La lingua italiana, come tutte le lingue vive, conserva regole precise ma anche oscillazioni dovute all’uso. Una di queste riguarda la costruzione della preposizione contro quando è seguita da un pronome personale: dobbiamo dire “contro te” o “contro di te”? La questione non è banale, perché riguarda la natura stessa della preposizione e la sua interazione con i pronomi. Analizzare la storia e la norma ci permette di comprendere perché una delle due forme sia considerata corretta e l’altra, benché diffusa, scivoli verso l’uso scorretto o marcato.
La funzione, nella lingua italiana, della preposizione “contro”
“Contro” è una preposizione impropria, formata a partire dall’avverbio latino contra. Esprime opposizione, ostilità, contrasto: lottare contro il male, scagliarsi contro il nemico. A differenza delle preposizioni proprie (di, a, da, in, con, su, per, tra, fra), le preposizioni improprie sono nate da altre parti del discorso (avverbi, aggettivi o participi) e hanno mantenuto maggiore autonomia semantica.
Come tutte le preposizioni, “contro” può reggere un complemento, che può essere un nome, un sintagma o un pronome. E qui nasce la differenza di comportamento.
“Contro” davanti a un nome
Quando “contro” introduce un nome, non ci sono dubbi: il nome viene preceduto direttamente.
-
Si scagliò contro il nemico.
-
Era contro la guerra.
In questi casi, l’uso è chiaro, semplice e univoco. Esiste anche una variante, oggi rara ma attestata nella tradizione, in cui “contro” è seguito da a:
-
Si scagliò contro al nemico.
Si tratta di un arcaismo, non scorretto, ma oggi percepito come antiquato e relegato a registri letterari o dialettali.
“Contro” davanti a un pronome personale
La situazione cambia radicalmente quando dopo “contro” troviamo un pronome personale forte (me, te, lui, lei, noi, voi, loro). In questi casi, la grammatica tradizionale e l’uso consolidato vogliono che “contro” sia seguito dalla preposizione di:
-
Contro di me
-
Contro di te
-
Contro di noi
-
Contro di loro
Dunque, la forma corretta non è “contro te”, ma “contro di te”.
L’inserzione della particella “di” è un fenomeno tipico in italiano: lo stesso avviene con altre preposizioni improprie, come davanti a → davanti a me / davanti a te, ma anche con locuzioni come vicino a, lungo, sopra, che possono richiedere la preposizione “di” davanti ai pronomi forti. Questo “di” funge da elemento di raccordo, necessario per la scorrevolezza fonetica e per la tradizione d’uso.
Il caso dei pronomi atoni
La regola cambia se al posto dei pronomi forti usiamo i pronomi personali atoni (mi, ti, si, gli, le, ci, vi). In questo caso, la preposizione “contro” non resta davanti al pronome, ma lo segue, collocandosi dopo il verbo.
Esempi:
-
Corse contro di te → Ti corse contro.
-
Tutti sono contro di lui → Tutti gli sono contro.
In questa costruzione, “contro” mantiene il suo valore preposizionale, ma il pronome atono si inserisce prima del verbo, dando luogo a una frase più naturale e scorrevole.
L’uso di “contro te”: errore o licenza?
Ma allora, perché si sente e si legge spesso “contro te”? In parte, si tratta di un fenomeno di semplificazione: l’italiano contemporaneo tende a ridurre le particelle percepite come superflue, e la piccola parola “di” può sembrare opzionale. Alcuni parlanti, specialmente nel linguaggio colloquiale, eliminano la preposizione, dando origine a forme come contro te, contro me, contro noi.
Tuttavia, questa semplificazione non è sostenuta dalla norma grammaticale. Le grammatiche scolastiche e i dizionari dell’uso raccomandano sempre la forma con “di”. Dire “contro te” è dunque percepito come scorretto o, nel migliore dei casi, come colloquialismo trascurato.
Va ricordato che in altri casi l’uso di “di” davanti ai pronomi è percepito come facoltativo o in regressione: ad esempio, si può dire sia davanti a me sia dinanzi a me, senza dover aggiungere di. Ma con “contro”, la presenza di “di” resta obbligatoria.
Tradizione letteraria e usi moderni
Nella letteratura italiana, troviamo costantemente l’uso di “contro di + pronome”. La stabilità di questa forma conferma che la norma non è una fissazione artificiale dei grammatici, ma corrisponde a una prassi storica.
Nell’italiano contemporaneo, l’uso scritto (giornali, testi accademici, manuali) mantiene con rigore la forma corretta. È soprattutto nel parlato, in contesti informali, che si sente talvolta l’abbreviazione “contro te”. Ma questa resta marginale e stigmatizzata.
Una regola semplice da ricordare
Possiamo dunque riassumere la regola in modo chiaro:
-
Davanti a un nome: contro il nemico.
-
Davanti a un pronome personale forte: contro di te.
-
Con i pronomi atoni: la costruzione si sposta dopo il verbo (ti corse contro).
“Contro te” è una scorciatoia colloquiale, non accettata nella lingua standard.