Lingua italiana: cosa sono gli eteronimi e gli pseudonimi?

10 Luglio 2025

Scopriamo tramite questo articolo cosa si intende quando troviamo le parole della lingua italiana "eteronimo" e "pseudonimo" e che ruolo hanno.

Lingua italiana cosa sono gli eteronimi e gli pseudonimi

Nel ricco lessico della lingua italiana, termini come eteronimo e pseudonimo raccontano molto più di quanto una semplice definizione possa suggerire. Entrambi rimandano alla pratica di celare o trasformare la propria identità, specialmente in ambito letterario e artistico, ma si riferiscono a dinamiche profondamente diverse nella relazione tra autore e nome utilizzato. Capire a fondo queste due parole significa entrare nel cuore di una riflessione più ampia sul ruolo dell’identità e della finzione nella creazione artistica.

Lingua italiana: eteronimi e pseudonimi

Partiamo dalle definizioni fornite dai principali dizionari della lingua italiana. Il GRADIT e lo Zingarelli 2025 ci offrono un primo orientamento: il termine pseudonimo, attestato almeno dal 1719, indica semplicemente un nome fittizio sotto cui un autore pubblica le proprie opere. È il caso di Carlo Lorenzini, noto al pubblico come Collodi, autore de Le avventure di Pinocchio. Il fine dell’uso di uno pseudonimo può essere pratico, estetico, strategico o ideologico: proteggere la propria privacy, evitare persecuzioni, distinguere diverse fasi o generi della propria produzione, o ancora costruire una figura pubblica coerente con il contenuto dell’opera.

Eteronimo, invece, è un termine più recente, entrato nell’uso italiano attorno al 1956, ma con un significato più complesso e sfaccettato. Nella sua accezione letteraria, eteronimo non indica solo un nome diverso, ma una vera e propria identità distinta da quella dell’autore reale. Un eteronimo possiede una sua biografia, un carattere specifico, una visione del mondo e persino uno stile di scrittura autonomo. In altre parole, mentre lo pseudonimo è un semplice mascheramento del nome, l’eteronimo è un altro sé, spesso con tratti psicologici, filosofici e linguistici completamente differenti.

Il più celebre esempio di eteronimia è offerto dal poeta portoghese Fernando Pessoa, che non solo scrisse sotto numerosi nomi, ma creò per ciascuno dei suoi eteronimi – Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro e Bernardo Soares – un intero universo, con poetiche divergenti e storie personali ben delineate. L’eteronimia di Pessoa va quindi ben oltre la dissimulazione: rappresenta un modo di abitare più identità contemporaneamente, di sperimentare diversi modi di pensare e di sentire il mondo attraverso voci autonome.

Lo Zingarelli 2025 chiarisce questo aspetto, sottolineando che l’eteronimo implica la presenza di due figure distinte di autore: una che scrive con il nome proprio, e una o più che scrivono sotto nomi diversi, ognuna delle quali assume una propria identità letteraria. Questo tipo di costruzione narrativa non si limita a modificare la firma dell’opera, ma trasforma anche lo sguardo dell’autore sul mondo e la forma stessa della scrittura.

Alcuni casi moderni, come quello di Elena Ferrante, fanno emergere interrogativi su dove si collochi il confine tra pseudonimia ed eteronimia. Se non si conosce la reale identità dell’autore/autrice, si può parlare di semplice pseudonimo, ma nel momento in cui la figura pubblica assume una fisionomia autonoma, con una storia personale (fittizia o meno), ci si avvicina all’eteronimo.

Tra i due poli di pseudonimia ed eteronimia, si collocano poi casi intermedi, come quelli di Drusilla Foer (creata e interpretata da Gianluca Gori) o di Platinette (Mauro Coruzzi). In questi esempi, il personaggio fittizio acquista un tale grado di autonomia da vivere al di fuori del semplice contesto performativo, con interviste, autobiografie immaginarie, esperienze di vita. Alcuni studiosi parlano in questi casi di “semi-eteronimi”, dove la distinzione tra autore e personaggio non è netta, ma sfumata e dinamica.

Il concetto di alter ego, infine, introduce una terza via. Meno radicale dell’eteronimo, ma più profonda dello pseudonimo, l’alter ego rappresenta un personaggio letterario o artistico che riflette aspetti dell’identità dell’autore, magari in forma sublimata o distorta. Jacopo Ortis per Foscolo o Mister Hyde per il dottor Jekyll sono alter ego nel senso più autentico: incarnazioni simboliche di un conflitto interiore o di una tensione morale.

Una scelta fatta con criterio

La scelta tra pseudonimo ed eteronimo non è mai casuale. Essa risponde a strategie comunicative, esigenze narrative o spinte intime profondissime. Come ricorda lo studioso Marco Terrusi, si tratta di diverse strategie di occultamento del nome autoriale, che possono estendersi anche alla multiautorialità, dove più persone condividono una sola identità fittizia, come nel caso della Scuola di Barbiana, che firmò Lettera a una professoressa.

In definitiva, la distinzione tra pseudonimo ed eteronimo non è soltanto una questione lessicale, ma tocca il nodo centrale della relazione tra autore, testo e lettore. Mentre lo pseudonimo cela, l’eteronimo crea. Il primo nasconde l’identità, il secondo la moltiplica. Entrambi, però, rivelano qualcosa di profondo sulla natura della scrittura: essa non è mai solo espressione di sé, ma anche invenzione di sé. Per saperne di più consigliamo la lettura dell’esaustivo articolo redatto dall’Accademia della Crusca: Eteronimi, pseudonimi e altro.

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