Nella lingua italiana, le parole “popolarità” e “notorietà” vengono spesso usate come se fossero equivalenti. In realtà, pur condividendo un’area semantica comune – quella della visibilità pubblica – hanno sfumature differenti, che affondano le radici nella loro etimologia, nel loro uso storico e nella percezione collettiva che ancora oggi le accompagna. Analizzarle significa comprendere non solo due termini della nostra lingua, ma anche due modalità diverse di stare nella società, di essere guardati, giudicati e ricordati.
Origine e significato di “popolarità”
Popolarità deriva da popolo, e dunque indica in primo luogo un rapporto diretto con la gente, con la collettività. Una persona è popolare quando gode del favore di molti, quando è benvoluta o apprezzata. La popolarità, quindi, non esprime soltanto visibilità: implica anche una forma di consenso, di simpatia, di identificazione.
La popolarità è, per sua natura, relazionale. Non basta essere visti: bisogna essere accettati, o addirittura ammirati. Nel mondo antico il termine rimandava al favore pubblico verso un leader politico o un oratore; oggi lo usiamo per cantanti, attori, sportivi, influencer, ma anche per istituzioni, marchi e persino idee.
Il cuore semantico della popolarità sta dunque nella dimensione affettiva: una persona popolare suscita emozioni positive, appartiene simbolicamente alla comunità, rappresenta qualcosa in cui il pubblico può riconoscersi.
Nella società contemporanea, saturata di mezzi di comunicazione e di presenze continue sul web, la popolarità è spesso legata agli algoritmi, ai “like”, alle interazioni digitali. Ma continua a mantenere un elemento umano che non può essere ridotto a numeri: si può essere molto seguiti senza essere popolari, così come si può essere popolari in una comunità ristretta senza avere una vasta esposizione mediatica.
Origine e significato di “notorietà”
La parola notorietà deriva invece dal latino notus, “conosciuto”, e indica quindi la semplice condizione dell’essere noto, riconosciuto, identificabile. La notorietà non richiede approvazione né simpatia: una persona può essere nota per qualità positive, ma anche per motivi negativi.
Un criminale famoso, un personaggio controverso, un politico odiato possono essere molto noti senza essere affatto popolari. La notorietà appartiene al regno della conoscenza e della riconoscibilità, non a quello dell’affetto o del consenso.
È una forma di visibilità neutra, spesso misurabile: quanti ne parlano, quante volte il suo nome compare sui giornali, quante ricerche genera su internet. Per questo la notorietà può essere istantanea e improvvisa, frutto di un evento, di uno scandalo, di un caso mediatico. La popolarità, al contrario, tende a costruirsi in modo più lento e duraturo.
Popolare ma non noto, noto ma non popolare
La differenza può essere chiarita da alcuni esempi.
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Uno scrittore di culto, amatissimo da una cerchia di lettori, è popolare all’interno del suo pubblico, ma non necessariamente noto al grande pubblico.
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Una star coinvolta in uno scandalo può essere estremamente nota, ma la sua popolarità crolla.
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Un maestro di scuola stimato nel suo paese può godere di grande popolarità locale, pur non avendo alcuna notorietà nazionale.
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Un imprenditore, un politico o un volto televisivo discusso può essere noto ovunque, ma suscitare sentimenti ambivalenti o negativi.
In breve: la popolarità guarda alla qualità del rapporto con la gente; la notorietà alla quantità della visibilità.
Lingua italiana: social network e nuovi criteri di visibilità
Nell’era digitale, entrambe le parole hanno subito una trasformazione. I social network alimentano la notorietà in modo esplosivo e rapidissimo: bastano un video virale, un tweet provocatorio, una polemica improvvisa. La popolarità, tuttavia, resta più difficile da ottenere e soprattutto da mantenere: richiede coerenza, autenticità percepita, capacità di dialogare con il pubblico.
Per questo, nel linguaggio contemporaneo, si parla spesso di fama effimera – notorietà senza popolarità – e di credibilità, un valore che si pone più vicino alla popolarità, perché implica fiducia, stima, riconoscimento di qualità reali o percepite.
Le due parole non descrivono solo individui, ma anche fenomeni culturali. Un film può essere molto noto, grazie alla pubblicità, ma poco popolare, perché il pubblico non lo gradisce. Una tradizione locale può essere popolare, perché amata, pur restando poco nota al di fuori del suo territorio.
In politica, la distinzione è cruciale: un leader può avere alta notorietà ma bassa popolarità (molti lo conoscono, pochi lo apprezzano), oppure viceversa. I sondaggi elettorali hanno imparato da tempo a distinguere fra indice di notorietà e indice di gradimento.
“Popolarità” e “notorietà” sono due parole che sembrano vicine, ma descrivono realtà profondamente diverse. La prima riguarda il cuore del rapporto con il pubblico; la seconda riguarda la testa, la registrazione di un nome nella memoria collettiva. Si può essere noti senza essere amati, e si può essere amati senza essere noti. La lingua italiana, con la sua fine capacità di distinguere sfumature, ci ricorda che la visibilità non è un valore unico, e che non tutto ciò che appare è davvero riconosciuto come significativo.