Lingua italiana: “non lo so” o “non so”, qual è corretto?

5 Giugno 2025

Scopriamo tramite la lettura di questo articolo se secondo le norme della lingua italiana ci sono differenze nelle forme "non so" e "non lo so".

Lingua italiana non lo so o non so, qual è corretto

La lingua italiana, nella sua ricchezza espressiva e varietà d’uso, ci offre spesso varianti che, pur essendo simili nel significato, rivelano differenze sottili ma interessanti sotto il profilo grammaticale, stilistico e pragmatico. Un esempio emblematico è la coppia formata da “non so” e “non lo so”, due espressioni usatissime nel parlato quotidiano che apparentemente significano la stessa cosa: esprimere ignoranza o assenza di conoscenza rispetto a qualcosa. Tuttavia, un’analisi più attenta mostra che le due formule non sono del tutto equivalenti, e che la scelta dell’una o dell’altra può dipendere da contesti sintattici, abitudini regionali, livelli di formalità e inflessioni stilistiche.

Il significato comune nella lingua italiana

Sia “non so” sia “non lo so” indicano, in senso generale, che il parlante non è a conoscenza di una determinata informazione. La differenza evidente è la presenza del pronome oggetto “lo” nella seconda espressione. Questa particella riprende o anticipa un complemento oggetto, espresso o sottinteso, che rappresenta “ciò che non si sa”.

Esempio 1:
– Che ora è?
– Non lo so.

Esempio 2:
– Che cosa significa “metafisico”?
– Non so.

Nel primo caso, “lo” sostituisce l’informazione chiesta (“che ora è?”). Nel secondo, invece, “non so” è più generico e risulta comunque comprensibile, anche se sintatticamente incompleto. Questo dimostra come l’uso del pronome oggetto sia tecnicamente richiesto in un italiano più rigoroso, ma non sempre ritenuto necessario nella lingua parlata.

La grammatica: sintassi e omissione del pronome

Dal punto di vista grammaticale, il verbo “sapere” in italiano può essere sia transitivo sia intransitivo. Quando è usato in senso assoluto, senza complemento oggetto, si può dire semplicemente “non so”, come in:
– Non so che fare.
– Non so se verrò.

In questi esempi, “sapere” regge una proposizione oggettiva. Tuttavia, se si intende rispondere a una domanda diretta con funzione di oggetto (“Chi è?”, “Cosa significa?”, “Quando parte il treno?”), la risposta “non so” è tecnicamente incompleta, anche se accettabile. Il pronome “lo” supplisce a questa mancanza, e rende la frase formalmente più precisa:
– “Chi è quello?”
– “Non lo so.”

Dunque, dire “non lo so” è grammaticalmente più corretto quando ci si riferisce a un complemento oggetto sottinteso o precedente. Tuttavia, la lingua parlata, specie in contesti informali, tende a semplificare e omettere ciò che risulta implicito. Questo spiega la grande diffusione di “non so”, specialmente nei dialoghi spontanei.

L’aspetto regionale e sociolinguistico

Un altro aspetto interessante riguarda la variabilità geografica. In molte regioni italiane, la forma “non so” è molto più comune e considerata del tutto naturale. In altri contesti, soprattutto nel centro e nel nord Italia, si tende a essere più inclini a usare “non lo so”, anche nella lingua parlata. Questa variabilità non ha nulla di “sbagliato”, ma riflette le naturali sfumature dell’italiano parlato nelle diverse aree del paese.

Dal punto di vista sociolinguistico, è possibile osservare che “non lo so” può suonare leggermente più formale, più attento alla struttura sintattica. “Non so” è spesso più frequente in contesti colloquiali, familiari o emotivamente carichi, dove il bisogno di rapidità comunicativa prevale sulla precisione grammaticale.

Esempio 3:
– Ma allora, vieni o no?
– Non so! (espressione emotiva, rapida, colloquiale)

Esempio 4:
– Sai dove si trova l’ufficio postale?
– No, non lo so. (risposta completa, informativa)

Sul piano retorico ed espressivo, “non so” può assumere anche un valore sospensivo o dubitativo, come a voler suggerire uno stato di incertezza interiore più che una vera e propria ignoranza. È un modo per interrompere un discorso, per prendere tempo o per evitare una risposta diretta. In questo caso, la versione “non lo so” risulterebbe troppo netta e definitiva.

Esempio 5:
– Hai deciso se partire?
– Non so… (forse sì, forse no: incertezza, esitazione)

Invece, “non lo so” tende a chiudere la comunicazione sull’informazione: è una dichiarazione di fatto, non un’apertura al dubbio.

L’influenza dei media

Nella comunicazione politica o mediatica, dove ogni parola è calibrata, si nota una maggiore inclinazione verso “non lo so”, proprio per la sua completezza formale e la sua chiarezza. Un leader politico che rispondesse semplicemente con “non so” a una domanda precisa rischierebbe di apparire incerto, evasivo, o poco competente. Dire “non lo so” restituisce un’idea di trasparenza: “sto ammettendo che ignoro un dato, ma non perdo il controllo della situazione”.

In sintesi, “non so” e “non lo so” sono due varianti dell’italiano entrambe corrette, ma con sfumature diverse. La prima è più colloquiale, più vicina all’uso parlato e alle dinamiche emotive della comunicazione. La seconda è più precisa, più formale, e più aderente alla struttura sintattica canonica. La scelta tra le due dipende dal contesto, dal tono, dalla relazione tra i parlanti e, a volte, dalla zona geografica.

Più che sinonimi assoluti, “non so” e “non lo so” sono varianti stilistiche, che offrono al parlante la possibilità di modulare il proprio messaggio in modo più efficace. Anche in una lingua apparentemente semplice, ogni parola — o particella pronominale — contribuisce a definire l’identità del discorso. E, in fondo, anche la nostra.

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