Lingua italiana: il genere dell’Etna è maschile o femminile?

16 Agosto 2025

Scopriamo tramite questo articolo se L'Etna, il vulcano attivo più alto d'Europa, per la lingua italiana appartenga al genere maschile o al femminile.

Lingua italiana: il genere dell'Etna è maschile o femminile?

L’uso del genere della parola “Etna” nella lingua italiana è un caso affascinante di oscillazione tra maschile e femminile, in cui la storia linguistica, le tradizioni locali e la percezione del parlante si intrecciano. A differenza di molti altri nomi, che presentano un genere grammaticale stabile e normativamente accettato, “Etna” non ha mai avuto un genere sicuro e condiviso. Questo rende la questione particolarmente interessante, perché ci mostra come la lingua possa adattarsi alla cultura e alla sensibilità di chi la parla.

Lingua italiana: origini del nome e prime attribuzioni di genere

Il nome “Etna” ha origini greche e indica il più alto vulcano attivo d’Europa, situato nella Sicilia orientale. In epoca medievale, però, la denominazione più diffusa non era “Etna”, ma Mongibello. Questo toponimo deriva dalla combinazione di due termini che significano entrambi “monte”: il latino mons e l’arabo gebel. Un esempio tipico di tautologia toponimica — in questo caso addirittura duplice — che si traduceva nell’espressione “il monte Mongibello”.

L’uso di “Mongibello” portava naturalmente il genere maschile, poiché si basava sulla parola “monte”, che in italiano è maschile. Questo orientamento iniziale, quindi, vedeva il vulcano associato a un genere grammaticale coerente con il suo denotato principale.

Il femminile nella tradizione siciliana

La situazione cambia quando si osserva l’uso nella tradizione popolare della Sicilia orientale. Qui l’Etna viene chiamata, con affetto e rispetto, “A Muntagna”. In questo caso, la parola “montagna” è femminile, e di conseguenza anche il toponimo viene percepito come tale. Non si tratta soltanto di un’abitudine linguistica, ma di un elemento identitario: per molti siciliani, soprattutto i catanesi, il vulcano è quasi una figura familiare, tanto da essere celebrato in espressioni come “Mamma Etna”.

Questo femminile popolare è rafforzato anche da un altro fattore: la terminazione in -a della parola “Etna”. In italiano, la stragrande maggioranza delle parole che terminano con questa vocale è femminile. Secondo l’analisi di Salvatore Claudio Sgroi (Per una grammatica “laica”, Torino, Utet 2010, p. 224), l’86,8% dei nomi in -a riportati nel Dizionario della lingua italiana di Tullio De Mauro è femminile. È quindi naturale che molti parlanti, anche al di fuori della Sicilia, associno “Etna” a un genere femminile quasi “automatico”.

Il criterio del denotato e l’oscillazione tra generi

In linguistica, quando si tratta di nomi di luogo, il genere grammaticale viene spesso determinato dal denotato generico che il toponimo rappresenta. Nel caso dell’Etna, se lo identifichiamo come “monte” o “vulcano”, l’uso corretto sarebbe maschile: l’Etna è alto, l’Etna è attivo. Se invece lo intendiamo come “montagna”, l’uso sarà femminile: l’Etna è imponente, l’Etna è pericolosa.

Questa oscillazione è talmente radicata che, di fatto, entrambi i generi convivono senza che la grammatica italiana imponga una scelta obbligata. In altre parole, si tratta di una di quelle rare situazioni in cui la lingua ammette una flessibilità totale.

Le prove d’uso sul web

Una ricerca tra le pagine di Google conferma questa alternanza. Frasi come “l’Etna è piena di neve” risultano leggermente più frequenti (10 occorrenze) rispetto a “l’Etna è pieno di neve” (1 occorrenza), ma la differenza non è netta. Con aggettivi come pericolosa/o (5 femminili contro 8 maschili) o bellissima/o (7 femminili contro 10 maschili), la distribuzione è ancora più equilibrata.

Tuttavia, quando si utilizza un aggettivo fortemente legato al concetto di “vulcano”, come attivo/attiva, il maschile prevale nettamente: “l’Etna è attivo” conta oltre 1.100 risultati, mentre “l’Etna è attiva” appena 4. Questo dimostra che la scelta del genere può dipendere dal contesto e dal tipo di informazione che si vuole comunicare.

Il punto di vista culturale e identitario

Nonostante l’oscillazione, per molti siciliani il femminile resta la forma “naturale” perché legato a un rapporto affettivo con il vulcano. L’uso di A Muntagna e l’espressione “Mamma Etna” sono più che semplici varianti linguistiche: rappresentano una personalizzazione del paesaggio, in cui il vulcano diventa una figura protettiva e materna, pur nella sua potenza distruttiva.

D’altra parte, il maschile trova una giustificazione logica quando il riferimento è più tecnico o geografico, soprattutto nei testi scientifici, dove il vulcano viene trattato come un “monte” o un “sistema vulcanico” e non come un’entità personificata.

In definitiva, “Etna” è uno di quei rari casi in cui la lingua italiana offre una libertà reale: sia il maschile sia il femminile sono accettabili, e la scelta dipende più dal contesto, dall’intenzione comunicativa e dalla sensibilità del parlante che da una norma rigida.
Il maschile trova fondamento nel significato originario di “monte” o “vulcano” e nell’uso storico di “Mongibello”; il femminile si appoggia alla tradizione siciliana di A Muntagna, alla terminazione in -a e al valore affettivo del vulcano come simbolo identitario.

Così, parlare dell’Etna diventa anche un esercizio di consapevolezza linguistica: ogni volta che scegliamo un genere, scegliamo implicitamente anche una prospettiva culturale, storica e personale sul vulcano che domina la Sicilia orientale.

Per saperne di più ecco un articolo redatto dall’Accademia della Crusca: Il genere dell’Etna.

© Riproduzione Riservata