Il dubbio sull’accento o sull’apostrofo nella parola va è uno di quelli che spesso crea incertezze nella scrittura della lingua italiana. Non si tratta di un dettaglio marginale, ma di un caso che mostra bene come l’ortografia non sia un insieme di regole arbitrarie, bensì un sistema coerente, in cui ogni segno ha un suo significato preciso e funzionale. Per sciogliere l’enigma occorre distinguere tra le forme diverse del verbo andare e capire quando usare va, quando va’ e perché la grafia và è da considerarsi errata.
Lingua italiana: la forma senza accento né apostrofo: va
La grafia semplice va si usa quando ci troviamo di fronte alla terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo andare. È la forma con cui indichiamo che qualcuno o qualcosa si sposta, procede, si muove verso una direzione.
Esempi:
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Paola va al mare ogni estate.
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Se va avanti così, finirà tardi.
In questo caso non vi è alcuna ragione di inserire un accento o un apostrofo: il verbo è completo, non presenta alcuna elisione e corrisponde alla coniugazione regolare dell’indicativo.
La forma con apostrofo: va’
Diverso è il caso in cui incontriamo va’. Qui ci troviamo di fronte alla seconda persona singolare dell’imperativo del verbo andare. La forma estesa sarebbe vai, ma nella lingua italiana è possibile – e molto frequente – l’elisione della -i finale, che viene segnalata dall’apostrofo.
Esempi:
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Va’ dalla nonna, ha qualcosa per te.
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Va’ subito a dormire!
L’apostrofo non è un segno ornamentale, ma un’indicazione precisa: mostra che da vai è stata tolta la -i per ottenere una forma più breve e più incisiva, tipica dell’imperativo. In mancanza dell’apostrofo, il lettore rischierebbe di confondere la forma con quella dell’indicativo (va).
La grafia sbagliata: và
Ed eccoci al terzo caso, quello che crea maggiore confusione. Molti scrivono và con l’accento sulla a, probabilmente per analogia con altre parole tronche (come perché o là), oppure per marcare l’imperativo. Tuttavia, questa grafia è scorretta.
Nella lingua italiana, l’accento grafico serve a segnalare parole tronche (come perché o città) o a distinguere tra omografi (là avverbio e la articolo). Ma non ha alcuna funzione nel verbo andare. Non esiste, infatti, una forma coniugata và con l’accento. Tutte le grammatiche e i vocabolari sono concordi: le uniche grafie corrette sono va e va’.
Perché questo dubbio è così diffuso?
L’origine della confusione si spiega facilmente. Nella pronuncia parlata, la forma imperativa va’ tende a suonare identica a va. Per distinguere le due forme, chi scrive può essere tentato di aggiungere un accento, convinto di rendere più chiaro il significato. Ma, come spesso accade, la lingua scritta non si limita a trascrivere la pronuncia: segue regole precise.
L’apostrofo, che segnala l’elisione, è il segno corretto per marcare l’imperativo. L’accento, invece, non ha alcuna ragione d’essere. Scrivere và è quindi un errore ortografico, frutto di un’iper-correzione.
Un confronto utile: da e dà
Un paragone interessante è quello con il verbo dare. Qui, infatti, la terza persona singolare dell’indicativo presente (dà) si scrive con l’accento per distinguerla dalla preposizione da. In questo caso l’accento ha una funzione diacritica, cioè serve a evitare ambiguità.
Esempi:
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La maestra dà i compiti.
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Il libro è da leggere.
Ecco perché molti, per analogia, applicano lo stesso criterio a va. Ma la differenza è sostanziale: va non ha un omografo che possa creare ambiguità e quindi non ha bisogno dell’accento.
Un caso che insegna molto sull’italiano
Il dubbio tra va, va’ e và è prezioso anche dal punto di vista didattico. Mostra infatti:
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L’importanza dei segni grafici: apostrofo e accento hanno funzioni diverse e non intercambiabili.
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La forza dell’uso parlato: la tendenza a scrivere và nasce dalla necessità di trascrivere ciò che si sente.
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La centralità delle regole: l’italiano non sempre segue la logica intuitiva; bisogna affidarsi a grammatiche e vocabolari.