Lingua italiana: omonimi, cosa sono e quanti tipi ne esistono?

17 Novembre 2025

Scopriamo assieme cosa si intende con "omonimi" nella lingua italiana e cosa significa "omonimi totali", "omografi" e "omofoni".

Lingua italiana: omonimi, cosa sono e quanti tipi ne esistono?

La lingua italiana, come molte lingue naturali, presenta un ricco sistema di relazioni interne tra suoni, grafie e significati. Tra le più interessanti e, per chi studia o insegna l’italiano, tra le più insidiose, troviamo gli omonimi, un insieme eterogeneo di parole accomunate dal fatto di presentarsi in forme uguali o simili pur riferendosi a concetti diversi. Il fenomeno dell’omonimia non riguarda solo la lessicografia, ma tocca aspetti profondi della comunicazione: ciò che distingue un significato dall’altro è spesso il contesto, un fattore tanto potente quanto inevitabile.

Lingua italiana: che cosa sono gli omonimi

Con il termine omonimi si indicano parole che condividono la stessa pronuncia e la stessa grafia, ma che hanno significati diversi. La parola deriva dal greco homónymos, che significa “dallo stesso nome”, e la letteratura linguistica distingue tre categorie fondamentali:

  1. Omonimi totali

  2. Omofoni

  3. Omografi

Queste categorie non si escludono a vicenda: gli omonimi totali, ad esempio, sono contemporaneamente omofoni e omografi. Capire la differenza è utile sia per l’analisi linguistica sia per la corretta scrittura.

Omonimi totali: stessa forma, significati diversi

Gli omonimi totali presentano identica forma scritta e identica forma sonora, ma il loro significato è completamente distinto. Sono forse i casi più noti e frequenti.

Esempi tipici sono:

  • riso: “sorriso” vs. “cereale”

  • calcio: “gioco/colpo dato col piede” vs. “elemento chimico”

  • danno: “voce del verbo dare” vs. “perdita”

  • partito: “associazione politica” vs. “partito” participio di “partire”

  • pubblico: “insieme di spettatori” vs. “pubblico” (verbo “pubblicare”)

In questi casi, l’unico strumento per evitare ambiguità è sempre e solo il contesto. La frase “Il calcio è indispensabile per il corpo umano” elimina ogni dubbio rispetto alla frase “Il calcio è lo sport più amato”.

Omofoni: stessa pronuncia, grafia diversa

Gli omofoni sono parole che si pronunciano allo stesso modo ma si scrivono diversamente, pur avendo significato differente.

Un esempio classico riguarda il verbo avere, la cui h iniziale ha funzione diacritica:

  • hai (verbo) / ai (preposizione articolata)

  • ha (verbo) / a (preposizione)

  • hanno (verbo) / anno (nome)

Interessante è notare che alcune forme che sembrerebbero omofone non lo sono, per esempio:

  • ho [ɔ] e o [o]: la differenza di apertura vocalica distingue la congiunzione dal verbo avere.

Gli omofoni non omografi mostrano dunque come la scrittura dell’italiano non sia completamente fonetica: una differenza grafica può servire a evitare confusione in un sistema in cui molte forme suonano simili o identiche.

Omografi: stessa grafia, pronuncia diversa

Gli omografi sono parole che si scrivono allo stesso modo, ma si pronunciano diversamente e hanno significati differenti. Per individuare la differenza, nella scrittura si ricorre talvolta all’accento grafico, che può segnalare la posizione dell’accento tonico o il grado di apertura della vocale.

Uno dei casi più frequenti riguarda le vocali e e o, che possono essere:

  • aperte: è [ε], ò [ɔ]

  • chiuse: é [e], ó [o]

Ecco alcuni esempi:

  • vènti (“plurale di vento”) / vénti (“numero 20”)

  • bòtte (“percosse”) / bótte (“contenitore di legno”)

Altre coppie si distinguono per la diversa posizione dell’accento tonico:

  • prìncipi (plurale di principe) vs. princìpi (plurale di principio)

  • àncora (oggetto nautico) vs. ancóra (avverbio)

Le vocali a, i e u accentate usano sempre l’accento grave (à, ì, ù), indipendentemente dall’apertura.

L’accento circonflesso: un uso ormai desueto

Un tempo era più comune l’impiego dell’accento circonflesso (^), oggi praticamente scomparso, se non in contesti eruditi o antiche edizioni. Veniva utilizzato per distinguere forme rare:

  • subîto (verbo subire) vs. subito (avverbio)

Oppure per indicare il plurale dei nomi in -io:

  • conservatorî (plurale di conservatorio)

  • conservatori (plurale di conservatore)

Oggi si preferisce usare l’accento sulla vocale tonica, per esempio:

  • conservatòri / conservatóri

Perché gli omonimi esistono e perché sono utili

Gli omonimi derivano dall’evoluzione storica del lessico. Parole di origini diverse possono confluire nella stessa forma fonetica, oppure una forma può assumere nuovi significati nel tempo (polisemia). Questi processi non impoveriscono la lingua: al contrario, la arricchiscono, offrendo flessibilità espressiva e spesso un ventaglio di significati figurati.

In comunicazione reale, poi, gli omonimi raramente creano confusione: il contesto linguistico, situazionale e pragmatico permette di interpretare correttamente quasi ogni occorrenza.

Il sistema degli omonimi – totali, omofoni e omografi – dimostra quanto l’italiano sia una lingua stratificata, complessa e dinamica. Le parole uguali nella forma non sono mai tali nel significato: dietro ogni coincidenza grafica o fonetica si nasconde una storia, un’origine, un uso specifico che la rende unica. L’attento uso degli accenti, la consapevolezza della fonetica e la sensibilità al contesto sono strumenti preziosi per muoversi con sicurezza in questo affascinante territorio della lingua italiana.

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