Lingua italiana: cosa sono l’analessi e la prolessi?

23 Dicembre 2025

Scopriamo assieme cosa sono e come vengono utilizzate nella lingua italiana queste due sfasature temporali, l'una l'opposto dell'altra.

Lingua italiana: cosa sono l'analessi e la prolessi?

Nel racconto narrativo, in questo caso in lingua italiana, il tempo non scorre quasi mai in modo lineare. Anche quando una storia sembra procedere ordinatamente dall’inizio alla fine, spesso lo fa attraverso deviazioni, salti, ritorni e anticipazioni. Due dei principali strumenti con cui la narrazione spezza la cronologia sono l’analessi e la prolessi, termini di origine greca che indicano rispettivamente il ritorno al passato e l’anticipazione del futuro. Comprendere questi concetti significa entrare nel cuore della costruzione narrativa, perché il modo in cui una storia organizza il tempo è spesso decisivo quanto ciò che racconta.

Che cos’è l’analessi

Il termine analessi deriva dal greco análysis, che significa “ripresa”, “ritorno”. In narratologia indica il procedimento con cui il racconto interrompe il presente della narrazione per tornare indietro nel tempo e raccontare eventi accaduti prima rispetto al momento narrativo principale. In termini più comuni, l’analessi corrisponde a ciò che nel linguaggio quotidiano viene chiamato flashback.

Quando un narratore introduce un’analessi, sospende il flusso degli eventi per recuperare un episodio passato che aiuta a chiarire il presente: può spiegare il comportamento di un personaggio, rivelare un trauma, fornire informazioni essenziali sul contesto o sulla storia precedente. L’analessi non è quindi un semplice ornamento, ma uno strumento funzionale alla comprensione profonda del racconto.

Un esempio tipico è quello del personaggio che, davanti a una situazione attuale, ricorda un episodio della propria infanzia. Il lettore viene trasportato indietro nel tempo e assiste a un evento che illumina il presente narrativo. In questo senso, l’analessi imita il funzionamento della memoria umana, che non segue un ordine cronologico, ma associa immagini e ricordi a partire dall’esperienza presente.

Tipi di analessi

Le analessi possono essere interne o esterne. Si parla di analessi interna quando il ritorno al passato riguarda un periodo già compreso nella linea temporale principale del racconto; è esterna, invece, quando l’episodio narrato precede l’inizio stesso della storia.

Esistono anche analessi brevi e ampie: alcune occupano poche righe o frasi, altre costituiscono interi capitoli o sezioni del testo. Nei romanzi psicologici o autobiografici, l’analessi può diventare la struttura portante della narrazione, trasformando il racconto in una continua oscillazione tra presente e passato.

Che cos’è la prolessi

Se l’analessi guarda indietro, la prolessi guarda avanti. Il termine deriva dal greco prólepsis, che significa “anticipazione”. In narratologia, la prolessi è il procedimento con cui il narratore anticipa eventi futuri, raccontando in anticipo ciò che accadrà più avanti nella storia.

La prolessi è spesso chiamata anche anticipazione o flashforward. Può assumere forme diverse: una frase che preannuncia un destino tragico, una visione del futuro, una profezia, o un commento del narratore che svela in anticipo l’esito di una vicenda. A differenza dell’analessi, che tende a spiegare, la prolessi tende a creare attesa, tensione, talvolta inquietudine.

Quando un narratore afferma, per esempio, che un personaggio “non sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta”, sta usando una prolessi. Il lettore viene messo a conoscenza di un evento futuro, ma non delle sue modalità: ciò genera curiosità e coinvolgimento.

Funzioni della prolessi

La prolessi ha una funzione fortemente strutturale ed emotiva. Anticipare un evento può rafforzare il senso di destino, di fatalità, oppure orientare l’interpretazione del lettore. In alcuni casi, la prolessi non rovina la suspense, ma la trasforma: non ci si chiede più “che cosa accadrà?”, bensì “come accadrà?”.

In molte opere classiche e moderne, la prolessi è usata per conferire alla narrazione un tono tragico o epico. Sapere in anticipo l’esito di una storia non ne diminuisce l’intensità, ma anzi la carica di significato, perché ogni gesto viene letto alla luce di ciò che verrà.

Analessi e prolessi a confronto nella lingua italiana

Analessi e prolessi sono strumenti speculari: la prima riporta il racconto all’indietro, la seconda lo proietta in avanti. Entrambe rompono la linearità temporale e richiedono un lettore attento, capace di ricostruire la sequenza degli eventi. Il loro uso rivela una concezione del tempo narrativo non come semplice successione cronologica, ma come costruzione consapevole.

Un racconto che utilizza analessi e prolessi mostra che il tempo della narrazione non coincide con il tempo della storia. Il narratore sceglie cosa raccontare, quando raccontarlo e in quale ordine, guidando la percezione del lettore.

Analessi e prolessi sono fondamentali perché permettono di dare profondità psicologica ai personaggi, complessità alla trama e densità tematica al racconto. Attraverso il passato si comprendono le motivazioni; attraverso il futuro si avverte il senso del destino o della possibilità.

In conclusione, l’analessi e la prolessi non sono semplici tecniche, ma modalità attraverso cui la narrazione riflette sul tempo, sulla memoria e sull’attesa. Ogni storia, nel momento in cui decide di tornare indietro o di guardare avanti, afferma una visione del mondo: quella di un tempo umano, frammentato, carico di significato, mai davvero lineare.

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