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Lingua italiana: “eguale” o “uguale” quale è più corretto?

Scopriamo tramite questo articolo quale delle due varianti della lingua italiana tra "eguale" o "uguale" sia più corretta, se reale differenza c'è.

La lingua italiana, come ogni lingua viva, è soggetta a trasformazioni nel tempo e presenta varianti lessicali che spesso generano dubbi sulla loro correttezza e preferibilità. Tra questi casi rientrano i termini “uguale” ed “eguale”, che pur essendo sinonimi presentano alcune differenze nell’uso e nella frequenza.

Lingua italiana: origini e sviluppo delle due varianti

Entrambi i termini derivano dal latino “aequalis”, che significa “piano, uniforme, uguale”. Nel corso dell’evoluzione della lingua italiana, questa parola ha generato due forme principali: “eguale”, che mantiene un maggiore legame con la forma latina, e “uguale”, che si è affermata per effetto della trasformazione fonetica avvenuta nel passaggio dal latino al volgare, con l’influenza della “u” presente nella radice di “aequus”.

Dalle prime attestazioni documentate, entrambe le forme sono state usate con una certa alternanza. Ad esempio, nella Divina Commedia, Dante Alighieri preferisce la variante “iguale” (una forma arcaica di “uguale”). Tuttavia, dal XIII secolo in poi, le due varianti si sono affermate parallelamente, senza che una fosse considerata formalmente più corretta dell’altra.

Uso contemporaneo: preferenze e contesti

Nei dizionari moderni, “eguale” è generalmente indicato come variante di “uguale”, che è la forma più comune. Questa tendenza si è consolidata soprattutto nel XX secolo. Per esempio, lo Zingarelli 1994 e il Palazzi-Folena 1991 rimandano da “eguale” a “uguale” senza alcuna distinzione d’uso, mentre il Vocabolario Treccani online specifica che “eguale” è meno comune rispetto a “uguale”.

L’uso di “eguale” è ancora diffuso in contesti più formali e nel linguaggio giuridico o filosofico, mentre “uguale” è impiegato più frequentemente nel parlato e nella lingua quotidiana. Per esempio:

Diritto e filosofia: “L’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge”

Matematica: “Due numeri uguali danno somma doppia”

Uso quotidiano: “Questi due vestiti sono uguali”

Si osserva inoltre che la radice “egu-” è rimasta preferita in alcuni derivati come “eguaglianza”, “eguagliare” e “eguagliamento”, benché anche qui esistano le varianti con “ug-“.

Differenze di sfumatura

Dal punto di vista semantico, le due forme sono interscambiabili nella maggior parte dei contesti. Tuttavia, si potrebbe sostenere che “eguale” mantenga un tono più formale e ricercato, mentre “uguale” sia più immediato e diffuso. Questa distinzione è stata suggerita già nell’Ottocento da alcuni linguisti, come Tommaseo e Bellini, i quali ipotizzavano che “uguale” fosse più adatto per cose materiali (“un filo uguale all’altro”), mentre “eguale” per concetti astratti (“l’eguaglianza dei diritti”). Oggi, questa distinzione non è più rigida, ma può ancora riflettersi in certe preferenze d’uso.

Quale forma scegliere?

Dal punto di vista normativo, non esiste una regola che imponga l’uso di una forma rispetto all’altra. Entrambe sono corrette e accettate. Tuttavia, chi scrive dovrebbe considerare il contesto comunicativo:

Per il parlato e la scrittura quotidiana: “uguale” è la forma più naturale e diffusa.

Per il linguaggio giuridico, filosofico o solenne: “eguale” può essere preferibile, specie in espressioni come “l’eguaglianza sociale”.

In definitiva, la scelta tra “uguale” ed “eguale” dipende principalmente dall’uso consolidato e dal registro linguistico, più che da una regola fissa. Chiunque scriva può quindi orientarsi secondo il contesto e lo stile desiderato, senza timore di errore. In ogni caso, per saperne di più riportiamo a questo articolo redatto dall’Accademia della Crusca: Uguale o eguale.

 

Lingua italiana: mirabilia su mirabilia

La presenza di varianti lessicali come “uguale” ed “eguale” dimostra la ricchezza della lingua italiana, che nel corso della sua evoluzione ha saputo mantenere e adattare parole con sfumature diverse senza perdere chiarezza ed efficacia comunicativa. Questa varietà permette di scegliere il termine più adatto a seconda del contesto, arricchendo l’espressione linguistica e rendendo l’italiano una lingua di straordinaria versatilità. Il confronto tra forme antiche e moderne, tra usi letterari e quotidiani, testimonia la vitalità dell’italiano e la sua capacità di evolversi senza perdere il legame con le radici storiche.

 

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