Lingua italiana e vacanze: cos’è la “schiscetta”?

2 Agosto 2025

Tanto utile, in certi casi salvifica, la schiscetta, oggetto sempre più utilizzato, ma, a cosa si riferisce questa parola entrata ormai nella lingua italiana.

Lingua italiana e vacanze: cos'è la "schiscetta"?

Tra le parole del lessico dell’italiano regionale che hanno saputo ritagliarsi un posto nella lingua italiana, “schiscetta” è una delle più emblematiche. Questo termine, che affonda le sue radici nella parlata milanese, non è solo il nome di un oggetto d’uso quotidiano — il contenitore portavivande — ma è anche il simbolo di un’epoca, di un modo di vivere il lavoro, la pausa pranzo, e persino le vacanze.

Origine, significato e utilizzo nella lingua italiana

Il termine “schiscetta” deriva dal verbo dialettale milanese schiscià, che significa “schiacciare”. L’etimologia rimanda direttamente al gesto pratico di comprimere il cibo all’interno di un contenitore, che doveva essere compatto, trasportabile e, preferibilmente, a prova di fuoriuscite. In Lombardia — e in misura minore anche in Liguria — la “schiscetta” è da decenni sinonimo di pranzo portato da casa: un frutto, un panino, un piatto da riscaldare, uno yogurt, una pietanza cucinata la sera prima.

Al di fuori della Lombardia, lo stesso oggetto prende altri nomi: barachin in Piemonte, gavetta o gamella in Veneto, e “porta-pranzo” o “lunchbox” nel resto d’Italia. Ma solo la schiscetta ha saputo incarnare un’intera cultura popolare, intrecciando economia domestica, spirito operaio e — sorprendentemente — anche design industriale.

Dal tram all’innovazione: la nascita di “La 2000”

L’evoluzione della schiscetta da semplice contenitore a oggetto di design ha una data e un luogo precisi. Siamo nel 1952, a bordo di un tram che collega Nova Milanese a Milano. Renato Caimi, industriale, assiste a una scena memorabile: una gavetta si rovescia da una cappelliera e finisce sul cappello di un distinto signore. È in quel momento che Caimi ha un’intuizione geniale: una gavetta con chiusura ermetica.

Nasce così “La 2000”, il primo modello di schiscetta pensato specificamente per operai e studenti. Prodotta dalla Pentolux e successivamente dalla Caimi Brevetti, “La 2000” è diventata un oggetto cult del boom economico italiano, simbolo di una nuova modernità e di una società in trasformazione. Così funzionale da essere esposta ancora oggi al Museo del Design della Triennale presso la Villa Reale di Monza.

La schiscetta e la memoria del lavoro

Nel gennaio 2018, Assolombarda ha celebrato la schiscetta come icona del lavoro e dell’ingegno industriale lombardo. E nel luglio 2021, in occasione del ventennale dell’associazione Museimpresa, una schiscetta originale del 1952 è stata donata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnata da queste parole: “Simbolo del lavoro, dell’impegno di uomini e donne nella rinascita postbellica, oggetto della memoria che, scandendo un momento della giornata, quello dedicato al pasto in fabbrica, racconta quel fare impresa che fin da allora è innovazione, creatività e inclusione sociale”.

La schiscetta, insomma, è più di un contenitore. È un piccolo monumento alla dignità del lavoro, alla cura delle madri che preparavano il pranzo per i figli operai, alla parsimonia intelligente di chi sapeva unire bisogno e rispetto, fame e attenzione per la qualità.

La schiscetta oggi: tra nostalgia e funzionalità

Negli ultimi anni, la schiscetta è tornata d’attualità. Complice il cambiamento negli stili di vita e la riscoperta del meal prep (preparazione anticipata dei pasti), molte persone scelgono di portarsi il pranzo da casa, sia per motivi economici sia per mangiare in modo più sano. Le aziende producono oggi contenitori ispirati alla schiscetta originale, ma realizzati in materiali moderni come acciaio inox, plastica BPA free o vetro temperato.

Durante le vacanze, la schiscetta diventa utilissima per escursioni, viaggi in treno o in auto, gite in montagna o giornate in spiaggia. È il modo migliore per evitare panini costosi e poco nutrienti, e per trasportare pietanze casalinghe preparate con amore. Anche nelle pause pranzo all’aria aperta, nei picnic urbani o nei lunghi viaggi in treno, la schiscetta accompagna chi vuole sentirsi a casa anche lontano da casa.

Un oggetto salvifico

La schiscetta racchiude anche una forma di intimità: il cibo portato da casa racconta chi siamo, da dove veniamo, i nostri gusti, le nostre abitudini. In un tempo in cui si parla molto di sostenibilità, la schiscetta è anche un’alternativa ecologica al take-away, riduce l’uso della plastica e ci restituisce il controllo sul nostro tempo e sul nostro corpo.

Dal dialetto milanese alle tavole degli operai, dai tram degli anni Cinquanta ai pranzi all’ombra di una pineta in estate, la schiscetta continua a rappresentare una filosofia di vita sobria, affettiva e concreta. È una parola che racconta storie di famiglia, lavoro, ingegno e identità. E se oggi ci sembra solo un oggetto pratico, è bene ricordare che dietro a ogni schiscetta c’è un gesto d’amore, una tradizione che si rinnova e un pezzo di Italia che si porta a tavola.

© Riproduzione Riservata