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“Meglio il maschile plurale”, la Crusca boccia l’uso di asterisco e schwa

L'Accademia della Crusca è intervenuta sulla questione del linguaggio inclusivo. Gli accademici hanno spiegato il perché non sia corretto ricorrere all’asterisco, allo schwa o di altri segni che “opacizzano” le desinenze maschili e femminili

Bocciati, per motivi fonetici, pratici e di buonsenso, sia l’asterisco che lo schwa. L’Accademia della Crusca è intervenuta sulla questione del linguaggio inclusivo. No, quindi, all’uso dell’asterisco, dello schwa o di altri segni che “opacizzano” le desinenze maschili e femminili, e no anche alla possibilità per l’italiano di ricorrere a pronomi diversi da lui/lei o di “recuperare” il neutro per riferirsi a persone che si definiscono non binarie. Scopriamo le motivazioni contenute nell’articolo dedicato sul sito della Crusca.

Genere grammaticale e naturale, le differenze

Secondo gli accademici della Crusca, il genere grammaticale è cosa completamente diversa dal genere naturale. E si può dimostrare facilmente: “il genere come categoria grammaticale è presente in molte lingue, ma ancora più numerose sono quelle che non lo hanno; può inoltre prevedere, nei nomi, una differenziazione in classi che in certi casi non sfrutta e in altri va ben oltre la distinzione tra maschile e femminile propria dell’italiano (dove riguarda anche articoli, aggettivi, pronomi e participi passati) perché, oltre al neutro (citato in molte domande pervenuteci, evidentemente sulla base della conoscenza del latino), esistono, in altre lingue, vari altri generi grammaticali, determinati da criteri ora formali ora semantici; infine, come avviene in inglese, può limitarsi ai pronomi, senza comportare quell’alto grado di accordo grammaticale che l’italiano prevede.”

La Crusca boccia la proposta di far ricorso al neutro per rispettare le esigenze delle persone che si definiscono non binarie: in latino (e in greco) il neutro non si riferisce, se non eccezionalmente, a esseri umani è la motivazione. Del resto, anche in inglese il rifiuto dei pronomi he e she da parte delle persone non binarie non ha comportato l’adozione del pronome neutro it, che in inglese pure esiste ma non viene usato per riferirsi a esseri umani.

L’uso dell’asterisco

Ma è in particolare sull’uso dell’asterisco che ha, a poco a poco, preso piede in particolari ambiti, tra cui la posta elettronica, che l’Accademia della Crusca ha deciso di esprimersi. “L’asterisco non è invece utilizzabile, a nostro parere, in testi di legge, avvisi o comunicazioni pubbliche, dove potrebbe causare sconcerto e incomprensione in molte fasce di utenti, né, tanto meno, in testi che prevedono una lettura ad alta voce.”

Lo schwa

In alternativa all’asterisco, specie con riferimento alle persone non binarie, è stato recentemente proposto di adottare lo schwa. Ma anche su questo la Crusca si dimostra non favorevole. “Questa proposta, che sarebbe da preferire all’asterisco perché offrirebbe anche una soluzione sul piano della lingua parlata, ha già trovato vari sostenitori (sembra che l’abbiano adottata, almeno in parte, una casa editrice e un comune dell’Emilia-Romagna). A nostro parere, invece, si tratta di una proposta ancora meno praticabile rispetto all’asterisco, anche lasciando da parte le ulteriori difficoltà di lettura che creerebbe nei casi di dislessia.”

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Uno studente di Roma ha inserito nella prima prova dell’esame di maturità lo schwa, il simbolo della comunità non binaria. Analizziamo l’origine, l’utilizzo e il significato linguistico e figurato della cosiddetta “e rovesciata”.

La conclusione della Crusca

Ed ecco la conclusione a cui arrivano gli esperti della Crusca: “È senz’altro giusto, e anzi lodevole, quando parliamo o scriviamo, prestare attenzione alle scelte linguistiche relative al genere, evitando ogni forma di sessismo linguistico. Ma non dobbiamo cercare o pretendere di forzare la lingua – almeno nei suoi usi istituzionali, quelli propri dello standard che si insegna e si apprende a scuola – al servizio di un’ideologia, per quanto buona questa ci possa apparire. L’italiano ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, ma non il neutro, così come, nella categoria grammaticale del numero, distingue il singolare dal plurale, ma non ha il duale, presente in altre lingue, tra cui il greco antico. Dobbiamo serenamente prenderne atto, consci del fatto che sesso biologico e identità di genere sono cose diverse dal genere grammaticale. Forse, un uso consapevole del maschile plurale come genere grammaticale non marcato, e non come prevaricazione del maschile inteso come sesso biologico (come finora è stato interpretato, e non certo ingiustificatamente), potrebbe risolvere molti problemi, e non soltanto sul piano linguistico. Ma alle parole andrebbero poi accompagnati i fatti.”

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