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Lingua italiana: è corretto dire e scrivere “Sconcentrato”?

Scopriamo se nella lingua italiana e nella sua rispettiva grammatica è contemplato l'utilizzo del verbo "Scontrentrare" con le sue declinazioni.

La lingua italiana, come ogni lingua viva, è in continua evoluzione. Tra i fenomeni linguistici più interessanti vi è l’emergere di neologismi e di parole che, pur non riconosciute ufficialmente dai dizionari, si diffondono nell’uso comune. Uno dei termini che negli ultimi anni ha suscitato numerose perplessità è “sconcentrati” (e il relativo verbo “sconcentrare”), utilizzato con il significato di “distratti, privi di concentrazione”. Questo termine si pone in contrasto con la forma “deconcentrati”, che invece è registrata nei principali vocabolari dell’uso. La questione diventa ancora più interessante se si considera che “sconcentrare” non è un’invenzione recente, ma ha una storia che affonda le radici nel Novecento.

La diffusione ufficiosa di “Sconcentrati” nella lingua italiana

La crescente diffusione di “sconcentrati” e “sconcentrare” ha generato dubbi sulla loro correttezza, soprattutto perché nessuno dei principali dizionari italiani le registra. Solo il Vocabolario Treccani dei Sinonimi e Contrari menziona “sconcentrare” come sinonimo di “svagare”, accostandolo a “deconcentrare”, “distogliere” e “distrarre”. Anche il GRADIT di De Mauro riporta l’aggettivo “sconcentrato” con il significato di “distratto”, datandone l’uso almeno agli anni Sessanta.

Tuttavia, l’assenza nei dizionari normativi suggerisce che “sconcentrare” sia percepito come una variante popolare e non formale. La preferenza per “deconcentrare” potrebbe derivare dal fatto che il prefisso “de-” è percepito come più tecnico e adatto a contesti formali, mentre “s-” ha connotazioni più colloquiali e ambigue, potendo assumere anche significati intensivi, peggiorativi o reversativi.

La storia di “Sconcentrare” e “Deconcentrare”

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, “sconcentrare” non è un’invenzione recente. Il termine appare in testi italiani già nella seconda metà dell’Ottocento, con un primo esempio nel 1850 nel “Giornale veneto di scienze mediche”, in cui viene usato con il significato di “distogliere l’attenzione”. Successivamente, nel 1889, Neera lo utilizza nel romanzo “Un nido” e nel 1920 Paolo Buzzi in “Il bel cadavere”.

Il primo uso documentato di “sconcentrato” con il significato moderno di “distratto” risale invece al 1930, in un articolo sportivo pubblicato su “La Stampa”. Tuttavia, la variante “deconcentrato” inizia a imporsi solo a partire dagli anni Sessanta. La sua prima attestazione, infatti, risale al 1966, sempre in un contesto sportivo, dove si parla della perdita di concentrazione di una squadra di calcio.

È plausibile che “sconcentrare” fosse la prima forma coniata, ma che sia stata progressivamente soppiantata da “deconcentrare”, percepita come più corretta e tecnica. Infatti, “deconcentrare” è stato rapidamente accolto nei principali dizionari, mentre “sconcentrare” è rimasto ai margini dell’uso formale.

Perché “Deconcentrare” è preferito?

La prevalenza di “deconcentrare” può essere attribuita a diverse ragioni:

Maggiore formalità del prefisso “de-“: Come osservato dai linguisti, le formazioni verbali con “de-” sono spesso percepite come più elevate o tecniche rispetto a quelle con “s-“. Questo è evidente anche in coppie come “decolorare/scolorare” e “decongelare/scongelare”.

Ambiguità del prefisso “s-“: “S-” può avere molteplici significati, tra cui intensificazione e reversibilità, rendendo “sconcentrare” meno preciso.

Accoglimento nei dizionari: “Deconcentrare” è stato rapidamente inserito nei vocabolari a partire dagli anni Settanta, consolidandone l’uso normativo.

L’uso di “Sconcentrati” Oggi

Nonostante la preferenza per “deconcentrati”, “sconcentrati” non è scomparso del tutto. Le sue occorrenze si trovano soprattutto nel linguaggio sportivo e in contesti informali. Tuttavia, quando utilizzato in ambiti più elevati o accademici, può essere oggetto di critiche e derisioni. Ad esempio, un articolo di “Repubblica” del 2007 ironizzava sul suo uso nel mondo del calcio, sottolineando come fosse tipico di un linguaggio poco sorvegliato.

L’uso di “sconcentrare” è talmente raro nei media e nei testi scritti da risultare marginale rispetto a “deconcentrare”. I pochi casi in cui compare sono spesso oggetto di ironia, come dimostrano le reazioni alla canzone “Anche fragile” di Elisa, dove il termine “sconcentrata” è stato considerato un errore di registro.

Un caso di evoluzione linguistica

Il caso di “sconcentrati” è emblematico del modo in cui le lingue evolvono e selezionano le forme più adatte all’uso. Pur essendo una parola strutturalmente corretta e con attestazioni storiche, “sconcentrare” è stato progressivamente sostituito da “deconcentrare”, che si è imposto come termine standard. Tuttavia, la sua diffusione nell’uso comune suggerisce che la lingua parlata segue logiche diverse da quelle normative, privilegiando spesso la semplicità e l’immediatezza.

In definitiva, “sconcentrati” non è errato in senso assoluto, ma è percepito come una variante colloquiale e meno accettata nei contesti formali. La sua storia dimostra come la lingua italiana sia un organismo dinamico, in cui le parole possono emergere, affermarsi, essere sostituite o, talvolta, tornare in uso. Chiunque scelga di utilizzare “sconcentrati” dovrebbe essere consapevole della sua connotazione informale e dell’alternativa più riconosciuta che è “deconcentrati”. Solo il tempo dirà se questa parola riuscirà a guadagnarsi un posto stabile nella lingua italiana o se resterà un curioso esempio di variabilità linguistica. In ogni caso, per saperne di più rimandiamo all’ottimo articolo redatto dall’Accademia della Crusca: Si può essere sconcentrati?

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