico che gergale. Nella teoria musicale, “bar” (in italiano la famosa “barra”) indica una strofa composta da 16 battute, il formato standard della struttura dei testi rap, il quale contribuisce a creare il “flow”, il “flusso”, ovvero la fluidità ritmica di una traccia rap. Nell’accezione colloquiale, la parola “barra” viene invece utilizzata come sinonimo di “rima”, solitamente per giudicare la qualità della tecnica o dell’incisività di un rapper; una sfumatura di significato che è entrata a far parte anche del vocabolario della cultura hip-hop italiana.
Musica british, ritmi di samba e atmosfere medievali: i sottogeneri fuori dal coro
Oltre ai tre grandi generi (pop, rock e hip-hop) che dominano il panorama musicale di oggi, esiste un vasto universo di “sottogeneri” meno noti, ma spesso affascinanti ed originali. Queste espressioni musicali rappresentano vere e proprie ramificazioni di un genere principale, ne precisano lo stile, gli strumenti utilizzati e le modalità esecutive, spesso influenzate dalle sonorità tipiche della cultura di un Paese.
Britpop: oltre ad essere un sottogenere musicale famoso per le sue sonorità rock alternative orecchiabili e vivaci, il Britpop – parola nata dalla fusione delle parole “British” e “pop” – rappresenta anche un importante movimento culturale nella Gran Bretagna degli anni Novanta. Grazie alla popolarità di band come i Blur e gli Oasis, i brani del Britpop si sono inseriti nel contesto della “Cool Britannia”: un periodo di orgoglio verso la cultura pop del Regno Unito, divenuto il vero “place-to-be”, il luogo ideale dove musica e cultura si intrecciavano e crescevano.
Batucada: questo stile di samba è uno dei generi musicali che incarna al meglio l’anima ritmica e lo spirito comunitario del Brasile. Il termine deriva dal “batuque” africano, una parola che indicava un insieme di cerimonie di origine afro-brasiliana accompagnate da percussioni. Questa tipologia di samba si basa soprattutto sul principio profondamente comunitario di “battere il ritmo insieme” e il suo significato culturale è radicato nell’ambito della celebrazione, in particolare durante le sfilate del Carnevale di Rio, uno dei simboli più iconici del Paese.
Dungeon Synth: questo “microgenere” musicale affonda le sue radici nell’immaginario fantasy e medievale, nascendo come sottogenere del black metal scandinavo. Nel tempo, ha abbandonato la durezza tipica del metal per abbracciare atmosfere più mistiche e solenni, avvicinandosi allo stile ambient. Infatti, le composizioni del dungeon synth evocano scenari come castelli in rovina, foreste incantate e caverne oscure, tanto da essere spesso considerate la colonna sonora non ufficiale di sessioni di giochi di ruolo come Dungeons & Dragons, da cui questo genere prende il nome.
“Alle scuole elementari, le insegnanti spesso stimolano l’apprendimento e usano semplici canzoni per fissare l’alfabeto, le regole grammaticali, i numeri o la geografia. L’elemento mnemonico della musica è fondamentale per il linguaggio: associando una melodia specifica a ricordi ed emozioni del proprio passato, si riescono a memorizzare concetti complessi in maniera naturale e duratura. È lo stesso meccanismo che, da adulti, ci fa ricordare ancora oggi il testo di una canzone imparata da bambini. La musica non accompagna solamente l’apprendimento, ma rafforza la memoria e consolida l’identità culturale e linguistica” dichiara Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Creator di Babbel.