Latino: “lato sensu” la locuzione usata nella lingua italiana

14 Dicembre 2025

"Lato sensu" è una locuzione che dal latino è arrivata nella lingua italiana attraversando parecchi secoli ma, cosa significa?

latino: "lato sensu" la locuzione usata nella lingua italiana

La locuzione in latino “lato sensu” – spesso scritta anche, secondo l’uso accademico, in corsivo – appartiene al lessico specialistico che il mondo contemporaneo continua a ereditare dalla tradizione giuridica, filosofica e retorica dell’antichità. Nonostante il suo carattere tecnico, essa compare con frequenza in testi scientifici, saggistici e perfino giornalistici, sempre con l’intento di precisare l’estensione di un concetto. Comprenderla significa dunque comprendere un tratto profondo del modo in cui il pensiero si struttura, si definisce e si delimita.

Origine e struttura della locuzione entrata nella lingua italiana

«Lato sensu» deriva dalla combinazione di latus, participio passato del verbo fero (“portare”) ma utilizzato già in epoca classica con il significato di “ampio, vasto”, e sensus, “senso, significato”. La locuzione completa significa dunque “in senso ampio”, “nel significato più vasto”.

È una forma che ricalca perfettamente il funzionamento sintattico del latino: l’ablativo assoluto e le espressioni avverbiali formate da sostantivo più aggettivo in ablativo vengono usate per qualificare il modo in cui qualcosa deve essere interpretato. In questo caso il valore modale è dominante: «lato sensu» indica come un termine deve essere inteso.

Il suo contrario è “stricto sensu” (o «strictu sensu» in alcune attestazioni medievali), “in senso stretto”, che vincola l’interpretazione alla sua accezione più rigorosa e limitata. Le due locuzioni si collocano come poli di un asse concettuale fondamentale per il pensiero analitico.

Uso tradizionale: diritto, filosofia, teologia

Le prime discipline che adottano con sistematicità la locuzione sono il diritto romano e la teologia medievale. Nell’ambito giuridico, in particolare, la distinzione tra interpretazione ampia (lato sensu) e interpretazione restrittiva (stricto sensu) è fondamentale per stabilire l’estensione di una norma. Una legge può essere compresa secondo il suo significato letterale oppure nel suo spirito più generale, e il latino offre, ancora oggi, le formule più concise per indicare tale differenza.

La filosofia utilizza «lato sensu» per distinguere concetti affini ma non perfettamente sovrapponibili. Per esempio, “politica lato sensu” può includere non solo l’attività governativa, ma tutte le forme di gestione del potere nella società, estendendo il campo semantico oltre la definizione tecnica.

Nella teologia scolastica la locuzione assume un ruolo metodologico: il peccato, la grazia, la virtù possono essere intesi in senso lato, cioè includendo stati, intenzioni e condizioni che non rientrano nella definizione ristretta ma appartengono alla medesima costellazione concettuale.

L’ingresso nella lingua italiana: continuità e prestigio

L’italiano moderno, soprattutto dal Settecento in poi, conserva un forte rapporto con il latino, che resta lingua della cultura, del diritto e della scienza. Non sorprende quindi che «lato sensu» compaia stabilmente nei testi accademici, nei trattati storici, nelle opere dei filosofi e negli scritti degli studiosi di diritto.

Il motivo della sua permanenza non è solo la tradizione, ma anche la funzione di precisione: la locuzione permette di esplicitare con eleganza e concisione un criterio interpretativo altrimenti difficile da riassumere in poche parole. L’italiano dispone di equivalenti come “in senso ampio”, “nel significato più vasto”, “considerato nella sua accezione più inclusiva”, ma nessuno di essi possiede la compattezza semantica del latino.

In più, l’uso di «lato sensu» conferisce al discorso una sfumatura di rigore, segnalando l’intenzione scientifica e analitica dell’autore. Come accade per molte espressioni latine ancora vive (ad esempio a priori, a fortiori, ad hoc), la sua presenza suggerisce un contesto argomentativo, non meramente descrittivo.

Differenze di registro nell’italiano contemporaneo

Nella lingua contemporanea la locuzione non appartiene al parlato comune, ma è ampiamente utilizzata nello scritto formale. Compare in:

  • articoli accademici di filosofia e psicologia;
  • saggi storici;
  • commenti giuridici;
  • trattati di linguistica e filologia;
  • articoli giornalistici che trattano temi complessi e richiedono categorizzazioni.

È meno frequente nella narrativa, anche se alcuni scrittori la utilizzano quando vogliono conferire un tono saggistico o ironicamente dotto a un passaggio. La sua intelligibilità rimane alta: un lettore con formazione superiore, anche non specialistica, ne comprende intuitivamente il significato.

Una questione di metodo: pensare per estensione

L’importanza di «lato sensu» non è solo linguistica, ma epistemologica. La locuzione indica un tipo di approccio al concetto, un metodo interpretativo che implica la capacità di:

  • riconoscere che un termine ha confini mobili;
  • includere accezioni secondarie o marginali;
  • cogliere il fenomeno nella sua totalità e varietà.

Dire che “arte lato sensu” comprende non solo la pittura e la scultura ma anche il design, la fotografia, la performance, significa abbandonare il confine rigido per aprirsi alla complessità del moderno.

Nell’epoca attuale, caratterizzata dalla contaminazione disciplinare, il concetto di “lato sensu” diventa quindi particolarmente utile: permette di evitare definizioni troppo rigide e di accogliere la fluidità delle pratiche culturali.

Una locuzione piccola ma preziosa

«Lato sensu» è una locuzione sopravvissuta perché la sua utilità non è mai venuta meno. Ciò che il latino offre, in questo caso, è una forma linguistica esatta, capace di esprimere con economia e chiarezza un concetto sofisticato. Per questa ragione essa è ancora oggi impiegata, con consapevolezza, in ambiti che richiedono precisione terminologica.

Non è soltanto una vestigia del passato, ma un ponte tra tradizioni disciplinari, un modo per ricordare che pensare significa anche delimitare, allargare, e soprattutto chiarire. In una realtà dove i confini semantici sono spesso sfumati, «lato sensu» continua a offrire, ancora oggi, uno strumento efficace per orientarsi nel mare delle interpretazioni.

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