Lingua italiana: si dice “gli orecchi” o “le orecchie”?

15 Luglio 2025

Scopriamo quale, secondo le norme della lingua italiana, è la forma corretta tra "gli orecchi" e "le orecchie" o se possono essere corrette entrambe.

Lingua italiana si dice gli orecchi o le orecchie

Nella lingua italiana, il sostantivo “orecchio” presenta una complessità morfologica e semantica affascinante che lo rende un caso singolare nella grammatica della nostra lingua. Esso possiede due forme grammaticali che convivono e si alternano a seconda dell’uso, del contesto e della tradizione: il maschile “orecchio”, con plurale “gli orecchi”, e il femminile “orecchia”, con plurale “le orecchie”. Entrambe le forme derivano dal latino auriculam, diminutivo di auris, ma la loro evoluzione e la loro attuale distribuzione riflettono sfumature non solo grammaticali, ma anche culturali e stilistiche.

Lingua italiana: Orecchio (maschile) ovvero la forma medica, tecnica, individuale

La forma maschile “orecchio” è quella oggi più comune e standard nel lessico della lingua italiana. Si utilizza prevalentemente per designare l’organo dell’udito in maniera anatomica, fisiologica, medica o scientifica.

“Mi fa male l’orecchio destro.”
“Ha un’otite all’orecchio sinistro.”

In queste frasi, l’orecchio viene considerato come un’unità autonoma. Anche nel linguaggio figurato o specialistico si predilige la forma maschile:

“Ha molto orecchio per la musica.”
“Il bambino ha orecchio per le lingue straniere.”

In questo contesto, “orecchio” diventa sinonimo di predisposizione naturale, sensibilità all’ascolto, intelligenza uditiva, ed è dunque associato a qualità cognitive. Non è un caso che si usi nella musica per indicare la capacità di cogliere le tonalità e riprodurre i suoni con precisione.

Il plurale maschile “orecchi”, sebbene grammaticalmente corretto, è più raro e usato soprattutto in ambito tecnico o scientifico, per indicare i due organi considerati separatamente, come in testi di otorinolaringoiatria:

“Le emissioni risultarono assenti in 17 sugli 80 orecchi esaminati.”

In questo caso, “orecchi” rende meglio l’idea di una somma di singoli organi sottoposti a osservazione clinica, quasi come se si trattasse di “pezzi” numerati.

Orecchia (femminile): la forma affettiva, collettiva, quotidiana

Accanto alla forma maschile, l’italiano ha conservato anche la forma femminile “orecchia”, ugualmente derivata da auricula, che oggi si ritrova perlopiù al plurale: “le orecchie”.

Questo plurale femminile è di gran lunga il più usato nel linguaggio comune, in particolare in contesti colloquiali, affettivi o descrittivi, quando ci si riferisce alle orecchie nel loro insieme e non come unità cliniche:

“Ha le orecchie fredde.”
“Mi tirava le orecchie da piccolo.”

In queste frasi, “orecchie” ha un sapore popolare, corporeo, infantile, fisico. È la forma che si incontra nelle fiabe, nelle canzoni, nei modi di dire:

“Far orecchie da mercante.”
“Entrare da un orecchio e uscire dall’altro.”

Curiosamente, la forma singolare “orecchia”, benché oggi meno usata nella lingua standard per riferirsi all’organo, sopravvive in contesti regionali o figurativi. Ad esempio, in tipografia, “orecchia” può indicare la parte sporgente di una pagina; in cucina, designa il tipico formato di pasta pugliese “orecchiette”, appunto “piccole orecchie”.

In molti dialetti italiani, inoltre, “orecchia” è la forma preferita, e ciò contribuisce al senso di familiarità, concretezza e fisicità che questa variante mantiene nel parlato.

Le orecchie o gli orecchi? Una scelta di stile

La coesistenza di due pluraligli orecchi e le orecchie – crea un interessante bivio stilistico nella lingua italiana. La grammatica consente entrambe le forme, ma la scelta dell’una o dell’altra implica una tonalità diversa:

  • Gli orecchi → neutra, scientifica, distante

  • Le orecchie → quotidiana, affettiva, espressiva

Per esempio, dire:

“Ho gli orecchi otturati.”
suona diverso da
“Ho le orecchie tappate.”

La prima è più asettica e clinica, la seconda più viva e corporea. Questa differenza può essere sfruttata letterariamente o retoricamente per caratterizzare un registro linguistico, una voce narrante, o l’atmosfera di un discorso.

Molti linguisti sottolineano che questa oscillazione morfologica è un esempio della ricchezza dell’italiano, capace di conservare forme antiche accanto a quelle standard, e di offrire varianti stilistiche che rendono la lingua più espressiva.

A differenza di altri sostantivi con un solo genere o numero (come “mano” o “dito”), “orecchio”/“orecchia” mostra come una radice latina comune possa generare plurali e significati diversi, senza che si possa stabilire una “forma corretta” e una “scorretta”.
La dualità tra “orecchio” e “orecchia”, tra “gli orecchi” e “le orecchie”, testimonia l’evoluzione e la flessibilità della lingua italiana. Non si tratta solo di una questione grammaticale, ma anche di registro, sensibilità, uso e cultura. L’italiano permette entrambe le scelte, e ciascuna forma ha i suoi contesti preferenziali e il suo fascino.

Sapere usare entrambe, cogliendone le sfumature, è un segno non solo di padronanza linguistica, ma anche di orecchio per la lingua.

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