La parola della lingua italiana algoritmo è oggi un termine di uso quotidiano, legato indissolubilmente al mondo dell’informatica e della tecnologia. Tuttavia, le sue origini sono radicate in un tempo molto più remoto e affondano nel fertile terreno della cultura matematica araba. Questo termine non nasce solo come descrizione di una procedura logica per risolvere problemi, ma anche come omaggio a una figura centrale della storia della matematica: il matematico persiano Muhammad ibn Musa al-Khuwārizmī.
L’importanza degli algoritmi e la loro presenza nella lingua italiana
Al-Khuwārizmī (780–850) è stato uno dei più grandi matematici e astronomi del mondo islamico medievale. Il suo nome completo era Abu Abdullah Muhammad ibn Musa al-Khuwārizmī, indicando la sua provenienza dalla regione di Khwarazm (oggi situata tra Uzbekistan e Turkmenistan). Al-Khuwārizmī fu autore di numerosi trattati scientifici, ma è il suo libro sull’algebra, Kitab al-Mukhtasar fi Hisab al-Jabr wa-l-Muqabala, a segnare una svolta nella storia del pensiero matematico.
Il testo introduce i metodi risolutivi delle equazioni di primo e secondo grado e ha dato il nome a un intero ramo della matematica: l’algebra. Tuttavia, il contributo di al-Khuwārizmī non si limita all’algebra. Egli promosse l’utilizzo delle cifre indo-arabe e il sistema posizionale decimale, facilitando i calcoli numerici rispetto ai più complessi sistemi usati in Europa, come i numeri romani.
Il termine algoritmo deriva proprio dal nome di al-Khuwārizmī. Durante il Medioevo, i suoi trattati furono tradotti in latino, lingua della scienza e del sapere in Europa. In particolare, il suo nome venne traslitterato in Algoritmi o Algorismus. Questo nome cominciò a essere associato alle regole matematiche basate sull’uso delle cifre arabe, cioè i procedimenti aritmetici descritti nei suoi lavori.
Un esempio rilevante è il testo anonimo medievale intitolato Algoritmi de numero Indorum (“Algoritmi sui numeri indiani”), che trattava delle operazioni con il sistema numerico arabo. Da allora, il termine si diffuse come sinonimo di “procedura” o “schema” per eseguire calcoli numerici.
Nel tempo, l’uso della parola algoritmo si è evoluto e ampliato. Nel suo significato attuale, un algoritmo non è più limitato ai calcoli matematici, ma rappresenta una serie finita e ordinata di istruzioni logiche, finalizzate alla risoluzione di un problema specifico. Questo può spaziare da procedure aritmetiche semplici alle più complesse operazioni computazionali.
Con l’avvento della scienza informatica nel XX secolo, il termine è diventato cruciale. Un algoritmo, nel contesto informatico, è un insieme di regole ben definite che guidano un computer a eseguire operazioni o a risolvere problemi, dalla somma di numeri a sofisticati processi di intelligenza artificiale. La formalizzazione degli algoritmi, iniziata con matematici come Alan Turing e Kurt Gödel, ha reso il concetto centrale per lo sviluppo del moderno calcolo e della programmazione.
L’importanza degli algoritmi oggi
Oggi, gli algoritmi pervadono ogni aspetto della vita quotidiana. Ogni volta che cerchiamo qualcosa su un motore di ricerca, facciamo un acquisto online o usiamo il navigatore satellitare, è un algoritmo a guidare l’intero processo.
Alcuni esempi includono:
Algoritmi di ricerca: usati da Google e altri motori per restituire i risultati più pertinenti (il “successo online” di questo articolo, ad esempio, dipende proprio dall’algoritmo impostato dai motori di ricerca, che varia frequentemente).
Algoritmi di crittografia: fondamentali per garantire la sicurezza dei dati.
Algoritmi di machine learning: che permettono alle macchine di apprendere dai dati e prendere decisioni.
Nel corso del tempo, il termine è passato dall’essere un simbolo di conoscenza matematica astratta a un elemento fondamentale della vita moderna, sempre più associato al progresso tecnologico.
L’origine della parola algoritmo non deve essere dimenticata, perché racchiude in sé un’eredità culturale di collaborazione e trasmissione del sapere. Al-Khuwārizmī non lavorava isolatamente: rappresentava una civiltà che, nei secoli d’oro dell’Islam, accolse e sviluppò contributi provenienti dall’India, dalla Grecia e da altre culture, gettando le basi della scienza moderna.
In un mondo sempre più dominato dagli algoritmi, il richiamo alla loro origine può ricordarci che il sapere è il frutto di un dialogo tra culture diverse. E, sebbene oggi gli algoritmi siano associati più a macchine che a esseri umani, la loro storia ci ricorda che essi nascono dalla mente di un uomo, dal suo tentativo di semplificare e organizzare il caos del mondo.
La parola algoritmo, con la sua origine legata a al-Khuwārizmī, ci offre un’occasione per riflettere sul legame tra il passato e il presente. È un esempio di come le innovazioni moderne abbiano radici profonde in tradizioni e conoscenze antiche, evolvendosi nel tempo per diventare strumenti indispensabili della nostra era. Allo stesso tempo, essa ci sprona a riconoscere e valorizzare i contributi delle culture che hanno plasmato il nostro sapere, ricordandoci che il progresso è il frutto di una collaborazione universale.