Lingua italiana: “Sdigiunino”, origine e significato della parola

29 Giugno 2025

Scopriamo l'origine della curiosa parola della lingua italiana "sdigiunino" portata alla ribalta da Giorgione, vessillifero della cucina in televisione.

Lingua italiana Sdigiunino, origine e significato della parola

In un’Italia sempre più attenta alle parole che descrivono il cibo e la convivialità, il termine della lingua italiana “sdigiunino” è tornato a far parlare di sé grazie allo chef e volto televisivo Giorgione, al secolo Giorgio Barchiesi. Con il suo tono rustico e familiare, Giorgione usa la parola per indicare uno spuntino semplice, genuino, spesso preparato con ciò che si ha in casa: non una merendina industriale, ma un piccolo pasto che rompe la fame, fedele alla tradizione e al sapore autentico.

La lingua italiana e il sapore dei neologismi

Ma da dove viene questo termine curioso, oggi tanto amato quanto dimenticato dalla lessicografia italiana standard? Sdigiunino non è, in realtà, un neologismo. È una forma diminutiva di “sdigiuno”, parola attestata già nell’Ottocento e derivante dal verbo “sdigiunare”, a sua volta costruito sul verbo “digiunare” con l’aggiunta del prefisso privativo “s-”. Come suggerisce la morfologia, “sdigiunare” significa rompere il digiuno, quindi mangiare per la prima volta nella giornata.

La parola “sdigiuno” ha goduto di una certa fortuna tra XIX e XX secolo, spesso con significati variabili. In testi religiosi indicava il pasto che rompeva un digiuno sacro, come quello del Venerdì Santo o dello Yom Kippur. In altri contesti, lo “sdigiuno” era la prima colazione o uno spuntino mattutino, e talvolta anche un pasto vero e proprio, spesso consumato a mezzogiorno. L’ambiguità nasce dal fatto che la denominazione dei pasti varia storicamente e geograficamente, e in molte aree contadine italiane, soprattutto quelle del Centro, la divisione dei pasti seguiva ritmi e necessità del lavoro agricolo.

Con la progressiva scomparsa dell’agricoltura di sussistenza e la standardizzazione delle abitudini alimentari, “sdigiuno” è caduto in disuso, sopravvivendo nelle parlate locali, in particolare in Umbria, dove ha continuato ad indicare i pasti minori, spesso la colazione primissima o una merenda sostanziosa.

E proprio dall’Umbria proviene la forma “sdigiunino”, parola dal suono ammiccante e giocoso, che unisce la funzione descrittiva del verbo “sdigiunare” al suffisso -ino, tipico dei diminutivi affettuosi o descrittivi. Se nella morfologia italiana il suffisso -ino serve a ridurre il significato di base (come in “pasto” > “pastino”), nel caso di “sdigiunino” il diminutivo suggerisce un pasto breve ma significativo, che ha una funzione precisa: spezza il digiuno, calma la fame, rinfranca lo spirito.

Secondo una prima ipotesi etimologica, sdigiunino è semplicemente la versione ridotta di “sdigiuno”, espressione recuperata da Giorgione per la sua carica evocativa, per il legame con il mondo contadino e per la possibilità di contrapporre il cibo genuino al cibo industriale. Nei suoi “sdigiunini” sui social, Giorgione non propone snack patinati o processati, ma panini con il pomodoro schiacciato, con il burro e il sale, come li facevano una volta. È una protesta affettuosa ma determinata contro la perdita di memoria gastronomica, contro le merendine industriali “che foderano la bocca di sapori non veri”, come afferma lo stesso chef in una recente intervista.

Esiste anche una seconda ipotesi, più ardita, secondo cui “sdigiunino” deriverebbe non come diminutivo ma come nome d’agente dal verbo “sdigiunare”: in questo caso, indicherebbe ciò che serve a rompere il digiuno, proprio come “colino” serve a colare o “stendino” a stendere. Ma questa spiegazione, seppur fondata linguisticamente, appare meno convincente, dato che nelle varietà umbre si prediligono altre formazioni diminutive, come sdiggiunarellu, sdigiunarellino, e simili.

In ogni caso, le fonti mostrano chiaramente come “sdigiunino” abbia una vitalità ancora oggi, specialmente in ambito umbro. Lo si ritrova in testi culinari, romanzi recenti, descrizioni etnografiche. Nel mondo contadino umbro dei primi del Novecento, ad esempio, lo sdigiunino era il pasto consumato all’alba dai mietitori, composto da pane, capocollo e vino: un piccolo pasto, ma nutriente e saporito, perfetto per iniziare la giornata di lavoro nei campi.

Giorgione, araldo della cucine rustica e sana

Il valore simbolico di questa parola oggi è potente: evoca un’Italia che mangiava lentamente, che dava valore ai piccoli pasti, che faceva della semplicità un’arte. Riscoperta da Giorgione, questa parola sta tornando a essere una bandiera linguistica della cucina genuina, un invito a tornare al pane e pomodoro, al cibo cucinato in casa, a quella dimensione quotidiana in cui il pasto era anche un atto d’amore.

In un’epoca in cui si riscopre il valore della tradizione e della lentezza, “sdigiunino” rappresenta non solo un modo di mangiare, ma un modo di vivere: fatto di attenzione, memoria, gusto e condivisione. Una parola “piccola”, ma con un grande sapore. Per approfondire e soddisfare l’appetito rimandiamo a questo bellissimo articolo di Miriam Di Carlo: Sdigiunino.

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