Lingua italiana: la differenza tra “braccia” e “bracci”

17 Agosto 2025

Scopriamo tramite questo articolo quale è la differenza tra i due plurali "braccia" e "bracci" vedendo come nella lingua italiana esistono plurali doppi.

Lingua italiana: la differenza tra "braccia" e "bracci"

La lingua italiana, con la sua ricchezza e le sue sfumature, offre casi interessanti in cui una stessa parola presenta plurali diversi, ciascuno con significati distinti. Uno degli esempi più noti e curiosi è proprio quello di braccio, che può diventare al plurale braccia oppure bracci, a seconda del contesto e dell’accezione. Questa biforcazione morfologica non è casuale: deriva da ragioni storiche, semantiche e d’uso, che hanno stratificato la parola su più piani di significato.

Origine e uso nella lingua italiana della parola “braccio”

Il termine braccio ha origini latine: deriva da bracchium, che indicava l’arto superiore dell’uomo, ma anche oggetti o parti di oggetti simili a un braccio per forma o funzione. Questa duplicità di significato era già presente in latino e, passando nell’italiano, ha mantenuto una doppia traiettoria d’uso.

Col tempo, l’italiano ha sviluppato due plurali distinti:

  • braccia (plurale femminile irregolare), legato principalmente al corpo umano e ad alcune unità di misura;

  • bracci (plurale regolare maschile), legato agli usi figurati e agli oggetti che ricordano un braccio per forma o disposizione.

“Braccia”: il plurale dell’umanità e delle misure antiche

L’uso di braccia si concentra in due ambiti principali.

1. Riferimento agli arti superiori del corpo umano
Qui braccia è il plurale naturale di braccio inteso come parte anatomica. È l’uso più immediato e riconoscibile, valido sia in senso concreto sia in senso figurato:

  • allungare le braccia (gesto fisico di distensione);

  • portare qualcuno a braccia (sollevandolo e trasportandolo);

  • braccia rubate all’agricoltura (metafora ironica per indicare manodopera sprecata in altri campi).

Il passaggio al genere femminile al plurale (braccia invece di bracci) risponde a una tendenza linguistica antica dell’italiano: molte parti del corpo che sono in coppia o in numero limitato hanno plurali femminili irregolari (dito → dita, osso → ossa, muro → mura), una traccia della flessione latina neutra che in italiano si è evoluta in forme femminili.

2. Unità di misura tradizionale e uso marittimo
In epoca pre-metrica, braccio era anche un’unità di lunghezza, variabile da regione a regione. Per questo significato si usava il plurale braccia, come testimonia Niccolò Machiavelli in Dell’arte della guerra:

«Vorrei restasse uno spazio, dagli alloggiamenti al fosso, di cento braccia intorno intorno.»

Oggi questo uso sopravvive quasi esclusivamente in ambito nautico, dove braccia indica la profondità marina:

  • a centocinquanta braccia di profondità.

In entrambi questi casi — anatomico e metrico — braccia conserva un valore collettivo e unitario: non indica elementi separati in senso tecnico, ma un insieme percepito come parte di un tutto (il corpo, una misura convenzionale).

“Bracci”: il plurale tecnico e strutturale

Il plurale bracci, invece, ha un campo d’uso completamente diverso. Si utilizza quando braccio non indica un arto umano, ma una parte di un oggetto o una struttura che si protende, simile a un braccio per forma o funzione.

Esempi:

  • i bracci della croce (nelle chiese, riferito alle navate laterali);

  • un candelabro a sei bracci (ognuno dei sostegni per le candele);

  • i bracci di un edificio (ali laterali di una costruzione);

  • i bracci di una gru o di una leva (componenti meccanici).

In questi casi, il termine mantiene il genere maschile e il plurale regolare (-i). Il motivo è che il significato non rimanda al corpo umano o a un’unità collettiva, ma a elementi distinti di una struttura, contabili e numerabili singolarmente.

Una distinzione semantica che guida l’uso

La coesistenza di braccia e bracci non è quindi una questione arbitraria: è il risultato di un processo semantico che differenzia il plurale in base al significato.

  • Braccia → corporeo, figurato, unità di misura.
    Plurale femminile, legato all’idea di un insieme organico o di un’entità percepita come unica.

  • Bracci → tecnico, strutturale, oggetti e parti di oggetti.
    Plurale maschile, legato a elementi separati e distinti.

Questa distinzione, radicata nella tradizione linguistica, permette di evitare ambiguità e di mantenere precisione nell’espressione.

Plurali doppi: un fenomeno più ampio

Il caso di braccia/bracci non è isolato. La lingua italiana conosce altri sostantivi con plurali doppi e differenziati nel significato:

  • corno → corni (strumenti musicali) / corna (animali o in senso figurato: tradimento);

  • muro → muri (elementi edilizi) / mura (cinta muraria);

  • osso → ossi (resti isolati) / ossa (scheletro).

In tutti questi esempi, la scelta del plurale non è solo grammaticale ma semantica, e spesso risale a distinzioni antiche della lingua.

Braccia e bracci sono un esempio affascinante di come l’italiano sappia modulare la forma per affinare il significato. Usare l’uno o l’altro plurale non è questione di stile, ma di precisione: dire i bracci della croce e non le braccia della croce non è un capriccio grammaticale, ma un modo per indicare chiaramente che si parla di parti strutturali e non di arti umani.

La ricchezza di questa distinzione ci ricorda che ogni parola porta con sé una storia fatta di usi, trasformazioni e adattamenti. E che, spesso, dietro una semplice desinenza, si nasconde un’intera geografia di significati.

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